Sono giorni che ci bombardate con notizie di presunti “alieni messicani”. Ovviamente mostrandoci articoli di giornale al riguardo, per il criterio secondo cui “Se l’ho letto su Internet, se lo dice un giornale online allora deve essere sicuramente vero e se voi debunker lo smentite è perché siete i cani da guardia del potere che ci nascondono le verità e non ce le vogliono dire”.
In realtà le cose migliori nella vita arrivano a chi sa aspettare, anche le risposte. E in questo la risposta è che no, non ci sono prove che si tratti di alieni messicani.
Si chiama “slow journalism”: se una notizia è troppo virale per essere autentica assai probabilmente non lo è lo si scoprirà aspettando.
In questo caso abbiamo dei corpi mummificati recuperati in Perù, dei quali un noto ufologo locale ha dichiarato un terzo del DNA risulta “sconosciuto”, quindi incompatibile con ogni forma di vita presente sul nostro pianeta, quindi ovviamente alieno.
Succede però che l’Università tirata in ballo, interpellata, ha dichiarato di non aver mai effettuato i presunti studi sul DNA, ma solo sulla datazione del reperto, peraltro di origine ignota.
Origine che peraltro ha portato il ministero della cultura Peruviana a sporgere denuncia per chiarire le circostanze in cui l’ufologo è venuto in possesso dei resti suddetti: denuncia dalla quale l’ufologo si dichiara per niente impensierito limitandosi a dire che chiarirà a tempo debito.
Il che non significa che ” il governo peruviano ha dato ulteriore stura al fatto che quei due affarini appoggiati in due bare siano realmente due “creature” o “corpi””, altra circostanza che ci è stata sottoposta.
L’onere della prova sostanzialmente non funziona così.
Se io dico di essere in possesso di alcuni alieni, se io dico di aver fatto una scoperta sconvolgente, se affermo di avere le prove di un fenomeno, non posso limitarmi a dichiarare quello che penso per “renderlo vero fino a smentita”.
Devo fornire delle prove: prove che al momento, come abbiamo visto, latitano.
L’onere della prova compete a chi espone il fatto controverso, sostanzialmente.
Non sarebbe del resto la prima volta. Sempre a Nazca, un presunto avvistamento di mummie aliene si è rivelato essere un avvistamento di resti umani sottoposti ad una pratica rituale di deformazione del cranio, pratica di civiltà antiche peruviane che consiste nel legare bendaggi stretti e/o tavolette sul cranio di neonati in modo da provocare deformazioni rituali della teca cranica e modificarne l’aspetto prima che la chiusura della c.d. “fontanella” rendesse il cranio stesso indeformabile.
Scopo di tali deformazioni rituali, come per molte pratiche antiche di modificazione del corpo, dalla scarificazione in poi, era marchiare l’appartenenza rituale ad una determinata casta o l’idea che tali modificazioni avrebbero reso il bambino più intelligente in futuro.
Altri casi hanno portato ad assemblaggi di parti di diversi animali con ossa umane.
In questo caso si parla di mummie appartenenti ad un unico scheletro e non assemblate, ma in base agli elementi a disposizione non è possibile parlare di alieni in Messico.
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