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Falsi allarmismi ed evidenze scientifiche sul glifosato

Nelle ultime settimane, a seguito delle proteste degli agricoltori, sono tornati di moda gli allarmismi sui pesticidi, in particolare sul glifosato, un erbicida molto usato in agricoltura. Diversi articoli e post sui social network continuano a diffondere informazioni imprecise, false o fuorvianti, creando confusione e paura tra i consumatori. Abbiamo deciso quindi di fare un po’ di chiarezza sull’argomento, basandoci su studi scientifici e fonti autorevoli.

Glifosato e caso Monsanto

Il glifosato è un diserbante non selettivo, ovvero che agisce su qualsiasi tipo di pianta, impedendone la crescita. Fu introdotto negli anni ’70 dalla multinazionale Monsanto ed è tutt’ora il prodotto più utilizzato al mondo (il brevetto è scaduto). Il suo utilizzo è regolato da norme che stabiliscono i limiti di residui ammessi negli alimenti e nell’acqua potabile.
L’erbicida divenne oggetto di polemiche e dibattiti a partire dal 2015, quando l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) lo classificò come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” (gruppo 2A), sulla base di alcuni studi epidemiologici e sperimentali. Tuttavia, questa valutazione fu contestata sia dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), sia dall’Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche (ECHA).

Falsi allarmismi ed evidenze scientifiche sul glifosato

Tali posizioni divergenti provocarono confusione e sospetto nell’opinione pubblica, alimentati anche da campagne mediatiche e legali contro la Monsanto, accusata di aver manipolato o nascosto le prove sulla pericolosità del suo prodotto. Nel 2018, una giuria popolare statunitense condannò la multinazionale a pagare 289 milioni di dollari a un giardiniere malato di linfoma non-Hodgkin, ritenendo che il glifosato fosse la causa della sua malattia. La sentenza fu poi ridotta a 78 milioni di dollari, ma aprì la strada a migliaia di altre cause legali.
Su questo, però, occorre sottolineare un aspetto molto importante, spesso trascurato: la scienza non si fa nelle aule di tribunale. Tant’è vero che ci sono state perfino sentenze che hanno riconosciuto il nesso causale tra autismo e vaccini, correlazione che la comunità scientifica internazionale ha smentito da tempo. Inoltre, va ricordato che negli Stati Uniti molte cause vengono decise da una giuria composta da cittadini scelti casualmente, senza specifiche competenze in ambito scientifico.
Pertanto è lecito pensare che, in realtà, la multinazionale sia stata costretta a pagare risarcimenti miliardari sulla base delle sentenze emesse da giurie popolari contro le evidenze scientifiche esistenti; e per cercare di chiudere definitivamente la questione, abbia accettato di concludere quasi tutte le cause aperte con un patteggiamento, per limitare i danni.

Evidenze scientifiche

Per valutare il rischio di una sostanza chimica per la salute umana, non basta basarsi su una singola fonte o su uno studio isolato, ma bisogna considerare l’insieme delle evidenze disponibili, provenienti da diverse discipline e metodologie. Inoltre, bisogna tenere conto della dose, della durata e della via di esposizione alla sostanza, poiché queste influenzano il grado di tossicità e il meccanismo d’azione. Nel caso del glifosato, le evidenze scientifiche sono complesse e non sempre concordanti, ma in generale oggi indicano che:
– ha una bassa tossicità acuta per l’uomo e gli animali, sia per ingestione che per inalazione o contatto cutaneo. I sintomi di intossicazione sono rari e reversibili, e si manifestano solo in caso di ingestione di dosi elevate, superiori a quelle normalmente usate in agricoltura;
– non è un interferente endocrino, ovvero non altera il sistema ormonale umano o animale, né ha effetti sulla fertilità o sullo sviluppo embrionale o fetale;
– non è un mutageno, ovvero non induce alterazioni del DNA nelle cellule umane o animali, né è un genotossico, ovvero non provoca danni al DNA o ai cromosomi;
– non è un cancerogeno per l’uomo, secondo la maggior parte delle agenzie e degli organismi scientifici che hanno valutato la sua sicurezza. L’IARC è l’unica fonte che lo considera “probabilmente cancerogeno”, ma si basa su studi limitati e non conclusivi, che non tengono conto della dose e della via di esposizione. Inoltre, non fa una valutazione del rischio, ma solo del pericolo, ovvero del potenziale effetto nocivo di una sostanza, indipendentemente dalla probabilità che si verifichi. Per fare un paragone, anche la carne rossa è classificata come “probabilmente cancerogeno” dall’IARC, ma il rischio dipende dalla quantità e dalla frequenza con cui la consumiamo;
– non è responsabile di malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer o la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), come affermano alcune bufale diffuse sul web. Non esistono studi scientifici che dimostrino una correlazione causale tra l’esposizione alla sostanza e l’insorgenza di tali patologie, che hanno cause multifattoriali e complesse, ancora in parte sconosciute;
– gli esperti hanno rilevato che i rischi per la biodiversità associati agli usi rappresentativi del glifosato sono complessi e dipendono da molteplici fattori. Hanno inoltre rilevato la mancanza di metodologie armonizzate e di specifici obiettivi di protezione concordati. Nel complesso, le informazioni disponibili non consentono di trarre conclusioni definitive su questo aspetto della valutazione del rischio e i gestori del rischio possono prendere in considerazione misure di mitigazione.

