Dove la storia del “Ragazzino di 14 anni che risparmia 400 milioni di dollari col font giusto” è sbagliata
Di tanto in tanto riappare in uffici e organizzazioni la bufala “Ragazzino di 14 anni che risparmia 400 milioni di dollari col font giusto”. La tipica storia di “bambini e buoni sentimenti, felici e contenti” che riempie il cuore di sofficissime sensazioni, suscita la viralità tipica delle “pagine dell’Amen e del colore”, quelle piene di storie strappalacrime di bambini brillanti e incompresi tra donazioni di iPhone a “chi mette like” e preghiere varie e aggiunge quel tocco di “bufala del Giustiziere”
Quel genere di fake news “antikasta” dove un eroe del popolo con la sua grande saggezza “umilia, asfalta e distrugge i potenti del mondo”, talora sottomettendoli con violenza fisica, in casi come questo con la superiore “saggezza degli umili” ponendondoli di fronte a sprechi e mancanze.
Una storia che ovviamente ha fatto la gioia di testate internazionali anche rinomate, come CNN, basata su dati del tutto incongrui.
La storia del “Ragazzino di 14 anni che risparmia 400 milioni di dollari col font giusto”
La storia, ricordiamo per chi dovesse incontrarla solo sottoforma del suggerimento di impiccioni zelanti e rompiscatole in ufficio, parla di un quattordicenne di Pittsburgh che stanco degli “sprechi nella sua scuola” decide di cominciare un suo “studio personale” esaminando diversi caratteri tipografici.
Il ragazzino-eroe viene esibito così alla stampa mentre con una risatina annuncia che “l’inchiostro costa più dello Chanel numero 5”, scarica un programma commerciale che dovrebbe calcolare quanto inchiostro viene usato su una pagina, ritaglia pagine da campioni di testo stampati dagli insegnanti per pesarle (!!) e così facendo, con quel genere di operazione che manda in sollucchero le “chat dei genitori di Whatsapp”, i gruppi di “quarantenni che postano immagini disturbanti su Facebook” e i pubblicatori seriali di immagini da andropausa/menopausa a base di “buongiornissimo kaffeh”, comincia a dare i voti lui ai professori bocciando i “cattivi spreconi”.
Scopre così che il “Garamond consuma il 21%” e i professori buoni lo invitano a pubblicare la sua scoperta sul Journal for Emerging Investigators, portale che pubblica i contributi dei giovani scolari, facendone così un baby scienziato geniale che insegnerà ai Poteri Forti a non inquinare.
Ma spiacente dirvi non è così
Dove la storia è sbagliata
Partiamo dalla base: pubblicare un articolo online non significa diventare scienziati. Non lo è diventato l’autore dello studio che incolpa i Pokemon della diffusione di COVID19, e nonostante abbia avuto la stessa copertura mediatica del “ragazzino geniale che risparmia milioni”, non lo è diventato l’autore dello studio predatorio-troll sul cioccolato che fa dimagrire assai.
Liquidata questa faccenda, possiamo passare agli enormi problemi metodologici relativi a questo studio.
Quando esegui la comparazione di una serie di caratteri, quello che dovresti evidenziare e che il ragazzino geniale di Pittsburgh non ha mai fatto non è comparare l’altezza tipografica, ma l’altezza della X.
L’altezza tipografica, quella che banalmente “imposti su Word con un numeretto”, è l’altezza della riga immaginaria nella quale sarà inserito il carattere. L'”altezza della X” è l’altezza di un carattere minuscolo senza “fronzoli” ascendenti o discendenti.
Come si può vedere dalla stessa “tabella comparativa” dei fonts confrontati dal ragazzo di Pittsburgh
Il Century Gothic ha una “Altezza della X” di gran lunga superiore a quella degli altri caratteri e il premiato Garamond ne ha una molto inferiore.
