I Puffi sono stato loro malgrado oggetto di ogni sorta di bufala: Gargamella frate Domenicano è solo una delle tante.
Nella loro travagliata storia i Puffi sono stati accusati di essere espressione ed esponenti del comunismo, del colonialismo, del razzismo, del nazismo e di ogni altra incredibile teoria, spesso contraddittoria rispetto a quelle precedenti.
Ma la realtà è contenuta nel saggio di Kate Krake “In Theory – A Response to Socio-Political Themes in The Smurfs”, che sostanzialmente può essere riassunto in:
Smettetela di attribuire ai Puffi qualcosa che non sono. Sono un fumetto, non un’apologia del Comunismo mondiale, del Nazismo o di ogni altra cosa che ci volete vedere!
Il testo che ci viene sottoposto rilegge infatti Gargamella frate Domenicano come una sorta di Eroe Cattolico pronto a combattere i peccaminosi Puffi.
Lo riportiamo senza alcuna elaborazione
Chi è stato gargamella?
Gargamella, in realtà non era il cattivo della storia, ma al contrario è un prete povero di tonaca nera (sacerdote dell’ordine dominica che porto l’inquisizione nei secoli XII – XIII in Europa) che viveva in una chiesa con Campanile. Il suo gatto birba significa Israele, cioè: il popolo di Dio, questo seguiva il prete gargamella ovunque per aiutarlo a sradicare il male.
Si dice che i puffi principali rappresentano i peccati capitali (gula: goloso, rabbia: brontolone, vanità: vanitoso, pigrizia: dormiglione, lussuria: Puffetta, superbia: filosofo, ecc) nascosti nella simpatia e nella tenerezza di degli ometti azzurri . Papà Puffo è vestito di rosso perché è la testa di tutti i peccati capitali, cioè è il diavolo.
I Puffi erano spiriti maligni della foresta che si riproducono nei giorni di luna piena con incantesimi magici (cioè solo con la luna piena appariva un puffo perché per mezzo della luna rubano l’anima ai bambini). L’ apparente innocenza dei puffi è solo un costume per nascondere il male sulla terra.
* per altri birba non è Israele, ma è il nome dell’angelo della morte.
Chiunque abbia mai anche solo letto un albo dei Puffi o guardato il cartone animato, saprà che ciò non corrisponde al vero
I Puffi sono un esempio da manuale di breakout character.
Come Fonzie in Happy Days, o come (per i moderni) Sheldon Cooper in The Big Bang Theory.
Capita che in uno show corale uno dei personaggi venga particolarmente amato dal pubblico: il pubblico continuerà a richiedere storie su quel personaggio, e il suo ruolo nelle successive stagioni dello show crescerà.
Happy Days nacque come la storia di Richie Cunningham, i suoi amici e la sua famiglia: presto divenne noto per essere lo show delle avventure di Richie e Fonzie.
The Big Bang Theory nasce come le avventure di un gruppo di amici: ma ben presto Sheldon Cooper si guadagnò con le sue bizzarrie il posto di assoluto protagonista e unico intestatario di uno spin-off sulle sue avventure da ragazzino prodigio.
Lo stesso Braccio di Ferro nasce come personaggio secondario in quella che sarebbe diventata la sua serie, con Olivia fidanzata con l’imbelle Harold “Ham” Hamgravy per poi, grazie all’affetto del pubblico, diventare il protagonista cancellando Ham Gravy dal fumetto.
Così è per i Puffi, creati come bizzarre creaturine nella storia di John e Solfamì “Il Flauto a sei Puffi“.
Peyo infatti aveva bisogno di bizzarre creature per narrare la storia di John e Solfamì, suoi storici personaggi, alla ricerca di un nuovo flauto magico per sconfiggere un malvagio brigante in possesso di un flauto in grado di costringere chi ne ascolti la musica a danzare.
Decise così di introdurre i Puffi, dei gentili esserini tutti uguali tranne per i pochi accessori sui loro abiti (e per il cappello rosso e la barba del loro capo), abili artigiani come tutte le creature silvane del mito, ed ispirati da un suo piccolo incidente.
Infatti poco prima di creare Il Flauto a sei Puffi, Peyo aveva avuto un lapsus linguae a tavola e, non riuscendo a pronunciare la parola “sale”, aveva più volte chiesto ad un commensale di passargli il “puffo”, usando la parola inventata “schtroumpf“.
Nell’ilarità generale i commensali lo derisero rispondendogli in quello che sarebbe diventato il tipico linguaggio dei Puffi con frasi tipo “Certo, prendi pure il puffo, così potrai puffare il puffo come ti pare”.
Tale ilarità restò nella memoria di Peyo finchè non fu il momento di aggiungere delle creature al corteggio di esseri fantastici che solitamente nelle storie di John e Solfamì intervenivano in aiuto del cavaliere e del suo fido scudiero.
Questa volta accadde qualcosa di diverso: laddove in passato semplicemente il pubblico trovava interessanti le avventure di John & Solfamì, questa volta trovò le caratteristiche dei Puffi adorabili.
I Puffi erano infatti una piccola parodia dell’uomo medio, un utopico gruppo di esserini ognuno col suo lavoro ben definito e le sue magagne, vizi e virtù, fieramente stretto al suo ruolo fino ad essere definito da questo, ma gentili ed amichevoli.
Il pubblico cominciò a chiedere a Peyo di far riapparire i Puffi nelle storie di John e Solfamì, e infine di raccontare storie coi soli Puffi.
A quel punto divenne necessario introdurre un nuovo cattivo, un cattivo tipico dei Puffi e non più legato al duo (ora saltuari comprimari nelle storie dei Puffi laddove un tempo erano protagonisti).
