In questi mesi abbiamo scoperto un triste fenomeno che ci ha fatto fortemente riconsiderare il nostro approccio al fact checking.
Ci siamo infatti illusi per ben tre anni e mezzo, sin da quando il nostro primo brano è apparso sul nostro portale, che le fake news fossero un prodotto dell’ignoranza. E che fosse possibile, col nostro duro impegno, curare quell’ignoranza aiutando le persone a capire.
Ci siamo resi invece conto che no, buona parte delle fake news sono frutto di malizia. Cattiveria, bestialità.
Come volete chiamarli, l’istinto forcaiolo di un vigliacco nascosto dietro un monitor che diffama e distrugge convinto che il mondo della rete sia un universo a parte che lo rende intoccabile si palesa in persone crudeli che fanno della calunnia un’arma.
La calunnia è un venticello, diceva Gioacchino Rossini, e la violenza è l’ultimo rifugio dell’incapace aggiungeva Isaac Asimov.
Su Internet, le due cose si combinano: esattamente come dare la bomba atomica alle scimmie, dare un computer in mano ad un violento troppo vigliacco e debole per usare la forza gli dona nuovi modi per esercitare la sua violenza brutale.
E ci vuole pochissimo per finire nel tritarcarne della violenza: tenti una carriera politica? Ecco che improvvisamente tutta la tua famiglia finisce nel tritacarne, accusata di reati che non hanno mai commesso in luoghi di lavoro che non hanno mai neppure accostato.
Sei un dipendente dell’Enel che sta facendo il suo lavoro ed un burlone decide che sarebbe sollazzevole ridere di te, o, peggio, decide di sfogare su di te il suo livore di pagatore di bollette?
Ecco che finisci sulla gogna della rete, inseguito dalla folla urlante, a rischio di essere malmenato, perché qualcuno ha trovato una tua foto e ti ha dato in pasto alla plebaglia degli indinniati descrivendoti come un pericoloso ladro.
Qualcuno ha litigato con te in passato? Ecco che che improvvisamente il tuo nome e la tua foto finiiscono associati ad improbabili “hacker” degni della trilogia di Matrix, pervertiti, truffatori ed ogni sorta di malefatta.
Qualcuno ha deciso di volersi regalare l’ebrezza di un attimo di divertimento, o provato fastidio all’idea di donare un piccolo obolo ad associazioni di beneficienza che operano per i poveri ed i malati? Ecco che qualcuno ha pensato di diffamare addirittura la Lega del Filo d’Oro, accusata di spargere pericolosi veleni tratti dai film di James Bond senza neppure fermarsi un attimo a guararsi nello specchio per sputare ripetutamente sull’immagine riflessavi.
E, infine, la letterale goccia che ha fatto traboccare il vaso dello scrivente portando il suo livello di tolleranza per le vostre miserie al livello di guardia, ecco che abbiamo un onesto barista che una mattina scopre essere diventato un pedofilo, nemico numero uno della Rete, sotto assedio da giorni da parte di torme di “indinniati”.
E, naturalmente, non lo era. Nessuna delle persone da noi indicate erano quello che i viralizzatori avevano deciso che fossero.
Eppure, centinaia, in alcuni casi migliaia di persone si sono affollate come tanti cani idrofobi e bavosi, bestie feroci eccitate dal sangue, per rendere la loro vita più difficile, schiacciarli sotto il peso di accuse infamanti dalle quali semplicemente non potevano difendersi.
Perché a quel punto, la sproporzione numerica era troppo grande. Perché, anche contattando le autorità, cosa che queste persone hanno fatto, i diffamatori seriali erano diventati un’intera orda barbarica.
Potevi cancellare uno, due profili, ed altri dieci avrebbero preso il loro posto. E quei nomi e quei volti sono finiti nei messaggi di WhatsApp, nei messaggi di posta elettronica, su Messenger. Ovunque.
“Ma noi condividevamo solo per sicurezza”
“Ma noi non pensavamo”
“Ma noi non credevamo”
“Ma noi ci scusiamo…”
Intanto, avete rovinato la vita di un altro essere umano. Pensate anche solo per una volta se al posto del “pedofilo”, dell'”hacker”, del “banchiere corrotto” che avete “sputtanato!” con soddisfazione morbosa, quasi sessuale, un giorno ci fossero i vostri nomi, o quelli delle persone a voi più care.
Anche loro in un tritacarne che voi stessi avete contribuito a creare, e dal quale non potrete tirarli vuori, restando lì a vedere le vostre vite cadere a pezzi sotto i colpi di persone che hanno dimostrato la vostra stessa mancanza di umanità.
Intanto vi ricordiamo che la diffamazione per mezzo di Internet è stata recentemente equiparata alla diffamazione a mezzo stampa, comportando una maggiore severità sanzionatoria.
Che in questo caso ci sta tutta. E quindi, prima o poi sconterete il peso delle vostre cattive azioni.
Perché ricordate, piccoli forcaioli da tastiera: le accuse si fanno nei tribunali, non su Facebook.
Se qualcuno vi esorta a condividere volti e nomi di “pedofili”, “hacker”, “avvelenatori” ed altri criminali, non fatelo.
Il vero criminale è colui che vi chiede di diffondere quei dati.
Ed è criminale in ogni caso: se aveva prove di un reato, e non è andato dalle autorità per regarlarsi dieci minuti di gloria su Facebook, è un criminale. Se non aveva prove, ed ha diffamato per cattiveria e divertimento, resta un criminale.
La giustizia? Non fatela su Facebook. Non sarebbe giustizia, ma gogna crudele.
Siamo abituati ai titoli clickbait da parte di giornali poco reputabili, per questo tende a darci un certo fastidio vedere…
Crea discussioni, soprattutto sui social, una discussione andata in scena su Sportitalia tra Pavan e Palmeri, giornalisti che, per motivi…
Una delle frasi ripetute fino al parossistico belato dai fanboy del regime fascista è il mitologico "quando c'era Lui i…
Ci segnalano i nostri contatti una bufala nata dalla completa ignoranza storica e linguistica: il Papa aprirà la Porta per…
Ci segnalano i nostri contatti un post secondo cui la misteriosa malattia nel Congo è stata creata da Bill Gates…
Una delle narrazioni moderne più note è quella per cui solo due persone al mondo conoscono la ricetta della Coca…