Siete tutti a conoscenza dei recenti sviluppi nel mondo delle bufale: Libero Giornale ha chiuso i battenti, Mark Zuckemberg è sceso in piazza per la sua guerra personale al post-truth e il futuro di Facebook si appresta a diventare più simile a quello che speravamo creando il nostro add-on.
Vi abbiamo già detto in un nostro articolo a cosa servono le bufale: vi invitiamo nuovamente a leggerlo e riscontrarlo.
Ora vorremmo parlarvi del cosa motiva un bufalaro ad aprire siti sempre uguali e quindi con una struttura idonea alla viralizzazione.
E lo facciamo dopo aver riscontrato un’allarmante tendenza nei commenti ad una nostra nota passata sul Fatto Quotidiano: esiste un errore molto comune che porta svariati commentatori dalle idee parecchio confuse a ritenere i bufalari dei paladini della verità, in un sorta di perversa teoria del complotto che porta ad identificare nella bufala più abominevole, dalle storie di cani in grado di strappare arti a morsi a presunti immigrati malandrini lasciandoli invalidi fino all’ormai emblematica storia del Presidente del Consiglio Gentiloni che, secondo i Paladini del Vero avrebbe arringato le folle con un discorso insolente e protervo ancora prima di essere nominato, passando per personaggi reinventati dai viralizzatori che assumono vita propria ed assurgono al rango di eroi di una moderna epica post-Internet, come l’eterno filone del Putin che fa cose, destinato a rivaleggiare coi Chuck Norris Fact.
Ci dispiace infrangere i vostri sogni, nostri cari commentatori che avete bisogno di credere nelle Fate e negli Eroi per dare un senso alla vostra esperienza virtuale: ogni movente che il viralizzatore medio si propone si riassume nel Dio Condivisione, idolo pagano di pubblicità e ricchezza.
È purtroppo facile immaginare una battaglia epica tra il Golia Facebook ed il Davide viralizzatore: ma di Davide non si tratta… quanto piuttosto della versione virtuale del Totò intento a vendere la Fontana di Trevi agli ignari turisti: con voi nel ruolo del turista Americano in cerca di un bisnìss facile.
Come abbiamo evidenziato con una delle ultime bufale dell’ormai defunto Libero Giornale ci vuole molto poco a tirar su un sito bufalaro.
Basta impiantare una semplice struttura WordPress su un server free o da pochi spiccoli. E non bisogna neppure fare un lavoro preciso: basta che il sito risultante sia bene o male in grado di pubblicare un testo e delle immagini.
Poi, una volta riempita quella struttura di banner pubblicitari e testi viralizzabili, basta aprire una pagina Facebook e sfruttare dei meccanismi sostanzialmente legittimi in modo “furbetto”.
Innanizutto si guadagna sul click: Google Adsense paga dai 3 ai 20 centesimi al click su una pagina di media entità, destinati a crescere se la pagina risultasse molto richiesta.
Cosa che la mefitica combinazione di portali malfatti e creati a ripetizione e pagine Facebook da usarsi come camera di risonanza rende possibile. Come ricorda la chiusura del portale senzacensura.eu avvenuta un anno fa e la confessione del suo ideatore
“Ogni mille visite guadagnavo due euro” ci rivela. Conta solo la quantità di “contatti”: alla propaganda di massa ci pensavano Facebook e gli altri social newtork, dove condivideva e spammava gli articoli falsi attraverso una girandola di fake e pagine fittizie forti, a loro volta, di consensi impressionanti: quasi 87 mila i followers di “Uomo d’onore”, e ben 130 mila quelli di “Cresciuti per le strade”. Un like, si sa, tira l’altro e a furia di essere diffusa qualsiasi notizia può diventare virale, e quindi verosimile, e perciò “vera”.
Dalle bufale quindi si guadagna.
E non solo. Le camere di risonanza sono ormai degli investimenti a lungo termine.
Ammettiamo di essere un bufalaro.
Ho aperto i miei siti bufala. Ci ho speso molto poco come vedete: WordPress è gratis, un hosting gratuito o a poco prezzo nell’era informatica si trova con facilità. Ho creato i miei sitarelli fittizi, guadagno i miei bravi euro ad ogni visita.
Poi decido che voglio farla finita e ritirarmi. Cosa faccio?
Esistono strumenti legittimi, sottolineiamo legittimi, che consentono di acquistare pagine social con molti utenti a scopi promozionali.
Quindi io, bufalaro dell’esempio, ho chiuso bottega. La mie paginette WordPress sono chiuse, mi ritrovo con pagine social collegate da migliaia di utenti senza più niente da cliccare.
Vendo la pagina, impreziosita dai loro contatti, e scappo via con un gruzzoletto extra, cosa che non mi impedirà, in futuro, di ricominciare il giochino da capo.
Questo dal punto di vista del bufalaro.
Dal punto di vista invece del cercatore di verità nella controinformazione cosa avremo?
Avremo diversi individui che, anche in buona fede, credendo di poter far parte di qualcosa di più grande hanno contibuito ad arricchire un soggetto che ha letteralmente venduto loro notizie false per pochi centesimi al click (ma essendo vendute a più persone, alla fine della giornata ne ha fatto un bel gruzzoletto), ha rimpolpato delle pagine fan con tutti i suoi amati lettori e, alla fine, sono diventati letteralmente carne da macello per rendere le pagine Facebook collegate più spendibili sul mercato pubblicitario.
Potete cominciare a ridefinire il concetto di buoni e cattivi in questa triste storia.
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