Un selfie è solo un modo di dire “guardami”. Quando ho avuto il cancro e ho perso i capelli, l’ultima cosa che intendevo fare era scattarmi un selfie. Mi sentivo orribile e non volevo che la gente mi guardasse.
Con queste parole Rebecca Wilkinson, insegnante di 36 anni del Lancashire, rispondeva con dissenso alle tendenze virali dei social network. Nel 2013 le era stato diagnosticato un cancro al seno e la donna subì una doppia mastectomia.
La tendenza risale all’Agosto scorso, quando dall’India e dal Regno Unito partì la sfida social sul tema della prevenzione contro il cancro. In origine consisteva nel postare su Facebook un selfie in bianco e nero, da soli o in compagnia di amici, con la didascalia “Sfida accettata”. Gli utenti che mettevano il like alla foto venivano contattati in privato e invitati a fare altrettanto. In questo modo la sfida diventò virale.
Dopo aver impazzato anche in Spagna, in Italia la viralità ha cambiato le regole: postare una foto del passato. Non fa differenza se questa sia in bianco e nero o a colori, l’importante è caricarla sul proprio profilo e aggiungere la didascalia “sfida accettata”. Come negli altri Paesi, chiunque metterà “mi piace” alla foto dell’amico riceverà un invito a fare altrettanto:
Ciao, ora tocca a te! Dato che hai cliccato “mi piace” sulla mia foto ora tocca a te postare una tua foto della giovinezza con il titolo “Sfida accettata”. A tutti quelli che mettono “mi piace” manda questo messaggio. Non interrompere il gioco. Risvegliare le emozioni di quei giorni fa bene.
Ciò che accomuna l’iniziativa è la didascalia, ma soprattutto la totale assenza di riferimenti alla natura della sfida. Infatti, la viralità non contiene informazioni sulla prevenzione contro il cancro, tantomeno tutti gli utenti sono consapevoli di ciò che la catena vuole dimostrare. Partecipano alla sfida perché un loro contatto li ha invitati a farlo, ma raramente sanno cosa si va a sostenere.
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