Eggrazie che ritagliando i caratteri, pesandoli e misurandoli il Garamond risulta avere caratteri che consumano meno inchiostro. Per avere la stessa altezza della X, devi avere una dimensione tipografica maggiore e basta solo questo a invalidare il presunto vantaggio.
Dato che il confronto corretto va fatto a parità di Altezza della X e non a parità di punti tipografici.
Inoltre lo studio dello scolaro di Pittsburgh sembra non tenere conto e neppure precisa di quale Garamond si stia parlando.
Possiamo solo ipotizzare, dato che parla del compendio scolastico di una scuola media inferiore, che stia parlando del Garamond di Monotype Imaging, quello fornito con Word.
Pacchetto che non dispone di varianti in grassetto e corsivo, costringendo ad usare le funzioni di “adattamento” di Word con danni alla leggibilità.
Quindi abbiamo uno studio che parte incerto sui font da comparare e che comparando l’altezza in punti tipografici anziché in altezza della X compara di fatto esempi di testo di dimensioni del tutto diverse.
Ma questo non è il solo problema metodologico.
Il problema del costo del toner
Lo studio in esame inciampa sull’errore che tutti gli studi “fai-da-te” compiono: il tentativo di tradurre il TCO, total cost of ownership (sostanzialmente il costo di acquisto e gesione) in una sorta di “conticino della serva” comprensibile coi “criteri del buon padre di famiglia”.
Prendendo scorciatoie come decidere che “Inchiostro e toner sono sinonimi in questo studio, perché anche se l’inchiostro tradizionale è più costoso del toner, il focus sul determinare il risparmio percentuale sui costi piuttosto che la magnitudine dei costi allevia la differenza”.
Non è chiaro come parlare di percentuali di qualcosa di cui si ignora la quantità attenui la differenza, non è chiaro donde l’autore dello studio abbia tratto tale differenza, non si tiene conto che toner e cartuccie diverse hanno costi diversi.
Non si tiene conto che molte amministrazioni estese usano strumenti in nolo, pagando per pagina e non per toner, non si tiene conto del fatto che diversi toner avranno diversi prezzi, non si tiene conto del fatto che ad esempio, proprio alcune scuole potrebbero preferire stampare documenti in grande quantità, ad esempio test scolastici, da copisterie esterne.
Sommando quindi il fatto che ormai con la diffusione delle stampanti multifunzione laser le inkjet sono per le amministrazioni pubbliche un dinosauro obsoleto come le vecchie stampanti ad aghi (che quantomeno hanno ancora un uso ove serva usare la carta copiativa), che le stampanti laser e le macchine da stampa riducono i prezzi di molto, anche il predicato sull’inchiostro che costa come lo Chanel è un falso.
Ma possiamo andare oltre.
Perché non è così semplice “cambiare font”
Lo studio del “ragazzino geniale” è rivolto alle scuole prima ed alle amministrazioni poi.
Ok, possiamo considerare che il Garamond in quanto come abbiamo visto a parità di font tipografico abbia una altezza della X inferiore sia un buon metodo per “forzare caratteri più piccoli” e consumare meno pagine.
Possiamo volendo ipotizzare uno scenario in cui alla ricerca del TCO perduto, ci si spinga a sviluppare un font il più sottile e asfittico possibile con una altezza della X minima.
E poi?
In un mondo in cui l’accessibilità è un valore così importante da introdurre font specifici per l’accessibilità come EasyReading, usato ad esempio in scuole, librerie e stampa per l’infanzia è un anacronismo proporre di sacrificare la leggibilità per ottenere un risparmio di molto inferiore a quello indicato nello studio, con un “TCO” che sarebbe spinto all’impennata dalla produzione di testi improvvisamente meno leggibili, meno accessibili e meno fruibili con tutto quello che comporta.
Conclusione
Lo studio che premia il Garamond attribuendogli la capacità di far risparmiare 400 milioni di dollari si basa su presupposti arbitrari, errori metodologici e di calcolo, e rischia di generare la produzione di testi illeggibili per un vantaggio ridotto e risibile.
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