La nuova frontiera del negazionismo è la negazione della cronaca: “Google dice che in Cina non c’è COVID”, quindi il mainstream mente e l’ondata asiatica non esiste.
Questo il risultato di alcune condivisioni social che non tengono conto o volutamente ignorano una grande verità della raccolta dati.
Google non è un ente magico ed onnisciente, ed ha le stesse conoscenze che un privato può procurarsi.
Nelle screenshot che vediamo diffuse da diversi profili non è possibile cliccare il link dinamico “Informazioni su questi dati”.
Quello preceduto dalla frase in inglese
Il rapporto sui dati è soggetto a cambiamenti e potrebbe non riflettere tutti i nuovi casi
Il box suddetto conferma che i dati provengono da Wikipedia, dai Ministeri della Salute dei vari paesi, dal New York Times e da altre fonti autorevoli, a seconda dell’attribuzione.
Nonché che le fonti vengono aggiornate in momenti diversi e potrebbero utilizzare metodi differenti per la raccolta dei dati.
Va da sé che se, come riportato dalla stampa mondiale sul numero dei morti è buio fitto (fonte RAI) Google non ha modo di ottenere i dati che le autorità non forniscono ancora.
Se come ci riporta Rainews
Sul numero dei morti è buio fitto. Le autorità hanno parlato di soli 8 decessi dal primo dicembre e negli ultimi giorni hanno modificato la definizione di ‘morte da covid’ in maniera da ridurre il numero dei decessi attribuibili al virus. La realtà che emerge dalle testimonianze di giornalisti stranieri, di imprese di pompe funebri e dal balzo della mole di lavoro dei forni crematori praticamente al collasso è un’altra.
Ieri, ha constatato l’Afp, in un unico crematorio di Chongqing, città di oltre 30 milioni di abitanti nel sud ovest del Paese, sono stati scaricati 40 corpi in due ore. Al People’s Hospital numero 5 della stessa metropoli, ormai stracolmo, perfino l’atrio d’ingresso principale è stato trasformato in un reparto Covid. Stesse scene in un ospedale di Shangai, sempre secondo l’Afp, dove la reception e i corridoi sono diventati camerate improvvisate per accogliere i malati.
È assai improbabile che Google possa ottenere dati che le autorità non forniscono.
Dopo la chiusura della rete dei test la Cina ha infatti smesso di divulgare il numero totale delle infezioni (Sole 24 Ore), impattando quindi quelle fonti di cui Google è solo un aggregatore.
Ovviamente, se mancano le fonti, l’aggregatore si “blocca”.
Come un buco nero che non possiamo percepire direttamente, ma possiamo comprendere guardando i suoi effetti, possiamo però osservare gli effetti dell’ondata COVID in Cina.
Gli effetti interni che abbiamo già citato, ed esterni, come i tamponi a Malpensa che riportano un positivo su due.
Certo, campione non statisticamente rappresentativo di tutta la Cina, ma quantomeno preoccupante.
A meno che Google non si munisca di un proprio mezzo di raccolta dati, cosa in questo caso impossibile, Google non può che aggregare dati provenienti dalle autorità locali.
Essendo tali dati non più divulgati, essi non sono presenti online.
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