Controlli e limiti di legge

Per garantire la sicurezza dei consumatori, le autorità competenti stabiliscono dei limiti massimi di residui (LMR) per le sostanze chimiche usate in agricoltura, basati su criteri scientifici che tengono conto del principio di precauzione, ovvero della necessità di evitare o ridurre al minimo i rischi potenziali per la salute umana e l’ambiente.
Per il glifosato negli alimenti e nell’acqua sono fissati dei valori soglia a livello europeo e nazionale che vengono periodicamente aggiornati in base alle nuove evidenze scientifiche. Attualmente, in base al prodotto alimentare, il limite va da un minimo di 0,01 mg/kg, a un massimo di 20 mg/kg. Per l’acqua potabile è di 0,1 microgrammi per litro.
Bisogna specificare che i valori riportati sono molto al di sotto dei livelli che potrebbero causare effetti nocivi per la salute umana, anche considerando un consumo elevato e continuativo di alimenti e acqua contaminati. Per avere un’idea, secondo l’EFSA, la dose giornaliera accettabile (DGA) di glifosato per l’uomo è di 0,5 mg per kg di peso corporeo, ovvero la quantità che si può assumere ogni giorno per tutta la vita senza rischi per la salute. Per una persona di 70 kg, ciò significa che potrebbe assumere fino a 35 mg di glifosato al giorno senza effetti avversi. Per superare questo limite, dovrebbe mangiare, ad esempio, 175 kg di pasta o 350 litri di birra al giorno, assumendo che questi prodotti contengano il massimo residuo consentito.
Per verificare il rispetto dei limiti di legge negli alimenti e nell’acqua, vengono effettuati rigorosi controlli da parte delle autorità competenti, sia a livello nazionale che europeo, basati su metodi analitici validati e accreditati, che garantiscono affidabilità e precisione dei risultati. Come riportato dall’EFSA, nel 98,5% dei campioni analizzati, la quantità di residui di glifosato è risultata al di sotto dei limiti quantificabili. In Italia, anche il Ministero della Salute pubblica annualmente i dati sui controlli ufficiali per il glifosato negli alimenti e nell’acqua. Nel 2020, ad esempio, sono stati effettuati 8.410 campionamenti, di cui solo lo 0,96% è risultato irregolare.

Conclusione

Il glifosato è una sostanza controversa, che ha sollevato molte preoccupazioni e dibattiti sulla sua sicurezza. Tuttavia, la maggior parte degli allarmismi su pesticidi e glifosato non sono fondati su prove scientifiche solide e attendibili. Alcune fonti possono essere influenzate da interessi economici, politici o ideologici, e diffondere informazioni false o esagerate. Per questo, è importante consultare fonti autorevoli e indipendenti, come l’EFSA e l’ECHA, che si basano su metodi analitici validati e accreditati, e che tengono conto di tutte le evidenze disponibili.
Queste agenzie hanno concluso che, se usato secondo le indicazioni, il glifosato non rappresenta un rischio significativo per la salute umana. Ovviamente, è necessario continuare a monitorarne gli effetti e adottare misure precauzionali per ridurre al minimo l’esposizione e il potenziale impatto ambientale.

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