Queste elezioni passeranno sicuramente alla storia, in un modo nell’altro. Anche grazie a F. E., imprenditore, supporter di Trump che chiede i soldi indietro a un comitato.
Per essere precisi al comitato “True the Vote”, ricorrente in Georgia, Wisconsin, Michigan e Pennsylvania contro i (presunti) brogli elettorali in favore di Biden.
Presunti perché sappiamo benissimo come è andata, con la corte d’appello in Pennsylvania che ha di fatto sbarrato la strada al ricorso alla Corte Suprema rigettando i ricorsi del Comitato Elettorale di Trump nel modo più diretto e brutale possibile. Seguita a ruota dai pubblici ufficiali del Wisconsin che, a seguito del riconteggio richiesto e pagato dal Comitato Elettorale di Trump hanno decretato l’assoluta correttezza del risultato Elettorale nel Wisconsin, anzi attribuendo un centinaio di schede dubbie a Joe Biden.
In un sistema giudiziario in cui la Suprema Corte può accogliere solo i ricorsi con una minima possibilità di discussione o di esame degli elementi forniti ed in cui il Precedente Vincolante influenza il funzionamento intero della macchina giudiziaria ciò porta ad un solo risultato. Evidentemente la Corte Suprema resta un miraggio.
Miraggio ancora più forte dato il decorrere del tempo: ormai il 20 Gennaio è sempre più vicino.
A seguito di tutti questi fattori “True the Vote” ha semplicemente deciso di rinunciare alle quattro cause inizialmente aperte. Non vi è infatti ragione di pensare che quando già deliberato in Pennsylvania e Wisconsin non possa ripetersi.
Etica e deontologia suggeriscono che una lite temeraria non abbia occasione di proseguire
Con un comunicato ancora disponibile sul proprio sito, il Comitato Elettorale “True the Vote” (traducibile con “Raddrizza il Voto”) ha sostanzialmente dichiarato che continuerà la sua battaglia per un voto più etico, corretto e giusto ma senza proseguire le azioni giudiziarie inizialmente perseguite.
Il nuovo obiettivo è “Rafforzare il sistema per mettere a nudo la piaga dei voti illegali e minimizzare la loro presenza in futuro”.
Obiettivo comunque commendevole, ma non quello che altri seguaci di Trump che conosciamo bene aspettavano.
Ovvero la “tempesta di ricorsi” o “il Kraken” (non a caso, termini che riecheggiano la “Storm” e il “Kraken” dei QAnon) che avrebbero aiutato Trump a sconfiggere il “Big Steal” tornando alla Casa Bianca come un Eterno Presidente del Mondo Libero.
Entra in scena F.E., imprenditore che aveva dato due milioni e mezzo a “True the Vote” aspettandosi la prosecuzione, e la possibile vittoria nelle quattro cause pendenti.
Che non ha preso bene il loro ritiro, la batosta “in proprio” di Trump presa in Pennsylvania e in Wisconsin e l’ormai prossima incoronazione ufficiale di Joe Biden a Presidente Eletto, che segue la sua nomina di fatto, numericamente parlando.
F.E., imprenditore, dichiara che a seguito di numerose richieste sugli esiti procedurali ha semplicemente deciso di chiedere i soldi indietro.
Il ricorso è, come molto del materiale forense, reperibile liberamente online: F.E. dichiara di aver versato i primi due milioni di dollari per le azioni giudiziarie e per essere informato sui risultati degli stessi, seguiti da 500.000 per le successive occorrenze legali, e di non aver ricevuto gli aggiornamenti relativi ai progressi dell’operazione.
Dichiarando di fatto di aver vincolato la donazione ad aggiornamenti su una situazione che non si è mai evoluta ed anzi è sfociata nel ritiro dei procedimenti in corso F.E. ha richiesto indietro l’intera somma, dichiarando che i pochi aggiornamenti ricevuti e l’esito giudiziale non giustifichino la spesa dei due milioni e mezzo. Altresì F.E. ha rifiutato un accordo stragiudiziale per un milione di dollari con rinuncia al giudizio e compensazione di spese.
Sostanzialmente F.E. vede la sua donazione come una donazione condizionale, e la causa verterà proprio sulla presenza o meno di un inadempimento da parte del comitato elettorale.
Decisione sul filo del diritto, dato che tutto gli ordinamenti giuridici concordano che la professione forense non consta di obbligazione di risultato, ma di mezzo: la prestazione di un avvocato non viene valutata dalla soccombenza o vittoria processuale, ma dal lavoro profuso.
In ogni caso, notizie come queste trasudano un forte nervosismo tra i supporter di Trump, e confermano come stia montando il risentimento per le ingenti somme di denaro impiegate per provare il “Big Steal” che non stanno dando il frutto desiderato da chi avrebbe voluto Trump alla Casa Bianca.
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