GUIDA UTILE Cosa fare in caso di occupazioni abusive – bufale.net

di Shadow Ranger |

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Ci è stato chiesto, in seguito a recenti articoli, come gestire i casi di occupazione abusiva.

L’ordinamento contempla una serie di forme, sia in sede civile, che in sede penale , attivabili contemporaneamente oppure a seconda del bisogno.

È proprio il Governo, mediante  LineaAmica.gov  a fornirci una sinossi delle possibilità

In ambito civile il proprietario potrà agire attraverso le cosiddette azioni petitorie, vale a dire quelle dirette a tutelare chi sia legittimo titolare del bene. Nel particolare caso dell’ occupazione abusiva, potrà esser esperita l’azione di rivendicazione (articolo 948 del codice civile). Tale forma di tutela, non soggetta ad alcun termine di decadenza, legittimerà il titolare del bene ad agire in qualunque tempo ed a poter richiedere il ristoro dei danni subiti anche quando, dopo la domanda giudiziale, il terzo abbia cessato per fatto proprio di possedere o detenere la cosa. E’ anche possibile tutelarsi in via immediata ed urgente ricorrendo al giudice per ottenere la reintegra nel possesso (articolo 1168 codice civile). Quest’azione spetta non solo al proprietario, ma anche a chi disponga ad altro titolo dell’immobile (ad esempio l’usufruttuario o il conduttore in locazione dell’immobile); potrà esser esercitata entro 1 anno dalla data del sofferto spoglio o, nel caso di spoglio clandestino, da quando lo “spogliato”, ossia chi si sia visto privare del bene, ne sia venuto a conoscenza. 

In sede penale è possibile tutelarsi attraverso la proposizione di una denuncia alla Procura della Repubblica competente. In tali casi, infatti, sono astrattamente ipotizzabili le seguenti fattispecie di reato: reato di invasione di terreni od edifici (articolo 633 codice penale), nonché reati contro il patrimonio funzionalmente collegati all’occupazione abusiva, quali il danneggiamento (articolo 635 codice penale), il furto (articoli 624 e 625 codice penale) ed il reato di violazione di domicilio (articolo 614 c.p.).

Passiamo ora alla via civilistica, la più rapida ed efficiente.

L’azione di reintegra nel possesso, viene disposta dall’art 703 cpc, dianzi segnato e parte dei riti cautelari

[I]. Le domande di reintegrazione [11681, 3 c.c.] e di manutenzione [1170 c.c.] nel possesso si propongono con ricorso [1251] al giudice (2) competente a norma dell’articolo 21 [28].
[II]. Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti, in quanto compatibili (3).
[III]. L’ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ai sensi dell’articolo 669-terdecies (4).
[IV]. Se richiesto da una delle parti, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo ovvero, in difetto, del provvedimento di cui al terzo comma, il giudice fissa dinanzi a sé l’udienza per la prosecuzione del giudizio di merito. Si applica l’articolo 669-novies, terzo comma (4).
Si presenta infatti tra i riti cautelari, selezionati nell’ordinamento per la loro brevità e celerità. A differenza di un giudizio ordinario di merito, dove alla discussione della causa segue l’ammissione dei mezzi istruttori, l’escussione degli stessi e, infine, si perviene alla decisione (in sintesi, prima “esponi” tutti i testimoni, le prove e le consulenze di cui avvalerti, il Giudice te le approva o meno, poi ascolti i testimoni e valuti le prove e, infine, si va a decisione), un giudizio cautelare si esaurisce con la mera e puntiforme prospettazione del fatto e di ogni evento utile al giudizio, col Giudice chiamato a rendere provvedimento in tempo minore, concentrato  in un brevissimo contraddittorio tra le sole parti seguito da immediata e celere decisione.
Per mera curiosità rileviamo anche la possibilità rilevata in Giurisprudenza di servirsi, in difetto, dell’ubiquo mezzo del 700 c.p.c., il rito cautelare “residuale”, per allontanare, provati fumus boni iurispericulum in mora, ovvero l’esistenza, anche cursoria, del diritto ed il pericolo costituito da un’azione tardiva, l’occupante senza titolo da una abitazione.
Nel caso evidenziato dalla fonte Jurislab, il rito del cautelare ex art. 700 c.p.c. risulta proprio essere stato usato in un evento simile a quelli paventati: per consentire ad una scuola elementare di allontanare un abusivo da locali che intendeva destinare a segreterie e che lo stesso asseriva essergli stati concessi dal Comune in forza di condizioni non più valide.
Potrebbe anche darsi che l’abusivo sia tale non perché irregolarmente entrato nel possesso, ma perché  immesso regolarmente nell’immobile, rifiuti di abbandonarlo: tale è il caso dell’affittuario che, al termine del contratto di locazione, accampi svariate scuse per proseguire la detenzione dell’immobile, peraltro rifiutando di pagar pigione in quanto si sente non più obbligato a tale adempimento.
In questo caso sarà sempre possibile procedere con lo sfratto per finita locazione, anche questo tra i riti a cognizione sommaria, particolarmente rapidi ed efficienti ,  che sfocia, come ricordato da Studio Cataldi:

Se all’udienza l’intimato non compare o non si oppone, il giudice convalida lo sfratto e dispone l’apposizione della formula esecutiva in calce alla citazione, con effetto trenta giorni dopo.