Peyo introdusse così l’avido Gargamella, uno stregone ridotto in povertà convinto di poter trasformare i Puffi in oro.
E secondo altre bufale, semplicemente uno stregone povero, ma che svenuto durante un esperimento fallito, avrebbe sognato tutti gli eventi raccontati dal Flauto a sei Puffi in poi, in una sorta di versione fantasy dell’ormai celebre ottava stagione di Dallas, rivelatasi essere un sogno di uno dei protagonisti.
In realtà Gargamella è sempliemente l’antagonista, un povero stregone, vestito di nero in quanto tale (vedi abiti neri di Amelia la fattucchiera Disney) e lacero non in quanto attinto da un presunto voto di povertà, ma perché, prosaicamente, povero e convinto di poter arricchirsi in fretta con la mitica pozione per mutare i Puffi in oro.
Ah sì? E la filosofia che peccato sarebbe?
E come potremmo considerare Brontolone espressione dell’ira, quando la sua massima espressione iraconda è esclamare “Io odio qualcosa” e incrociare le braccia col broncio?
E anche volendo definire la vanità di Vanitoso un peccato, Puffo Inventore, Puffo Quattrocchi, Puffo Forzuto e Puffo Burlone, per nominarne quattro onnipresenti in ogni puntata, quale peccato dovrebbero mai rappresentare?
Come dicevamo, Peyo ha concepito i Puffi come vivaci creature silvane espressione dei vizi e delle virtù dell’uomo moderno, ma esasperate in modo che ad ogni singolo ometto toccasse una singola qualità. Per renderli, appunto, il più buffi e teneri possibili.
Ovviamente se ci sono vizi e virtù, avremo Puffi che ci appaiono particolarmente “virtuosi” e Puffi che ci sembrano “viziosi”, ma non certo perché Peyo volesse farne elaborate allegorie.
Lo stesso figlio di Peyo, interrogato al riguardo della teoria dei Puffi colonialisti, non potè che rigettare ogni sovrastruttura in quanto da lui definita grottesca e frivola.
Anche questa (presunta) analisi letteraria ignora gli stessi dati palesi contenuti in fumetto e cartone. Infatti.
Sapete quanti Puffi sono stati creati dalla magia in tutta la serie?
Esattamente due: Puffetta e Bontina.
Puffetta compare nella storia come una creazione magica… di Gargamella, che per seminare scompiglio in una società di simpatiche creaturine tutte di sesso maschile, nella piena tradizione delle storie buffe d’epoca, decide di introdurre una creatura femminile maliziosa ed attraente che agisca come suo agente in incognito per rendere i Puffi gelosi e litigiosi.
Grande Puffo riesce a modificare l’incantesimo, donando a Puffetta la bontà che caratterizza tutti i Puffi e lei decide di restare nel villaggio come amica e non più nemica degli altri puffi.
Bontina viene introdotta quando i Puffolini, tre Puffi regrediti magicamente allo stato di bambini Puffi, decidono di procurarsi la stessa creta magica da cui Gargamella ha creato Puffetta per creare una compagna di giochi per loro ed una “sorella minore” per Puffetta, ottenendo Bontina, un “maschiaccio” dai capelli rossi e dalle lentiggini, ma buona e generosa che coltiva la speranza di poter rendere Gargamella un mago buono e portare la pace tra Grande Puffo, da lei riconosciuto come il padre di tutti i Puffi e “Papino Gargamella”, diretto responsabile della sua esistenza e quella di Puffetta e quindi (a suo dire) inconsapevolmente in grado di provare bontà.
Di tutti gli altri Puffi Peyo ha lasciato le origini vaghe: dalla serie animata in poi, della quale molti elementi sono stati inseriti nelle successive storie a fumetti, sappiamo che i Puffi sono stati semplicemente portati da una cicogna ed affidati alle cure di Grande Puffo fino all’età adulta. Elemento questo, necessario per introdurre Puffo Selvaggio, caduto dal fagottino della Cicogna in una parodia delle origini di Tarzan e diventato l’equivalente puffesco del Re della Giungla.
In realtà il limite della Luna Piena è un limite a cui Gargamella era legato nelle prime storie, come la storia di origine di Puffetta.
Laddove nelle storie successive la magia di Gargamella ha il solo limite della sua enorme incompetenza, nelle prime storie Gargamella veniva mostrato essere in possesso di un magico libro parlante pronto a insegnargli un nuovo incantesimo ogni mese, nella notte di Luna Piena, consentendo ad esempio al mago malvagio di imparare l’incantesimo necessario per dare vita a Puffetta e mandarla nel villaggio a seminare zizzania.
Il che non implica né che i Puffi nascano nelle notti di luna piena, e neppure che la nascita “magica” sia un evento costitutivo dei Puffi. Puffetta e Bontina vengono più volte descritte come un irripetibile evento nella storia dei Puffi, con Bontina venuta alla luce solo perché a Gargamella era avanzata un po’ di creta, insufficiente per modellare un puffo adulto ma sufficiente per creare una puffetta bambina.
Questo elemento della bufala prende parte dalle precedenti iterazioni, laddove Gargamella frate Domenicano veniva in realtà descritto come un “avido ebreo” con la sua assistente Birba (nome originale: Azrael).
Il nome originale di Birba è semplicemente stato scelto per suonare mistico ed esotico alle orecchie del piccolo lettore, contrastando con l’aspetto misero della gatta. Il nome Italiano evoca semplicemente la cattiveria di Gargamella e della sua assistente felina, intenti a cacciare i piccoli e teneri puffi.
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