Secondo un mito costante e perdurante, alle Olimpiadi Antiche partecipavano solo atleti non professionisti, e questo le distingueva dai Giochi Moderni, dove atleti professionisti competono anche per cospicui premi in danaro e sponsorizzati.
In realtà le due Olimpiadi non differivano poi così tanto.
Gli antichi greci non avevano neppure una parola precisa per “dilettante”: il termine atleta significava “colui che compete per ricevere un premio”.
E tanto dovrebbe bastare per dimostrare che anche l’atleta Olimpico classico lo era a tempo pieno.
Per quanto il concetto di professionismo moderno sarebbe arrivato con la modernità, l’atleta classico si trovava nel momento storico in cui tale concetto cominciava a porre i suoi tratti.
In quel momento storico le competizioni si dividevano essenzialmente tra le “coronate” (“Stefantiche”) e non. Le competizioni Coronate erano quelle più prestigiose ed il cui premio nominale era solo “l’alloro del vincitore”, ovvero i giochi Olimpici, i giochi Pitici (in nome di Apollo), i giochi Istmici (in nome di Poseidone) e i giochi Nemei (dedicati a Zeus, e poi trasferiti nell’Argolide).
Per quanto come abbiamo visto le Coronate non dessero premi, ciò non significava che gli atleti, che spesso avevano (come capita anche adesso) un lavoro per sostentarsi non dovessero sostenere enormi e ingenti spese.
Spese che derivavano dai premi delle altre competizioni (spesso monili in bronzo o anfore piene di olio di oliva) ma spesso da “patroni”, gli odierni sponsor pronti ad investire sui loro atleti.
Avere un campione nei giochi Panellenici, le quattro competizioni coronate, era un enorme onore, e come tale i campioni venivano ingolositi fornendo premi al ritorno anche se tecnicamente i giochi Panellenici non li fornivano.
Politici come Alcibiade si vantavano di poter foraggiare diversi atleti e squadre, e spesso intorno agli atleti si creava un circo di palestre, promotori sportivi e “sponsor” pronti a pubblicizzare un determinato campione o raccogliere le somme di danaro per farlo.
L’atleta vittorioso tornato in madrepatria riceveva premi “di onore”: secondo un’iscrizione ad Efeso un pugile di nome Atenodoro ricevette per i suoi successi Panellenici “Tutti i privilegi destinati ad un giovane vittorioso ai giochi Nemei” e “la somma prevista per legge da darsi a coloro che tornano con gli allori del vincitore”.
Città come Atene invece oltre alle somme di danaro davano benefit più duraturi come lasciapassare vitalizi per tutti i posti in prima fila a teatro, esenzione fiscale permanente e totale e cibo gratis alle mense pubbliche.
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