Ci segnalano i nostri contatti una condivisione di un reperto fotografico proveniente dal “centro di Belgrado”
La foto è tratta da un Tweet, che abbiamo rintracciato, e parla di circostanze ancora reali, dato che Belgrado è al centro del percorso “terrestre” del viaggio dei migranti, ma il desiderio di condividere mediante screenshot ha provocato la perdita o corruzione di un dato essenziale: la foto è infatti tratta da un reportage del 2017.
Il Tweet, del 14 Gennaio 2017, si dimostra così ancora più crudo nella sua speranza disattesa, dato che in due anni non solo nessuno sembra aver provato vergogna, ma tutti sembrano essersi dimenticati di questa foto, sia chi avrebbe dovuto impegnarsi perché ciò non accadesse più che chi avrebbe dovuto mutare il proprio indirizzo mentale.
Omettere assieme alla firma la data ci pare atto ben grave, che impedisce al lettore di analizzare la fonte, le gallerie fotografiche di Marko Djurica.
L’Ungheria, paese al confine serbo e parte del blocco di Visegrad non ha mai fatto mistero negli ultimi anni delle sue politiche sovraniste, anti-immigrazioniste e rigidamente abbarbicate a pretese radici Cristiane dell’Europa, col risultato descritto nella testata citata:
“Questo magazzino è per cani, non per esseri umani”, dice Said, un migrante proveniente da Kabul. Said è solo uno dei numerosi profughi che vivono in un magazzino abbandonato a Belgrado, dove le condizioni di vita sono tragiche. In mille sono costretti a dormire per terra, a temperature vicine allo zero, con poche coperte e senza servizi igienici.
Il governo serbo e alcune agenzie umanitarie hanno messo a disposizione posti letto in centri appostiti con riscaldamento e cibo, ma molti migranti non ci vogliono andare perché, così facendo, formalizzerebbero la loro situazione. Considerando che in Ungheria, il paese confinante, vengono fatti entrare solo tra i dieci e i trenta migranti al giorno, alcuni potrebbero dover aspettare fino a nove mesi per uscire dalla Serbia legalmente, oppure potrebbero essere deportati se non compatibili con i criteri per la richiesta d’asilo.
È quindi corretto ricordare cosa accade a Belgrado, ma sarebbe stato ancora più corretto ricordare la data e l’autore delle foto scattate al centro di Belgrado, cosa che l’autore del Tweet aveva giustamente fatto e che l’attitudine a condividere mediante screen ha fatto saltare.
Raccomandiamo per il futuro l’uso, ogni qualvolta si voglia condividere un Tweet, dei tasti “condividi esternamente” e “incorpora”.
Rileviamo come nelle condivisioni immediate compaia ancora la Bufala di Amatrice: non ce ne eravamo liberati?
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