Il 26 gennaio 2016 il sito Pazzoweb5stelle.it pubblica un articolo dal titolo “Marco Travaglio: “Così hanno truffato Di Bella”. Dosi sballate e farmaci scaduti, la sperimentazione viziata da gravissime irregolarità !!“. Il testo dell’articolo, essendo molto lungo, lo riportiamo nella pagina successiva del nostro.
È passato ormai un anno da quando, il 16 gennaio 2015, il sito sostenitore del Metodo Di Bella “La Fucina” diffuse l’articolo di Marco Travaglio, ripreso proprio da Pazzoweb5stelle.it.
Entrambi riportano quanto segue:
È significativo un articolo di Marco Travaglio pubblicato su Repubblica nel settembre del 2000, in cui il giornalista raccontava i lati oscuri della vicenda.
L’articolo esiste ed è stato pubblicato da Repubblica il 7 settembre 2000.
Travaglio, nell’articolo del 2000, riporta quanto si stava indagando in quel periodo:
TORINO – La sperimentazione della cura Di Bella sarebbe viziata da gravi irregolarità. Peggio: alcuni dei 386 malati di cancro che provarono la “multiterapia” (Mdb) del medico modenese sarebbero stati usati come cavie, trattati con farmaci “guasti e imperfetti”, non si sa con quali effetti sulla salute. E l’ Istituto superiore di Sanità, pur sapendolo, non avrebbe avvertito 50 dei 51 ospedali d’ Italia che sperimentavano i protocolli. Sono queste le conclusioni della lunga e minuzionsa indagine aperta due anni fa dal procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello, in seguito ad alcune denunce, sulla sperimentazione nei 4 “centri di riferimento” di Torino (Molinette, San Giovanni antica sede, Mauriziano e Sant’ Anna) e nei 4 della provincia (gli ospedali di Chivasso, Orbassano, Chieri e Cirè). Un’ indagine che non entra nel merito dell’ efficacia o meno della cura, ma si limita ad analizzare la regolarità della sperimentazione. Quattro gli accusati, tutti dirigenti dell’ Istituto superiore di sanità (Iss): Roberto Raschetti e Donato Greco, coordinatori della sperimentazione del 1998, Stefania Spila Alegiani, responsabile dei preparati galenici, ed Elena Ciranni, che curava i rapporti con i vari centri clinici.
La scoperta dei farmaci “scaduti” fu certificata dai Nas di Firenze durante un’ispezione, i quali notarono che molte confezioni erano state somministrate o conservate per un periodo superiore ai tre mesi indicati nelle confezioni. Ecco quanto riportato nel loro verbale:
Ciò […] comporta che 1048 pazienti abbiano assunto […] un farmaco potenzialmente imperfetto e non più possedente le caratteristiche terapeutiche iniziali […]
I Nas entrarono nel merito dell’efficacia dei farmaci esprimendo un giudizio di merito ritenuto all’epoca inopportuno e che non competeva loro riportarlo. In seguito vi fu un’azione disciplinare avviata nei confronti dei carabinieri che eseguirono alcuni accertamenti:
Un quotidiano ieri ha pubblicato stralci del libro del figlio di Di Bella, Giuseppe, in cui si parla dell’ azione disciplinare avviata nei confronti di due carabinieri del Nas che eseguirono alcuni accertamenti su richiesta di Nannucci e che espressero un giudizio negativo sull’ attendibilità dei risultati della sperimentazione della cura perchè i farmaci erano stati somministrati oltre il termine di validità, indicato dai militari in tre mesi. Un giudizio non condiviso dalla procura che ha concluso l’ inchiesta sui farmaci l’ estate scorsa con una richiesta di archiviazione accolta dal Gip.
