“Caro sindaco, il mio nome è Sara. Sono la ragazza che la mattina del 22 febbraio è stata aggredita in via Baracca, forse lei ha già letto la mia storia sui giornali nella cronaca dedicata alla nostra città. «Notte da incubo per una barista». Questo è il titolo che hanno dato alla mia storia.
Forse lei si sta chiedendo il motivo di questa mia mail, lo comprendo, perciò cercherò di essere chiara: Alle 3 di notte, quando esco dal lavoro, percorro 3 km di strada senza vedere una faccia, senza sentire il rumore di una macchina. E l’unica faccia che ho visto la notte del 22 febbraio è stata quella di un uomo che ha cercato di strangolarmi per approfittarsi di me.
Un uomo che di quel buio e di quella solitudine si è fatto arma e scudo per potersi avvicinare indisturbato. Io non ho mezzi per tornare a casa. E nell’intera città non c’è praticamente nessun servizio facilmente accessibile a cui posso fare appello, se non un taxi, che con la tariffa notturna aggiuntiva diventa una spesa onerosa per una modesta lavoratrice apprendista come me dal momento che renderebbe quasi nullo il lavoro di una serata.
Ma non è per me che le sto scrivendo, o per lo meno non solo. Le sto scrivendo per tutte le ragazze che non hanno altro modo di tornare a casa se non quello di camminare da sole. Perché l’ultimo autobus corre a mezzanotte e il nottetempo finisce il suo servizio prima delle 3, perché le «tariffe rosa» dei taxi si limitano solo al 10% dello sconto sul servizio (già di per sé maggiorato di 3,30 euro per la tariffa notturna) e comunque l’agevolazione termina alle ore 2.
E quindi? Se non fosse una che si sa difendere, la prossima? Se fosse una ragazza disoccupata a cui nessuno può dare un passaggio, se fosse una ragazza che non ha potuto permettersi per ora di studiare per la patente e pagare la motorizzazione, se fosse chiunque altra? Poteva non potersi leggere sui giornali, poteva non riuscire a reagire.
Poteva non avere l’occasione di scrivere questa mail. Io sono qui per tutte le ragazze che potrebbero vedere un’ombra sopraggiungere alle loro spalle e poi nient’altro. Da cittadina, da ragazza (molto fortunata, me lo conceda) io chiedo che la mia storia possa essere un esempio e che non sia servita solo a riempire un vuoto nei giornali di cronaca.
Ma io da sola non posso fare nulla, non posso fare più di così. Non posso fare più che reagire a una violenza e vedere arrestato il mio aggressore, non posso fare di più che gettarmi per la strada, ancora con un cappio al collo e gridare ad un addetto del Quadrifoglio di aiutarmi.
Ma lei può, lei ha il potere di aiutare tutte quelle ragazze che leggono la mia storia e che si dicono «Dio, se fosse successo a me non ce l’avrei fatta», le stesse ragazze che sanno di dover camminare da sole la notte perché un taxi per loro è una spesa troppo grande.
Se io ce l’ho fatta, una semplice barista di 23 anni con nient’altro che un paio di gambe forti, lei può sicuramente fare di più. Lei può fare in modo di dare a me e alle altre donne sole la maniera di tornare a casa senza paura e senza prosciugare il portafogli. Ci dia la possibilità di non doverci guardare le spalle, ci levi la paura delle ombre che compaiono dietro di noi. Che si tratti di un autobus con una tariffa maggiorata che corre tutta la notte, che si tratti di una navetta speciale o qualsiasi altra cosa. Pensi alla paura e alla rabbia di mio padre, pensi al mio ragazzo.
Pensi a mia madre che alle 6 di mattina mi ha vista davanti alla porta con un poliziotto e un segno rosso sul collo. Poi pensi alla madre di un’altra ragazza, che davanti alla sua di porta, vede solo il poliziotto. Tutti mi hanno detto «sei stata forte, Sara». La prego, sia più forte di me. Per tutte noi”.