“Uomo arrestato per vendita di Pokémon contraffatti” è una notizia che potrebbe causare un sorriso nel lettore occidentale. Ma come vedremo in Giappone la vendita di Pokémon contraffatti è considerata serio problema, per la struttura stessa delle norme locali.
La storia nasce ad Aprile, quando un giovane disoccupato di anni 23, residente a Nagoya (città della regione di Chūbu nell’isola di Honshū in Giappone) viene incriminato per aver venduto ad un abitante di Kyoto un Sobble contraffatto.
Il giovane ha confessato il suo gesto, ammettendo di aver personalmente modificato il Sobble ed averlo venduto per denaro (citazione colta).
Per essere precisi, 42$ circa.
Somma che non sembrerà molto, ma lo diventa quando dalla conferenza stampa, dove la polizia ha esibito gli strumenti usati per il business, è emerso che il giovane ha guadagnato quasi 11.000 dollari in un anno con la compravendita di Pokémon contraffatti.
Sì, smettete di ridere: esistono i Pokemon contraffatti.
Per coloro i cui ricordi di Pokémon si fermano agli album di figurine Mister Day ed alle cartucce per il Game Boy Color, dobbiamo cominciare da un concetto forse difficile da capire.
Pokémon è diventato un vero e proprio e-Sport, una competizione virtuale con tanto di gare di qualificazione, Mondiali e competizioni amichevoli periodiche, solo quest’anno (si spera) convertite in gare solo online a causa di COVID19.
I Mondiali consentono di ottenere anche cospicui premi in danaro, dalle gare amichevoli si possono ottenere elementi di gioco utili per prepararsi alle altre competizioni, ma il punto è che, letteralmente, The Pokémon Company e Nintendo ci investono in denaro, risorse e reputazione.
Come per qualsiasi altro sport.
Vi abbiamo parlato di “prepararsi”: infatti nel gioco non tutti gli animaletti virtuali nascono uguali.
Ogni animale ha sei valori generati al momento della cattura o della schiusa (Punti Salute, Attacco, Difesa, Attacco Speciale, Difesa Speciale e Velocità), con un seme possibile che va da 0 a 31 per ogni valore, i “Punti Individuali”.
Ha anche i Punti Base, con un valore da 0 a 252 che consentono di incrementare il valore della statistica data.
Ha anche una serie di possibili “nature” che riducono il valore di uno dei dei valori del 10% riducendone un’altra dello stesso ammontare.
E infine ha delle “Abilità”, un “effetto” che viene attivato sul campo di battaglia.
Nel momento in cui il tuo Pokémon deve quindi partecipare ad una competizione online, l’obiettivo è avere un Pokémon che abbia almeno (salvo complesse eccezioni di cui questa esposizione non essendo tecnica non tratta) 5 Punti Individuali a 31 (o 4, con la velocità a 0 se servono particolari team), i Punti Base distribuiti in modo da renderlo competitivo rispetto ai suoi “colleghi” più usati ed una natura favorevole. Ed una Abilità che si combini bene con tutto questo.
Siccome un esempio vale più di mille parole vedremo un “Battle Ready”, o pronto per la battaglia.
Parliamo quindi di un Pokémon ottenuto facendo ripetutamente accoppiare Pokémon compatibili fino ad avere un uovo con almeno 5 Punti Individuali a 31 (in questo caso tutti tranne l’attacco speciale, inutile su questo tipo di Pokémon), usando minigiochi o sfide interne al gioco per aumentare i Punti Base di PS, Attacco e Difesa Speciale secondo quanto indicato dalle statistiche del formato di battaglia in corso ed una natura che favorisce l’Attacco deprimendo l’Attacco Speciale.
Procedimento che come avrete intuito, richiede molto tempo.
Ci sono “scorciatoie” in gioco: oggetti particolari che modificano gli altrimenti immodificabili Punti Individuali portandoli a 31 (ma mai riducendoli: se ti serve un valore a 0, non hai altro modo che affidarti all’accoppiamento o alla sorte), oggetti che modificano la Natura ridistribuendo il bonus e che cambiano l’abilità.
Che però possono essere attivati solo in determinate circostanze e modalità che comportano perderci del tempo.
Quindi da quando Pokémon ha una modalità online esiste un ricco mercato di “bestioline contraffatte”, versioni di livello basso di creaturine virtuali create mediante hacking o modificate per avere tutta questa perfezione “dalla nascita”, pronti per farli salire di livello e portarli in battaglia e trionfare.
Gli sforzi di Nintendo e The Pokémon Corporation per fermare tutto questo sono evidenti, ma un Pokémon contraffatto, se fatto bene, è indistinguibile da un Pokémon allevato “alla vecchia maniera”, e molti giocatori di vecchio corso tendono a chiudere un occhio.
Del resto, se sei una schiappa con animaletti ottenuti in gioco, non diventerai un maestro della strategia con un team comprato su eBay.
Il problema è una questione evidentemente legislativa.
La normativa Italiana non concepisce il reato di taroccamento del Pokémon, e neppure quella Giapponese, va dichiarato.
Ma la formulazione della Unfair Competition Act, la legge che combatte la concorrenza sleale e punisce l’abuso di marchi e proprietà altrui è costruita in modo da sanzionare severamente ogni forma di pirateria informatica se prevede l’uso di marchi, loghi e proprietà intellettuali non proprie.
La definizione codicistica di “Competizione Sleale” come descritta dalla norma è un lungo papiro di ben ventidue commi che punisce e sanziona l’uso di loghi, marchi, proprietà intellettuali e la creazione di proprietà simili atte a indurre in confusione.
Ma anche l’alterazione di programmi con l’apposito scopo di modificarne le funzionalità in modo non desiderato e non previsto dall’autore del programma o del sistema informatico.
L’esempio cardine sono i “mod-chip”. Ricordate quando eravate ragazzini e lo smanettone sotto casa vi prometteva di “saldare un Chip che per 50mila lire vi farà giocare alla PlayStation coi giochi masterizzati”?
Ecco, in Giappone lo smanettone rischierebbe fino a cinque anni di galera, una multa di 48mila dollari o entrambe le cose se hai sfortuna.
Definizione ampia significa punibilità ampia: è il motivo per cui ogni sistema legale basato sul garantismo e non sul giustizialismo intende a definire in modo il più esplicito e evidente possibile le fattispecie di reato, escludendo la punibilità per quelle solo vagamente accomunabili.
L’Unfair Competiton Act, inizialmente nato per impedire a terzi di profittare delle proprietà intellettuali altrui (pensate al ricco mercato dei “Famiclones”, i cloni abusivi – va detto ce ne sono anche di legali, autorizzati – delle vecchie console SuperNintendo così perfetti da accettare le stesse cartucce del SNES, o al mercato dei giochi tarocchi) ha di fatto criminalizzato una fattispecie che altrove è un illecito civile e non penale.
Produrre un Pokémon contraffatto e usarlo nelle competizioni online, infatti nel resto del mondo non comporta noie legali, ma consente a Nintedo e TPCI di bannarti dai servizi online delle console Nintendo e squalificarti a vita dalle citate competizioni.
Produrre un Pokémon contraffatto è un bel guaio in Giappone.
Come evocativamente descritto dal simpatico Sobble, oggetto di questa vicenda.
Quel genere di guaio per il quale viene nominata una Conferenza Stampa per annunciare che stai rischiando fino a cinque anni di reclusione, 48mila dollari di multa o ambo le cose.
Ironia della sorte?
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