GUIDA UTILE Numero ICE: è davvero così utile? – bufale.net

Ci segnalano i nostri contatti l’ennesima Catena di S. Antonio

Attenzione MESSAGGIO IMPORTANTE Gli operatori delle ambulanze hanno segnalato che molto sovente, in occasione di incidenti stradali, i feriti hanno con loro un telefono portatile. Tuttavia, in occasione di interventi, non si sa chi contattare tra la lista interminabile dei numeri della rubrica. Gli operatori delle ambulanze hanno lanciato l’idea che ciascuno metta, nella lista dei suoi contatti, la persona da contattare in caso d’urgenza sotto uno pseudonimo predefinito. Lo pseudonimo internazionale conosciuto ICE (=In Case of Emergency).E’ sotto questo nome che bisognerebbe segnare il numero della persona da contattare utilizzabile dagli operatori delle ambulanze, dalla polizia, dai pompieri o dai primi soccorritori. In caso vi fossero più persone da contattare si può utilizzare ICE1, ICE2, ICE3, etc.Facile da fare, non costa niente e può essere molto utile. Se pensate che sia una buona idea, fate circolare il messaggio di modo che questo comportamento rientri nei comportamenti abituali

Come al solito, si parla di tante buone idee, ma di pessime realizzazioni, come succede quando si tratta di Catene di S. Antonio.

Partiamo da un punto fermo: a gennaio 2016 avremmo, ed infatti abbiamo, definito questa Catena di S. Antonio una bufala senza se e senza ma.

Come evidenziato nel 2007 da Paolo Attivissimo, in realtà non c’era nessuna mano degli “operatori delle ambulanze”, ma la Catena di S. Antonio nacque dalla estemporanea idea di

un singolo paramedico inglese, Bob Brotchie, la cui proposta fu riportata ad aprile del 2005 presso un sito della sanità pubblica britannica, con il supporto tutt’altro che disinteressato di Vodafone, come documentato da Hoaxbuster.com.

Sempre il citato Hoaxbuster evidenziò una serie di punti deboli nella proposta

  1. il telefonino potrebbe essere spento, bloccato con un PIN, scarico e quindi inutile

  2. spesso il cellulare è uno degli oggetti che si rompe in caso d’incidente

  3. i soccorritori dovrebbero sapere come si accede alla rubrica di ogni marca e modello di cellulare

  4. frugare nella rubrica del cellulare potrebbe essere considerata una violazione perseguibile della privacy

  5. la sigla ICE ha senso soltanto in inglese ma non in altre lingue. Questo non ha impedito l’adozione, in alcuni paesi, di un apposito adesivo (recante il logo mostrato qui sopra) per allertare i soccorritori della presenza del numero d’emergenza nel proprio cellulare.

Tutti problemi, di fatto, adatti a rendere la proposta di Brotchie, nata dalla sua osservazione empirica e personale del fatto che i cellulari sono ormai uno strumento ubiquitario ed ognuno di noi circola col suo cellulare o smartphone sempre sulla sua persona, assolutamente inutile.

Aggiungiamo a questa lista di criticità il fatto che, specialmente da quando si è passati dall’umile cellulare al moderno smartphone stracarico di foto, video ed altri dati e programmi personalissimi, è diventato matematicamente impossibile imbattersi in un dispositivo non protetto da PIN, codice sequenza, lettore di impronta digitale o altri sistemi di blocco simili.

Qualche tempo dopo però rilevammo come alla fine la proposta aveva trovato un ristretto riscontro, idoneo però a passare dalla bufala alla notizia da precisarsi: proprio in virtù dell’uso dei sistemi di blocco sia gli ormai desueti BlackBerry che gli iPhone che gli Android (con l’aiuto di alcune app esterne) hanno cominciato ad incorporare meccanismi che consentono di assegnare un numero ulteriore, oltre ai già presenti nel firmware 112 e 118 (in Italia) come numero di emergenza utilizzabile anche quando il cellulare è bloccato.

È quindi possibile inserire un numero ICE anche sui vostri smartphone (non i normali cellulari) dunque: ma dovreste inserire un numero ICE?

Forse. In quanto potrebbe aiutarvi, ma se decideste di sentirvi al sicuro solo per averlo fatto, probabilmente attirereste su di voi guai e sciagure a non finire.

Gli smartphone sono oggetti ubiquitari quanto fragili, inclini a esaurire la durata utile della loro batteria a forza di Facebook e videogiochi sempre più potenti disponibili sugli store (motivo per cui ormai il “Powerbank”, la batteria di scorta esterna col suo cavetto USB è un accessorio ubiquo quanto il cellulare stesso) e tra le prime cose che, in caso di incidente particolarmente catastrofico, rischiano di rotolare a pezzi sull’asfalto, o danneggiati in modo da essere inutilizzabili.

Salvare quindi un numero di contatto utilizzabile anche a cellulare bloccato da PIN o afffini non cancella il rischio che, danneggiato il cellulare, il soccorritore resti impossibilitato ad estrarre i dati.

Il consiglio di Hoaxslayer di allora resta valido ancora adesso: il numero ICE può, allo stato attuale delle cose, essere considerato un mero ausilio, ma per salvarsi la vita bisogna scendere ad un livello low tech, a bassa tecnologia.

Si consiglia quindi di munirsi di un bigliettino di carta plastificata, grande quanto una carta di credito, recante i nostri numeri di emergenza ed i nostri dati (nome, cognome, recapito, gruppo sanguigno, eventuali allergie e farmaci salvavita eventualmente assunti…), o in alternativa di meccanismi simili (come una dog tag, una o più piastrine militari recanti gli stessi dati stampigliati su metallo), a seconda del proprio gusto personale.

Entrambe le soluzioni ormai sono poco costose: macchinette che stampano al volo sia biglietti in formato card-visita e che piastrine metalliche possono essere trovate anche nelle grandi stazioni ferroviarie e centri commerciali, ed in ogni caso ogni cartolibreria potrà plastificare con pochi centesimi il bigliettino che voi stessi stamperete a casa.

Non affidatevi dunque alle possibilità aperte sui vostri Smartphone per impostare un numero ICE: non solo a quelle, almeno.

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