Gli assurdi manifesti contro l’aborto in Russia si incrociano con la campagna bellica in corso, la c.d. “Operazione Speciale” regalandoci un quadro assai desolante. Comincia tutto da una segnalazione inoltrataci su Twitter relativa ad un assurdo manifesto.
Abbiamo quindi seguito il bianconiglio fino a raggiungere dapprima il gruppo Telegram (su accesso agli iscritti) dove è stato trovato, per poi raggiungere una raccolta in lingua russa dei manifesti.
Quello che abbiamo visto è uno scenario desolante.
Il primo poster che abbiamo visto, e apparentemente il più recente, potrebbe essere usato come propaganda “inversa”, ovvero contro le eccezioni “provita” alla base dello stesso.
Una donna incinta viene infatti legata ad un milite armato col simbolo della Z Russa e le seguenti assurde didascalie
Proteggimi oggi perché possa proteggere te domani
L’aborto non è una questione di coscienza ma un omicidio
Questo poster risale ad Aprile 2023, ma già in tempi precedenti al conflitto in Ucraina, nel 2021 un simile manifesto con la stessa identica didascalia era stato avvistato in quel di Russia.
Apparentemente l’operazione speciale ha solo aumentato la fame di soldati. Così tanto da incrementare il numero dei poster e legarli all’operazione Speciale.
Arrivando a “criminalizzare” l’aborto in modo da consentire ai feti di diventare neonati, crescere e andare a morire in Ucraina o tornare a casa menomati dalla guerra.
La sintesi di una perdurante campagna contro l’aborto e i fuochi della guerra compare in un assurdo manifesto di Marzo.
Uno nel quale la frase “L’aborto è omicidio” si attinge nuovamente all’immagine di un nerboruto soldato ipervirile postsovietico mandato a sterminare gli Ucraini e il messaggio nazionalista “Noi non abbandoniamo il nostro popolo”, usato in chiave propagandistica per cercare di descrivere l’invasione Ucraina come una “Operazione speciale di liberazione delle repubbliche separatiste”.
Cosa che apparentemente diventa legata all’aborto.
Nonostante tecnicamente l’aborto in Russia sia legale, negli ultimi anni il declino demografico della popolazione ha portato a tentativi di invertire il declino demografico abbattendo il numero degli aborti entro il 2025.
Le misure approvate nel 2021 si prefiggevano mediante l’intervento di consultori e assistenza di rinforzare i valori della famiglia e dissuadere almeno l’ottanta per cento delle puerpere che considerano l’aborto a portare la gravidanza a termine.
Per quanto il declino demografico costante e sempre più marcato in Russia sia non solo stato accelerato dalla guerra, ma ci ha regalato perle come improbabili tentativi di proporre spot di agenzie matrimoniali sino-russe perché le donne russe grazie al “seme” cinese riportino figli alla madrepatria, lo stesso ha anche evidentemente comportato una stretta di fatto sull’aborto.
Nel triennio 2020-23, considerando la pandemia, la guerra e la fuga in seguito alla mobilitazione parziale annunciata da Vladimir Putin, la Russia ha perso fra 1,9 e 2,8 milioni di persone oltre al suo normale deterioramento demografico, ci riporta il Corriere del Ticino, con netto incremento rispetto ai primi del duemila, quando la popolazione del Paese calava di circa 500 mila unità all’anno.
Il che si innesta in una lotta alla “cultura dell’aborto”, già descritto da conservatori locali come una minaccia per la prosperità della Russia. A onor del vero va rivelato che ad esempio Foreign Policy denuncia un vasto ricorso all’aborto giustificato da una scarsa attenzione alla contraccezione.
Da un eccesso all’altro insomma: ma combattere l’aborto invitando le madri a mandare i figli a morire in guerra appena maggiorenni non risolve il problema della popolazione. Ne rimanda giusto la riduzione ad un momento successivo.
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