Ci siamo già occupati in passato, mediante guide in traduzione, dei meccanismi con cui le bufale vengono create e diffuse. Ma fa sempre bene ricordare quello che abbiamo appreso, contestualizzandolo e personalizzandolo sul peculiare panorama Italiano.
Le bufale, ricordiamo, sono le discendenti ideologiche delle “Leggende Metropolitane” dei tempi precedenti Internet, incrociate con la viralità tipica delle Catene di Sant’Antonio.
Dalle Leggende Metropolitane prendono quindi la formula dubitativa di “Fatto che potrebbe essere vero” e l’uso di fonti “incerte ma autorevoli”. Ad esempio, una narrazione sospetta attribuita a personaggi famosi o autorevoli, ma completamente fuori carattere rispetto agli stessi ha ottime possibilità di essere una bufala.
Parimenti anche un soggetto autorevole ma indicato con vaghezza lo è. Esempi standard possono essere le frasi attribuite a questo o quel personaggio istituzionale o famoso, oppure frasi attribuite genericamente a enti come “Un commissariato di polizia in una città vicina”, “Un famoso ospedale Americano” o “Il ministro del [Inserire paese remoto]”.
Dalle Catene di Sant’Antonio le bufale prendono la viralità: difficilmente una testata giornalistica seria vi chiederà di “Far girare” un link, o condividere, o vi descriverà il proprio “scoop” come qualcosa che la concorrenza vuole “tenere nascosto” e diviene pertanto necessario condividere compulsivamente.
Tali atteggiamenti sono più affini al bufalaro, il quale ha sommo interesse nel vedere la propria bufala diventare virale e diffondersi, ed all’acchiappaclic, colui che, partner di circuiti promozionali e blogger come Altervista ed Adsense, ha un interesse ancora maggiore nel raccogliere i clic dei lettori, datosi che ogni clic e visualizzazione gli porta un concreto guadagno.
Il secondo obiettivo non viene solitamente raggiunto dal bufalaro o dall’acchiappaclic col mero invito a condividere: così fosse il suo contenuto si “perderebbe nella folla”.
Scopo del bufalaro è quindi rendere il suo contenuto speciale, colpire duro alle corde dell’emotività in modo che il condivisore non si senta un mero strumento, ma un soggetto attivo in grado di perseguire un obiettivo condiviso e vantaggioso per se stesso e la collettività… con un semplice clic.
Le “regole” della bufala pertanto devono essere semplici. Devono essere semplici perché devono essere collaudate, e devono essere collaudate perché devono funzionare. Se non funzionassero, i clic finirebbero.
1. I soggetti
Il soggetto della bufala è sempre “polarizzato”. Nelle bufale raramente l’attore principale è una persona “media”. Nelle bufale siamo tutti santi o farabutti, eroi o criminali.
Salvo alcune eccezioni date da una narrazione particolarmente riuscita, i protagonisti delle bufale tendono ad essere, come nelle favole, eroi trascurati e maltrattati dalla vita in cerca di riscatto. Ad esempio bambini malati che hanno bisogno “Di un clic perché gli si dimostri affetto”, improbabili assicurazioni che “Facebook pagherà molti soldi se cliccherete sulla foto del malatino”, anonimi scienziati o, peggio, acclarati ciarlatani descritti come gli ideatori di terapie miracolose che la “medicina ci nasconde” ed altri soggetti simili. Nonché, naturalmente, necrologi inventati di persone particolarmente amate.
Nello spettro opposto c’è il “mostro”, il soggetto odiato. Politici invisi all’opposto elettorato, persone a cui vengono attribuite azioni particolarmente turpi ed aberranti. Anche grottesche ed irreali: abbiamo già letto su queste pagine numerosi casi limite, come ad esempio dichiarazioni asseritamente rilasciate da politici reali in isole e continenti immaginari contenuti in cartoni animati, oppure foto reperite a caso da Google ed usate per costruire un canovaccio di degrado, furti e malvagità da parte del nemico di turno, generalmente il nomade o lo straniero.
La presenza di un soggetto così polarizzato, da amare o odiare senza via di mezzo sospende la razionalità del lettore, portandolo istintivamente a parteggiare con tutte le sue forze con o contro lo stesso, prendendo posizione militante… e cliccante.
2. La “storia”
Trovato il giusto soggetto, va quindi trovata la storia. La bufala media gioca con le paure ed i timori del suo lettore. Un personaggio amato verrà quindi descritto morto, oppure in gravi difficoltà. Un personaggio odiato verrà generalmente descritto trarre ingiusti profitti o vantaggi, o compiere nell’impunità azioni particolarmente turpi o deprecabili, o agire in modo irrazionale e particolarmente offensivo.