Quanto riportato qui sopra proviene da un articolo di Repubblica del 6 gennaio 2000 dal titolo “Di Bella, inchiesta archiviata Sperimentazione in regola“. Già allora si parlò dei farmaci “scaduti”, per la precisione della soluzione ai retinoidi. Fu lo stesso Prof. Di Bella ad aver assicurato che se ben conservata, al riparo da luce e calore, la soluzione era assolutamente stabile e che non aveva bisogno di una data di scadenza predefinita. Sempre il Prof. Di Bella non indicò mai una data di scadenza al momento della firma dei protocolli di sperimentazione. Ecco quanto riportato nella risposta del Governo in un’interrogazione parlamentare del 20 novembre 2000:
“Il prof. Di Bella aveva fornito le più ampie assicurazioni, in merito al fatto che, se custodito in ben precise condizioni al riparo dalla luce e dal calore, lo sciroppo ai retinoidi era del tutto stabile”
Informazione, questa, già appresa sempre il 6 gennaio 2000:
In particolare, per la procura non esistevano indicazioni di Di Bella sulla scadenza del preparato prima del suo utilizzo. Proprio per quel giudizio sulla sperimentazione, che per la procura esulava dai compiti specifici assegnati al Nas, incaricato soltanto di identificare alcuni pazienti, partì la segnalazione per l’ azione disciplinare. Procedimento poi archiviato dalla procura generale. Nel merito della sperimentazione della terapia Di Bella, il procuratore Nannucci ha concluso che non ci furono irregolarità nella preparazione dei farmaci nei laboratori dello Stabilimento farmaceutico militare di Firenze su incarico del ministero della sanità. Il consulente tecnico nominato dal Pm ha infatti rilevato che i preparati erano stati realizzati in perfetta conformità del protocollo siglato dal professor Di Bella. Al centro delle contestazioni vi era l’ uso, per la soluzione ai retinoidi, di acetone al posto dell’ alcool, impiegato invece dalla farmacia di fiducia di Di Bella, la Ferrari di Modena. Ma, secondo quanto accertato dall’ inchiesta, nel protocollo di intesa fra il Ministero della sanità e il professor Di Bella fra i reagenti previsti per la produzione della soluzione ai retinoidi era previsto proprio l’ acetone e non l’ acool, sostanza equivalente sotto il profilo della tossicità. E comunque, da un confronto dei farmaci prodotti a Firenze e a Modena, i preparati erano stati giudicati sostanzialmente identici, per cui non si rilevavano differenze di efficacia. L’ inchiesta era nata nel novembre ‘ 98 dopo che il pretore di Maglie, Carlo Madaro, aveva ricevuto dall’ Aian, l’ associazione dei pazienti del professor Di Bella, sei flaconi prodotti dallo Stabilimento farmaceutico di Firenze, il cui cattivo odore, provocato dall’ acetone, aveva fatto sospettare alterazioni del medicinale.
Conferma in merito alla “non scadenza” venne data anche dallo Staff del Prof. Di Bella ad una lettrice che chiedeva informazioni a riguardo nel sito Dibellainsieme.org (gestito da Adolfo Di Bella) nel 2011, cioè 11 anni dopo l’articolo di Travaglio:
Vorrei porre un quesito. La soluzione ai retinoidi comperata alla farmacia Ferrari per quanto tempo rimane buona? Veramente scade dopo 3 mesi? Parlo sempre di confezione chiusa e al buio. Grazie Carla
*****
La data di scadenza sui retinoidi risponde ad un discutibile obbligo di legge. Se il flacone è conservato al buio, non in frigo nè vicino a fonti di calore, non ha scadenza, nel senso che non si altera; semplicemente, dopo un periodo medio di circa sei mesi, comincia a perdere gradualmente efficacia terapeutica, grosso modo nella misura del 10% al mese.
I retinoidi della farmacia di riferimento sono una classe a parte: analisi effettuate tempo fa dimostrarono, a 14 mesi dalla data di preparazione, che possedevano il 102% dei retinoidi garantiti…..
Cordiali saluti
STAFF D.B.I.
Alla pubblicazione dei risultati sperimentali dei diversi protocolli sulla rivista British Medical Journal il verdetto era ben chiaro a tutti: “la terapia Di Bella non salvava nessuno”. Inoltre, alcuni malati morivano prima di quelli trattati con rimedi tradizionali.
Nel giugno del 1998 Di Bella aprì i suoi archivi con le cartelle cliniche dei pazienti che trattò dagli anni ’70 al 1997: 3076 cartelle (contro le 20 mila che sosteneva ai media) di cui vennero ritenuti analizzabili solo 248, visto che nelle altre erano prive di diagnosi o che accertavano la presenza di malattie non tumorali. Solo una persona sui 248 casi era ancora viva e solo 4 avevano effettuato unicamente la terapia Di Bella (nessuno di loro era sopravvissuto dopo 48 mesi).
Per chi volesse leggersi tutta la storia relativa al Metodo Di Bella consigliamo l’articolo presente in questo link.
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