Dopo ventotto anni chiude ICQ, e questo è un tuffo al cuore dell’intera generazione affezionata della mia rubrica, tale da dedicare un articolo. Ma come nel necrologio di Califano, ICQ non esclude il ritorno.
Ma andiamo con ordine, come si usa fare lungo il viale dei ricordi più cari
Era il 1996, e i ricercatori israeliani Arik Vardi, Yair Goldfinger, Sefi Vigiser e Amnon Amir fondano una ditta chiamata Mirabilis, con sede in un trilocale a San José in California perché, semplicemente, “internet costava meno”.
La storia di Mirabilis, e quindi di ICQ, è quella di molte startup anni ’90 e non solo, e in un certo senso riecheggia la stora di come Activision fu fondata da quattro dipendenti di Atari scontenti diventati i più acerrimi rivali della casa madre. Semplicemente, il loro datore di lavoro, Zapa Digital Arts, non dava loro i riconoscimenti che ritenevano di meritare e, dopo qualche mugugno e tiraemolla, i quattro si ritrovarono disoccupati.
La necessità è la madre della creatività, così dopo un finanziamento da parte del padre di Arik Vardi e sei mesi di duro lavoro h24, il quartetto tirò fuori un prodotto innovativo, ICQ, dal fonetico di “I Seek You”, ti cerco.
Eravamo nel 1996, l’ascesa dei computer multimediali e dei videogiochi multiplayer online aveva creato un nuovo bisogno. Il bisogno di chat distinte e separate dai videogiochi, che spesso non le avevano, e che fossero individuali, cosa che il protocollo IRC non consentiva.
Su IRC potevi creare delle “stanze” in cui invitare un numero di utenti limitato, ma non potevi creare una vera chat 1:1 o peer-to-peer per fare serata con gli amici o riunire la tua “gilda”, il tuo gruppo di giocatori.
ICQ arrivò in soccorso: nel sistema di ICQ ogni utente era identificato da uno UIN, un numero a cinque cifre e superiori partiva da 10.000, rendendo quindi i “piccoli numeri” dei patrizi tra i futuri utenti, col diritto di vantarsi di essere saltati per primi sul treno vittorioso.
ICQ fu tra le prime app per le chat individuali e la prima a godere di un grande successo.
Le prime versioni, gratis e con pubblicità (il prodotto restò gratis, ma le pubblicità spariono successivamente) apparve nel 1996, diffuso mediante il passaparola degli utenti.
Semplicemente, se avevi bisogno di restare costantemente in contatto con amici mediate un servizio di messaggeria, gli inviavi in mail o su IRC il link per scaricare ICQ ed era fatta.
Il meccanismo di ICQ era assai semplice: collegandoti un sistema di “luci colorate” accanto agli UIN segnalava se i tuoi amici erano online, disconnessi, connessi ma occupati o preferivano lasciare il loro stato nell’incertezza. Potevi accostare al tuo UIN un soprannome, nickname, che tutti avrebbero letto. Una serie di suoni, da una vocina alterata che urlava “Oh-oh” a suoni di trombette e fischietti annunciavano l’ingresso dei tuoi amici.
Il sottoscritto ricorda ancora le nottate passate su Sacred: La leggenda dell’arma sacra con ICQ, nonché arrivati alla boa di ICQ i client “alternativi”, come Adium per usare ICQ su sistemi non inizialmente supportati, Trillian e altri spesso bloccati dalla casa madre di aggiornamento in aggiornamento e poi resi nuovamente operativi dallo sforzo dei programmatori.
Nel 1998 AOL comprò ICQ, nel 2002 ne brevettò la tecnologia, nel 2002 il primo client senza pubblicità di ICQ vide la luce, trasformando ICQ nella componente più lucrativa del servizio di America On Line.
Nel suo momento di massimo splendore ICQ superava i 100 milioni di utenti registrati, con un trend in costante crescita. Nel 2010, quando ormai le alternative erano diventate un oceano e i servizi di messaggistica si apprestavano a diventare una parte sempre più importante delle nostre vite, AOL vendette ICQ a Digital Sky Technology, società russa, con la condizione che AOL e ICQ restassero reciprocamente interoperabili.
ICQ, che fino a quell momento aveva visto la sua base utenti contrarsi fino a dimezzarsi, sotto i colpi degli ormai più performanti MSN Messenger, Yahoo Messenger e Google (cui seguirono Skype, Meet e Teams, ed altri prodotti tarati sull’era dello smart working e del team chat), ebbe un nuovo rinascimento in Russia, con orde di utenti pronti a comprarsi la patente di nobiltà dei vecchi UIN, specialmente quelli a sei e sette cifre (ma con gli UIN che all’epoca erano alle 13 cifre, anche gli otto nove cifre potevano avere valore) oppure a craccare account inutilizzati per il “diritto di cyberpatriziato”.
Dopo la rinascita il declino: ICQ finì nelle mani di VKontakte, il “Facebook Russo”, che cercò di integrarlo nei suoi sistemi. “ICQ NEW” introdusse nuovi sistemi di microblogging e condivisione di contenuti, che però un certo lassismo nella moderazione rese un hub di diffusione di contenuti pedopornografici e coinvolse nelle controversie che già colpivano il social network russo.
Alla fine VKGroup ha deciso di dirottare gli utenti su VKMessenger: un laconico messaggio sull’account X dedicato a ICQNew mostra la nota scena di Terminator 2 I’ll be back lasciando presagire un ritorno del sistema.
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