Perché su Windows si parte sempre dal disco C? Questa è una domanda che nel 2022 si porranno i più giovani tra i nostri lettori. Tutti quelli che conoscono la risposta oggi, nel 2022, probabilmente si aggirano sulla quarantina.
E probabilmente sono gli stessi che si ripetono il meme (a metà tra il meme e la leggenda metropolitana moderna, va detto) del ragazzino stupito che, osservando un floppy da 3 pollici e mezzo, escalama convinto “Wow, perché qualcuno avrebbe dovuto stampare l’icona del salvataggio di Word in 3D?”
O meglio, la domanda sul disco C e la leggenda metropolitana del ragazzino sorpreso davanti al floppy disc (nata da un webcomic) nascono entrambe dalla consapevolezza che esiste una intera generazione di “nativi digitali” che non ha mai visto un floppy.
Per rispondere a questa domanda bisogna partire da una considerazione storica: oggi una memoria di massa è una parte imprescindibile di un computer.
Solo un folle venderebbe un PC o un Mac senza la sua brava SSD (o un HDD, per i computer più datati, economici o in alcuni casi particolari). E su Windows troverete almeno una partizione, il disco C.
Ma per molto tempo nell’informatica domestica non è stato così.
Pensate al VIC20 e al Commodore 64, venduti senza memorie di massa. Dovevate pagare a parte per un Datassette, un lettore di cassette o un lettore floppy, il 1541 (un tempo 1540, prima della correzione firmware necessaria per funzionare col VICII del Commodore 64).
Lettore floppy dal costo spesso pari al computer intero, un oggetto di lusso.
E così è stato per molto tempo, fino all’arrivo dei PC “IBM Compatibili”, la diffusione dei computer assemblati sull’architettura x86 di Intel in modo da essere compatibili coi formati XT e AT di IBM.
Macchine quindi in grado di far girare sistemi operativi come CP/M-86 e PC-DOS, sostiuito poi per una serie di motivi perlopiù commerciali dal popolare MS-DOS, cementando il ruolo di Microsoft nella storia dell’informatica (PC-DOS, nelle vesti di IBM-DOS, continuerà ad esistere per diverso tempo).
Il punto di tutto questo è che quando i primi IBM Compatibili entrarono sul mercato i dischi rigidi erano un lusso e non una componente essenziale.
Essenziali, come avrete capito, erano i floppy drive. E sia CP/M che DOS avevano un prompt a riga di comando che ti segnalava su quale disco stavi lavorando.
Nella stragrande maggioranza dei casi quindi l’utente medio aveva davanti un PC. Un PC senza disco fisso, ma con almeno un floppy drive.
Con un PC compatibile la sequenza di accensione era un rito che gli attuali utenti di Windows ignorano: inserivi un dischetto con MS-DOS nel drive A, accendevi il PC, assistevi ad un test della (esigua, per gli standard attuali) RAM, lo sferragliare del lettore dischi annunciava l’inizio del caricamento, ti ritrovavi davanti ad un cursore lampeggiante accanto alla lettera A.
A questo punto i più fortunati avevano due lettori floppy, magari un tre pollici e mezzo ed un cinque pollici e tre quarti.
O spesso due tre pollici e mezzo.
Il sistema operativo restava quindi nel disco in A, per tutte le operazioni del caso (copie, cancellazioni, formattazioni), nel secondo lettore inserivi il disco in B contenente i programmi.
Oppure semplicementeì rimuovevi il disco in A sostituendolo col programma che volevi caricare, ma tenendo sempre il disco di MS-DOS pronto per essere reinserito.
I computer più costosi potevano avere un hard disk, solitamente non più di 10 o 20 Megabyte (non Gigabyte: megabyte).
C’era quindi abbastanza spazio per installarvi DOS e una manciata di programmi, lasciando tutti gli altri su floppy.
In questo caso comunque A e B venivano convenzionalmente tenute da parte per i floppy, e C per il disco fisso. Unità non sempre presente.
Avere un insieme di lettere comuni a tutti i computer avrebbe evitato problemi di compatibilità: ogni programma poteva dare per scontato che A fosse il floppy e C il disco fisso e regolarsi di conseguenza.
Altra cosa nota solamente a chi conosce la storia o l’ha vissuta essendo ora quarantenne, per moltissimo tempo Windows non è stato un vero e proprio sistema operativo, ma un “ambiente operativo”.
Un’interfaccia grafica da far partire mediante DOS con un apposito comando e che consentiva il ritorno a DOS in ogni momento.
Questo fino a Windows for Workgroups 3.11 (3.2 in Cina).
Con Windows 95 nacque un sistema ibrido: MS-DOS era ancora presente (ed aggiornato nelle varie versioni, fino a Windows ME), parte integrante del processo di avvio e di diverse operazioni.
La “splash screen”, la schermata con la bandiera di Windows 95 da cui deriva l’attuale icona stilizzata che accoglie chi carica Windows 10 e 11 deriva dal riuscito tentativo di occultare MS-DOS che lavorava letteralmente dietro le quinte avviandosi ed avviando Windows 95.
Con Windows XP finalmente MS-DOS fu pensionato.
Comunque c’era una pletora di programmi, aggiornati nel corso di anni e decenni, che si aspettavano di trovare il disco fisso in C e il lettore floppy in D.
Il PC medio dell’epoca aveva ancora un floppy disk, sia pur per motivi di retrocompatibilità. La struttura media prevedeva avere il floppy in A, usato sempre più sporadicamente, un disco rigido in C ed un masterizzatore CD o DVD in D, seguito dai vari pendrive nelle lettere successive.
Nel mondo attuale masterizzatori e floppy sono diventati orpelli desueti, che molti computer non comprendono neppure più. Rimane il solo disco rigido, storicamente e per quei motivi ereditari C.
Un ormai eventuale, o solo nei PC usati per vedere film da supporto fisico, lettore DVD o Blu-Ray andrà in D, solitamente quindi avremo un disco C ed una infinità di pendrive da E in poi.
Acquistando un lettore floppy su USB, questi diventerà la lettera A.
È possibile cambiare manualmente le lettere, ma cambiare la lettera del disco su cui è stato installato Windows comporterà il dover reinstallare per rendere avviabile.
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