Ciò, tuttavia, a meno che non risulti o appaia evidente che l’intimato non abbia avuto conoscenza della citazione o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore.

Opposizione

Può accadere, invece, che l’intimato, comparendo all’udienza, proponga opposizione.

In tal caso, se le eccezioni sono fondate su prova scritta o se esistono gravi motivi si apre un ordinario procedimento di cognizione.

Nel caso, invece, in cui le eccezioni non siano fondate su prova scritta e non sussistono gravi motivi, il giudice pronuncia il rilascio con ordinanza non impugnabile, con riserva delle eccezioni del convenuto.

Tale ordinanza è immediatamente esecutiva, ma il giudice può subordinarla a una cauzione per danni e spese.

E, ottenuta la formula esecutiva, diviene possibile provvedere, con l’assistenza della forza pubblica, al rilascio dell’immobile.

Si passa poi  all’ambito del penale, attinto, come abbiamo visto in passato, solo marginalmente dal c.d. decreto depenalizzazioni.
Resta  ancora valido l’articolo 633 cp , sebbene alcuni possano ritenere che la sanzione amministrativa abbia meno potere deterrente della sanzione penale. Sanzione penale che ricordiamo, al momento ammonta alla reclusione fino a due anni o  la multa da centotre euro a milletrentadue euro.
Chiunque invade [637] arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati  , al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro.
Le pene si applicano congiuntamente, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso da più di cinque persone, di cui una almeno palesemente armata, ovvero da più di dieci persone, anche senza armi [112 n. 1, 585 2] .
Effettivamente la reclusione o multa, specialmente la reclusione, potrebbero essere deterrenti più forti della mera sanzione amministrativa, una semplice somma da pagare.
In tal caso va però rilevato che l’incensurato gode, fino ai due anni di pena, dell’istituto della sospensione condizionale della pena, per cui per pene eguali o inferiori agli anni due di reclusione, come in questo caso, la condanna gli verrebbe comunque sospesa valutando la sua successiva condotta.
Andrebbe anche rilevato che il deterrente della reclusione postula, appunto, un cittadino timoroso delle conseguenze di tale gesto, laddove la triste cronaca giudiziaria ci parla sovente di casi in cui all’occupante viene riconosciuto, con lo stato di necessità il  non aver nulla da perdere.
Va comunque rilevato che, come avrete già notato leggendo la guida di “Linea Amica.gov”, ci sono altri reati, che vengono sovente compiuti dall’occupante abusivo e possono essere comunque attivati con maggiore efficacia, esulando dalle valutazioni di necessità: esempi sono il furto e la violazione di domicilio e tutte le condotte inevitabilmente ascrivibili, illecite e corollarie all’occupazione ex se, con cumulo idoneo a ripristinare il potere deterrente.
Oltre agli strumenti, sia civili che penali, attivabili da chi viene spogliato del possesso del suo immobile,  ci viene ricordato dal portale Laleggepertutti come il recente Piano Casa introduca una serie di  conseguenze automatiche in danno dell’abusivo:
La lotta all’occupazione abusiva di edifici si è arricchita con l’intervento del governo Renzi, il quale ha adottato [4] un pacchetto di misure contenute nel cosiddetto “piano casa”, attraverso cui sono state introdotte una serie di limitazioni di status per chi si impossessa di un immobile senza averne diritto.   Le conseguenze più rilevanti riguardano l’impossibilità per i cittadini trovati in difetto di legittimazione a vivere in uno stabile di ottenere la residenza e quindi l’accesso ai servizi offerti dal comune interessato, nonché l’allaccio alle utenze di luce e gas.   Rispetto al passato si tratta di un grosso passo in avanti, poiché in precedenza era possibile ottenere comunque la residenza anche senza dover provare di avere un titolo per il possesso dell’immobile, con la conseguenza comunque spiacevole per i proprietari di dover attendere le lungaggini dei tribunali per ottenere la liberazione degli stabili.
Un abusivo, ad oggi, è incapace di ottenere la residenza e l’allaccio alle utenze di luce e gas: nelle more dell’intervento dell’autorità, civile, penale o entrambe che siano, si ritroverà pertanto confininato dalla sua posizione illecita ed illegale in un limbo dove non potrà ottenere i servizi che spettano, evidentemente, a chi è onestamente e lecitamente entrato nel possesso dell’immobile.

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