Gabriele D’Annunzio e l’autofellatio sono termini che si rincorrono sempre quando si pronuncia il nome del Vate. Chiunque, tra i banchi di scuola, arriva già “informato” sulla leggenda metropolitana che accompagna la memoria del poeta italiano. Una leggenda, questa, immediatamente correlata alle abitudini sessuali di D’Annunzio con il preciso scopo di esasperarle al punto da immaginare il Vate intento ad esplorare i lati più estremi dell’erotismo e dell’autoerotismo. Di questa pratica non esistono fonti, eppure questa bufala storica non sbiadisce nemmeno a distanza di un secolo.
Secondo questo rumor infondato, Gabriele D’Annunzio si sarebbe fatto asportare una costola (due, a seconda della versione) per evitare impedimenti durante l’autofellatio, una pratica estrema di autoerotismo che circa un secolo più tardi è stata attribuita a Brian Warner, conosciuto nel mainstream con il nome d’arte Marilyn Manson.
Il docente di Lingua e Letteratura Italiana Luciano Curreri nel suo libro D’Annunzio come personaggio nell’immaginario italiano ed europeo, fa notare che alla voce “autofellatio” su Wikipedia il nome del Vate è citato come esempio, anche se attualmente tale riferimento non è presente. Curreri, in ogni caso, parla proprio di leggenda metropolitana.
La rivista Focus inserisce la leggenda dell’autofellatio di D’Annunzio tra le bugie storiche insieme alla citazione “Se non hanno pane, che mangino brioche“ attribuita a Maria Antonietta, moglie di Luigi XIV, ma mai provata da fonti storiche.
La voce più autorevole quando si parla del Vate è Giordano Bruno Guerri, che in un’intervista rilasciata per Libero ha dichiarato:
Leggende metropolitane. D’Annunzio aveva una certa considerazione per il suo pene, sì, ma era anche divertente e con autoironia lo definiva ‘catapulta perpetua’, ‘monachino di ferro’, ‘principino’, ‘gonfalone selvaggio’.
Non solo Guerri: anche una discendente del Vate – Gabriele D’Annunzio era suo nonno – traccia una riga netta su questa bufala storica, e lo fa sulle pagine del New York Times in questo articolo pubblicato l’11 settembre 2009 a questo indirizzo:
Ma ammettiamolo: d’Annunzio non era un bell’uomo. Era piuttosto basso, prematuramente calvo e pallido come un vampiro, e aveva una faccia punteggiata da pizzetto e baffi all’insù. Ma aveva un’eleganza selvaggia e un sex appeal perverso. Le voci riguardanti le sue stravaganze personali erano dilaganti, inclusa quella famigerata (e falsa) che gli era stata rimossa una costola per darsi piacere oralmente. È facile capire perché l’immaginazione della gente si sia scatenata: dopotutto, indossava scarpe a forma di fallo; aveva una veste munita di un foro per il suo pene; goduto a cavallo nudo; e si è fotografato nudo, assumendo pose che ricordano il barone von Gloeden.
Ci abbiamo creduto tutti, ma non abbiamo mai avuto le prove. La storia di Gabriele D’Annunzio e dell’autofellatio era, è e sarà sempre una bufala storica “giustificata” dall’appetito sessuale del Vate, ma di cui non esistono fonti storiche.
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