Ci segnalano i nostri contatti una bufala dal titolo George Soros ha collaborato, da nazista, all’Olocausto.
Indubbiamente, la calunnia è un venticello, e se si vuole intaccare la reputazione di un personaggio famoso, basta inventarsi una storia turpe e aggiungerci una foto a caso perché gli indinniati speciali accorrano in massa.
Abbiamo già visto più volte all’opera la bufala del tizio nella foto, una sorta di cecità selettiva che spinge gli indinniati a riconoscere politici in ballerine di cabaret, dare l’immortalità alla Merkel e attribuirle come padre biologico Adolf Hitler, se non ad azioni ancora più grottesche come dichiarare che un famoso wrestler è figlio della Kyenge e fratello di Rihanna, anch’ella personaggio politico italiano.
Questa volta, dicevamo, tocca a George Soros trovarsi col volto di qualcun altro. Qualcun altro la cui storia personale merita di meglio che essere usato come schermo per spernacchiare il “nemico di turno”
La foto “originale” contiene una didascalia traducibile con ricordalo la prossima volta che i liberali pagati da Soros ti diranno che sei razzista, fascista o nazista, unendo alla bufala il tragicomico complottismo del kivvipaka, ovvero la strumentale teoria secondo cui chiunque scopra una bufala lo faccia non per amore della verità, ma in quanto “pagato da qualcuno”.
Indubbiamente, la misura della poca umanità di chi ti lancia queste accuse: un antico adagio recita infatti che “Ognuno dal cuor suo l’altro misura”. Chi ti accusa quindi di dire il vero solo perché “pakato”, non sta ammettendo al mondo di essere un ente avido e menzognero incapace di funzionare come un essere umano dotato di valori senza che qualcuno apra la scarsella per dargli denaro sonante?
Alcune varianti italiane contegono una storiella ancora più improbabile
Quando i nazisti occuparono Budapest nel 1944, il padre di George Soros era un avvocato ebreo di successo, viveva su un’isola nel Danubio e amava andare al lavoro in barca. All’avvento di Hitler, saputo che gli ebrei erano in pericolo, fece giustamente di tutto per proteggere la sua famiglia.
Comprò documenti falsi e dopo aver corrotto un funzionario di governo fece passare la sua famiglia da ebrea a cristiana.
Il giovane George Soros, che aveva all’epoca 14 anni, da neo-cristiano, mentre godeva del privilegio dell’immunità, vide centinaia di migliaia di ebrei ungheresi mentre venivano deportati nei campi di sterminio. In coincidenza con questi fatti, George Soros trovò lavoro, venne assunto in un ufficio che si occupava della confisca delle proprietà ebraiche.
Ma andiamo con ordine, e smontiamo la bufaletta su George Soros ha collaborato, da nazista, all’Olocausto
Sicuramente ci “paki” tu, se insisti.
No, mio piccolo bufalaro da tastiera, quella è una foto di Oskar Gröning, una figura assai controversa.
No, quello è Darian, l’identità segreta di Adrian nella nota serie evento di Celentano.
Oskar Gröning è Oskar Gröning, un personaggio assai controverso, noto per essere stato il Contabile di Auschwitz, un ufficiale nazista incaricato della gestione e dell’inventario dei beni sottratti ai prigionieri che, sfuggito alla condanna per i suoi crimini, decise comunque nel 2015 di autoconfessare tutte le sue colpe, e pubblicamente, raccontando tutto ciò che aveva visto, fatto e vissuto allo scopo di combattere le bufale negazioniste e di tenere viva la memoria della Shoah, in una sorta di riparazione postuma delle sue male azioni di gioventù.
No good deed goes unpunished, “nessuna buona azione sarà lasciata impunita” recita un adagio anglosassone, ed infatti nel 2015 Oskar Gröning fu condannato, ormai quasi centenario, a 4 anni di prigionia per le colpe autoconfessate nel momento in cui ne aveva dichiarato pentimento, morendo in prigione nel 2018 dopo aver visto la sua richiesta di grazia rifiutata.
Qui nessuno parla però della condanna di Gröning, e lo stesso non potè che ammettere di meritare e condividere, quantomeno da un punto di vista morale, la condanna irrogatagli, dichiarandosi pronto ad accettare gli esiti penali della stessa qualora fossero stati accertati e desideroso di trovare catarsi e perdono.
Un attimo.
George Soros, nel 1944, ottenne dei finti documenti per cercare di sfuggire alle persecuzioni non appena al Consiglio Ebraico furono notitificati i primi ordini di convocazione (forma mascherata delle deportazioni: i nazisti si limitavano a ordinare al Consiglio Ebraico di radunare gli abitanti dei ghetti indicati con “Abiti e risorse per due giorni” e provvedere così a deportarli a loro insaputa) e, fingendosi cristano (di certo non convertendosi, i Soros non erano religiosi praticanti, di alcuna fede particolare), potè contrastare gli eventi nel solo modo consentito ad un ragazzino.
Quando il Consiglio Ebraico ricevette l’ordine di avvisare la popolazione del Ghetto delle convocazioni, George Soros, consultandosi col padre, fu in grado di aggiungere agli inviti formali un informale richiesta di scappare, in quanto presentarsi alle autorità tedesche avrebbe comportato deportazione e morte certa, e fu affidato ad un funzionario cristiano del governo Ungherese, che a sua volta nascondeva una moglie ebrea.
George Soros fu quindi autorizzato a seguirlo al lavoro (cosa deformata da fonti evidentemente di parte e alterate in “Aiutava un ministro ungherese collaborazionista”) spacciandosi per suo figlioccio, potendo così sopravvivere al conflitto.
Raccontando, ad esempio, solo la parte in cui un giovane Soros fu costretto a consegnare le notifiche di convocazione insinuando che il 14enne Soros lo facesse per collaborazionismo e omettendo il dettaglio per cui sabotava i tentativi di deportazione incitando alla fuga le persone nominate, e raccontando il suo periodo come figlioccio del funzionario Baumbach come collaborazione alle attività dello stesso sotto il regime.
Attività limitate ad inventariare le proprietà abbandonate da chi era fuggito, e che nella narrazione “alternativa” in funzione anti-Soros diviene la prova che Baumbach (che ricordiamo, nascondeva una moglie ebrea) era un collaborazionista che insieme ad un Soros cristiano e futuro membro delle spogliava gli ebrei dei loro averi.
Inutile ricordare che anche se si fosse convertito, Soros non avrebbe mai potuto anche solo pensare di far parte delle SS, mancandogli il requisito dell’arianità, e se anche avesse voluto provarci i suoi finti documenti non avrebbero retto un esame così accurato, e che un ragazzino di 14 anni, anche accompagnando un funzionario, non avrebbe potuto fare altro che simulare di essere un mero figlioccio portato al lavoro, senza poter assumere, ovviamente, alcun incarico formale.
No. Né da nazista, né in alcun modo.
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