Un “ricco VIP” potrà essere descritto lamentarsi di avere un tenore di vita elevato e desiderarne uno ancora superiore, in modo da colpire duro la paura dell’Italiano medio di scivolare sotto le soglie di povertà, lo straniero verrà sempre descritto godere di “ingiusti vantaggi” rispetto al lettore, il politico verrà descritto perseguire privilegi anche esasperati e somiglianti a quelli dei “Megadirettori Galattici” dell’universo del Fantozzi di Paolo Villaggio ed introdurre improbabili quanto inesistenti balzelli e l’abitante di luoghi lontani verrà descritto, nelle sue terre, come qualcuno che considera normali atteggiamenti turpi e deprecabili.
Un “eroe buono” verrà descritto versare in condizione di crisi a causa dei “cattivi”, aver scoperto cure miracolose per ogni male dal costo troppo basso per essere vero (cosa che non è mai) ma non poter portare a termine la sua “ricerca” senza l’aiuto di un clic.
3. Le fonti
Come abbiamo accennato la bufala non ha fonti. Non può avere fonti: è un fatto che non esiste. Così deve inventarle. Ma nell’era dell’informazione deve inventarle in modo credibile. Purtroppo, la medesima era dell’informazione viene in soccorso. Basta un giro su Google Immagini per cercare le foto più bizzarre e scabrose.
Se un “bufalaro” volesse costruire una bufala, ad esempio, sullo sbarco di individui affetti da strane malattie, non avrebbe che da cercare su Google Immagini la foto di un barcone particolarmente malmesso e di un malato affetto da morbo particolarmente vile e con segni evidenti sul corpo, scaricarle, e montarle nel suo “pezzo” dichiarando che dal barcone tale è sbarcato un malato deturpato da grave morbo.
Se volesse dimostrare che un soggetto particolarmente inviso al pubblico ha detto una frase particolarmente oltraggiosa, non dovrebbe lanciarsi in complicati montaggi audiovideo: potrebbe semplicemente effettuare la screenshot di un Tweet e sostituire la frase in esso contenuta con un banale editor di immagini ed il carattere giusto.
Il risultato sembrerebbe legittimo. Solido per qualche minuto, prima ovvero che il lettore si avveda delle inevitabili anomalie. Ad esempio cercando quelle immagini su Google per vederle parte di altri articoli, o notare che quel Twitter, in quella data, non esiste, oppure sfora il limite di caratteri.
Ma quei pochi minuti sono più che sufficienti perché almeno un lettore distratto, o in quel momento frettoloso, condivida anche solo per demandare ad altri l’onere di verifica, iniziando così una catena che ne assicurerà la vitalità.
Ciò porta, generalmente, al più forte punto di debolezza di una bufala: la bufala viene creata a tavolino. Prima del momento della sua comparsa non esistono fonti. Mentre una notizia reale può sempre essere fatta risalire ad una vera e propria fonte fisica, andando a ritroso nella ricerca delle fonti di una bufala arriverà sempre il momento in cui si perverrà al falso, al costruito ed all’artefatto.
La circolarità consente di moltiplicare le fonti. Il condivisore di una bufala farà sempre riferimento ad un altro sito condivisore, che farà riferimento ad un sito che ha tratto la bufala dalla stessa fonte… dando l’illusione perfetta di una concordanza di fonti.
4. Il meme/bufala asceso
A volte una bufala ci riesce. A volte una beffa diventa bufala. Generalmente ciò accade quando una fonte veramente autorevole viene tratta in inganno. Anche una testata giornalistica è composta da esseri umani. Ogni essere umano, dinanzi all’artefatta moltiplicazione delle fonti, ad una storia “troppo bella per essere vera” può essere tentato di crederci.
La beffa riesce, ed arriva agli organi di stampa. Del resto, Orson Welles una volta riuscì a convincere gli ascoltatori di una radio di essere sotto attacco marziano semplicemente leggendo con voce impostata il suo dramma La Guerra dei Mondi.
Il bufalaro avrà a questo punto un’arma in più nel suo arsenale: aggiungerà tra le sue fonti la stessa agenzia di stampa cui ha servito la polpetta avvelenata.
Questo elenco, naturalmente, non pretende di essere esaustivo. Mille sono le astuzie del bufalaro, e le potrete riscontrare se leggerete l’ormai nutrita libreria di bufale archiviate su questo semplice sito.
Nutrita e destinata a crescere nel tempo.
Per questo, vi raccomandiamo di leggere con attenzione la nostra sezione “Guide Utili“, perché possa esservi di ausilio e conforto nell’identificare gli elementi dianzi forniti.
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