“Ex detenuti tunisini arrivano in Italia e l’ambasciata italiana lo sa, me lo ha detto un mio amico”, ci risiamo
Su Facebook e WhatsApp sta circolando uno screenshot con riferimenti alla storia degli ex detenuti tunisini di cui ci eravamo già occupati. Lo screenshot riporta una conversazione dell’autore del post con un suo amico tunisino il quale, secondo la narrazione, gli riferirebbe delle verità sugli sbarchi dei detenuti in Italia, una realtà di cui l’ambasciata italiana sarebbe a conoscenza, tacendo.
CHAT DI POCO FA CON UN EX COLLEGA TUNISINO
Io: “Ma come mai ora tutti i tunisini voglio venire in Italia e in modo clandestino? Non avete guerre in atto mi pare”
Collega: “Non si tratta di comuni cittadini tunisini. Sono in maggioranza ex detenuti che lo Stato ha rimesso in libertà con la clausola di espatriare. Così la Tunisia ottiene due scopi: non spendere più per le carceri e liberarsi dei suoi delinquenti”.
Io: “Ma possibile che il nostro governo non sappia ‘sta cosa?”
Collega: “Scherzi vero? La vostra ambasciata lo sa benissimo ma tace. Poi ci sono degli uffici italo/tunisini che spiegano a questa gente come comportarsi una volta in mare aperto. È un grande business amico mio. Mi dispiace per te e per la tua bella Italia che sai ho visitato in tempi migliori. Ciao amico, fatti sentire più spesso”.
Io: “Ciao e saluti anche alla tua famiglia”.
Una vecchia disinformazione
Quando i mendicanti del web (qui un approfondimento) vedono sgretolarsi le loro fonti principali (VoxNews tra le più accreditate) cercano di rifarsi attribuendo le informazioni a un “amico” che riferisce loro le maldestre verità che con ossessione il viralizzatore vuole offrire al pubblico. Di questo argomento, come abbiamo scritto nell’incipit, ci eravamo già occupati in un articolo del 14 ottobre 2017 e già allora i disinformatori seriali (VoxNews, ripetiamo) avevano già fatto un certo lavoro.
Oggi la stessa storia ritorna, ma su un supporto diverso: il messaggio virale. All’utente disattento, o condivisore compulsivo, l’idea di una conversazione privata tra un tunisino (potenziale detentore della verità) e un italiano (che diffonde il verbo) risulta attendibile e per questo scatta la viralità. La verità oggettiva dietro questa storia, invece, è ben diversa.
L’indulto tunisino
Nel precedente articolo avevamo parlato dell’indulto tunisino, una pratica che i fact-checker di Agi definiscono una “tradizione particolare”: è del 2018, per esempio, una nota del Consiglio Europeo della Relazioni Estere in cui si spiegava:
Tutti gli anni [in occasione dell’anniversario della Repubblica, n.d.r.] il presidente tunisino dà l’indulto a un certo numero di persone detenute per reati minori. Lo scorso anno il presidente Essebsi ha perdonato 1.538 persone, di cui al momento [10 novembre 2017, n.d.r.] solo 412 sono state liberate.
Ancora, Financial Times ricorda che l’indulto veniva attivato su altri reati, come ad esempio quello di corruzione operata da dirigenti statali e La Stampa, in un articolo dell’anno scorso, testimoniava la presenza di ex detenuti per consumo di droga durante una traversata. Nella ricostruzione pubblicata da Agi viene riportato, inoltre, un altro approfondimento pubblicato dal Consiglio Europeo delle Relazioni Estere (European Council of Foreig Relations, ECFR) che smontava il mito dei criminali in continuo viaggio verso l’Italia. Si tratta, in sostanza, di una minoranza che è spesso oggetto di sensazionalismo che diventa comodo per un certo dibattito politico:
Gli indulti sono chiaramente insufficienti a spiegare l’aumento di migliaia di migranti tunisini. Questi miti sono piuttosto il classico esempio di allarmismo nazionalista, che collega falsamente i migranti coi criminali e i terroristi.
La fonte inesistente e la bufala dell’Ambasciata che tace
L’ambasciata italiana tace? Falso, e la stampa lo testimonia. In questo articolo pubblicato nel 2017 da La Stampa l’ambasciata italiana rispondeva proprio all’allarmismo diffuso dall’indulto tunisino:
Ogni anno, per la festa della fine del Ramadan, il 25 di luglio, il governo libera i detenuti per i reati minori. Stiamo parlando perlopiù di piccoli consumatori di droga. Ed è sempre successo. Quindi non può essere ritenuto un elemento significativo per spiegare l’aumento delle partenze del 2017.
Qual è la fonte del messaggio che oggi poniamo in analisi? Un profilo in odore di fake (il nome dell’autore è presente nello screenshot ma per ovvie ragioni lo abbiamo censurato). Altre fonti non esistono. Riportare che le informazioni arrivano da “un ex collega” significa non avere, oggettivamente, alcuna certezza né alcun riscontro autorevole su quanto si vuole comunicare.
Parliamo di disinformazione e acchiappalike perché gli ex detenuti tunisini sono un fenomeno sempre in minoranza e soprattutto erano condannati per reati minori e, ancora, affermare che l’ambasciata italiana taccia significa raccontare una bufala.
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