Ci segnalano i nostri contatti una notizia, tratta dal noto quotidiano Il Secolo XIX, secondo cui:
Da ieri, anzi da mercoledì 5 per l’esattezza, le armi di scena sono bandite dai set cinematografici e televisivi. L’ha deciso una direttiva del ministero degli Interni, in assenza di nuovi regolamenti. Ergo: non si possono girare sparatorie, neanche impugnare pistole o fucili, che siano Beretta o Glock, Kalashnikov o M-16, Winchester o moschetti della Prima guerra mondiale.
La notizia è degna di ulteriore precisazione ed approfondimento per una sua maggiore comprensione.
Non si parla infatti di una “nuova circolare”, ma, come ricorda il testo lanciato poche ore fa, in giornata, da La Repubblica, della scadenza delle proroghe di una pregressa circolare, ricadente proprio in questi giorni
A lanciare l’allarme è l’Anica, che rappresenta l’industria dell’audiovisivo: “Scaduta la proroga, è da ora in vigore la legge che regolamenta i requisiti tecnici di questo tipo di armi – spiega il segretario Stefano Balassone – il problema è che si tratta di richieste tecniche definite dai periti “fuori dal campo del realizzabile”. E non si è trovata nessuna ditta in grado di eseguire queste modifica”.
La Circolare in questione è la 50.302/10.C.N.77 del 7 luglio 2011, rilasciata dal Ministero dell’Interno, la quale dispone ad interpretazione dell’art. 22 L.110/1975:
“alesatura interna della canna in modo da eliminare la eventuale rigatura per tutta la lunghezza della stessa e aumentarne il diametro di almeno il 10 per cento per un tratto pari almeno all’80 per cento della lunghezza della canna” e “inserimento all’interno della canna di un dispositivo atto a rendere possibili il funzionamento dell’arma con munizionamento a salve e, contemporaneamente, idoneo a impedire l’uscita di frammenti solidi durante l’uso”
Con contestuale obbligo di rendere
obbligatorio l’invio presso il Banco Nazionale di Prova di Gardone Val Trompia per la verifica delle operazioni effettuate. Il Banco provvederà ad apporre, su ogni parte essenziale dell’arma, uno specifico punzone.
Ne conviene che, scadute le deroghe, le preoccupazioni dell’Anica potrebbero non essere peregrine: pensiamo al caso della produzione di un “kolossal” o di un film di guerra straniero in Italia: un grande numero di armi e “simulacri” (ovvero le armi “disattivate”, ma con componenti ancora “genuine”) dovrebbero essere, in poco tempo, smontati, modificati in modo irreversibile nelle parti essenziali, confluire presso un unico centro per l’asseverazione, muniti di idoneo marchio e riconsegnati alla produzione.
Non si tratta comunque di un “divieto del Ministero”, bensì di un incidente di burocrazia: secondo l’Anica le modifiche richieste per legge alle armi sono onerose e difficili da applicare in breve, ed il timore è che la discussione al riguardo possa essere tardiva ed influire, rallentando (non quindi abolendo), eventuali produzioni cinematografiche.
Tale obbligo, si ricorda, assolve però ad importanti funzioni di sicurezza, alle quali però fa da triste contraltare l’estrema difficoltà del procedimento, alla luce dei tempi concitati di produzione.
Il problema è noto alle autorità ed ai ministeri competenti, ed infatti
Per il momento, spiegano Apt e Anica, “siamo arrivati solo alla mera stesura, da parte dei competenti Dicasteri, di un testo contenente la proroga dei termini, ma fermo da un mese nel suo iter promulgativo. Risultato: stop alle attività, stop allo sviluppo, stop all’occupazione, stop alla competitività'”.
Sempre La Repubblica infatti ci rende edotti dei rischi generati dalla chiusura dei termini di proroga
Le ditte di effetti speciali hanno ritirato tutto l’armamentario ad uso scenico. Anche perché altrimenti rischierebbero l’arresto. È successo tre anni fa a uno dei titolari delle quattro ditte che gestiscono le circa 7000 armi modificate usate sui set, Luca Ricci: “Noi compriamo le armi, le facciamo modificare dall’armaiolo e chiediamo l’autorizzazione alla questura. Durante un controllo un ispettore decise che la modifica fatta, pure autorizzata, non era a norma”. Nel frattempo è intervenuta una normativa generale europea, a cui si è aggiunta quella di ciascun singolo paese. “Mentre in Francia, Inghilterra e nel resto del mondo si usano le modifiche che abbiamo fatto sempre noi, la commissione consultiva italiana tre anni fa ne ha stabilite altre, difficili e perfino pericolose per chi le usa – spiega Ricci – Il periodo di proroga che consentiva ancora l’uso delle vecchie armi è finito, ora non si possono usare più”.
Confidiamo, dunque, che l’iter legislativo attualmente “sospeso” possa celermente riprendere, auspicabilmente affidando l’interpretazione autentica della norma di diritto non già ad una mera circolare, ma ad una normativa precisa, puntigliosa ma che tenga presente l’essenziale parere delle associazioni di categoria.
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