Ci segnalano i nostri contatti una notizia relativa al c.d. “fallimento familiare” o “legge salvasuicidi”, una norma che, secondo i redattori dell’articolo, fa parte dei misteri poco conosciuti che “nessuno ti dice”, che i “potenti” vogliono mantenere nascosti e che consentirebbe ai privati di dichiarare fallimento.
La notizia è in parte corretta, ma arricchita di una serie di “orpelli” che tendono a rendere confusa ed incerta la sua percezione.
Si parla infatti della c.d. “Gestione del Sovrindebitamento”, ex Legge 3/2012, cui rimandiamo per una compiuta lettura , necessario compendio della spiegazione di seguito.
L’articolo 6 della normativa riporta infatti:
1. Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette ne’ assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali, e’ consentito al debitore concludere un accordo con i creditori nell’ambito della procedura di composizione della crisi disciplinata dal presente capo.
2. Ai fini del presente capo, per «sovraindebitamento» si intende una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonche’ la definitiva incapacita’ del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.
Si parla quindi di un debitore non assoggettabile al fallimento, ad esempio un privato, o un imprenditore al di sotto delle soglie richieste per l’accesso alla procedura fallimentare che, incolpevolmente si trovi dinanzi alla perdurante incapacità di far fronte ai propri debiti.
Come precisato negli articoli successivi al debitore, purché non abbia già usato la medesima procedura nei tre anni precedenti, è demandato il compito di:
proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo stesso, compreso l’integrale pagamento dei titolari di crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato, anche parzialmente, salvo quanto previsto dall’articolo 8, comma 4. Il piano prevede le scadenze e le modalita’ di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti, le modalita’ per l’eventuale liquidazione dei beni. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 13, comma 1, il piano puo’ anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori.
Con proposta di accordo puntuale e precisa, con indicazione dei creditori, somme dovute ed indicazioni reddituali depositata presso il Tribunale, con forti penalità per l’eventuale debitore inadempiente al piano proposto , ovvero la revoca dell’intero accordo su richiesta del creditore che rilevi la fallacia.
In caso invece di corretta esecuzione ed assolvimento dell’accordo, ciò basta a vincolare tutti i creditori, anche coloro eventualmente contrari purché l’accordo sia raggiunto dai detentori di almeno il 70% dei crediti.
Riassumendo: il debitore (come vedremo correttamente e debitamente informato di tale facoltà nel momento in cui si arriva all’atto di precetto, al rischio di concreta perdita dei propri beni ma prima che ciò accada) ha la possibilità di proporre un accordo, con l’ausilio di esperti indicati per legge, ai propri creditori.
Tale accordo è aperto a tutte le tipologie di debitori non passibili di fallimento, purché incolpevoli (non quindi lo sperperatore, ma il lavoratore licenziato o il piccolo imprenditore che ha perso l’esercizio a causa della crisi economica) e purché non “recidivi”, con modalità che prevedono il consenso dei creditori fino all’occorrenza del 70% della massa creditoria.
Per quanto attiene l’ultima parte, ovvero l’immancabile “Ma nessuno te lo dice!”, in questo caso dobbiamo decisamente e nettamente smentire.
Tale procedimento è infatti così occulto e segreto da essere obbligatoriamente descritto in calce ad ogni atto di precetto, l’atto “introduttivo” di ogni procedura esecutiva in danno del debitore, a far data dal 27.06.2015.
Riporta infatti l’articolo 13 della Legge 83/2015:
1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 480, secondo comma, e’ aggiunto, in fine il seguente periodo: «Il precetto deve altresi’ contenere l’avvertimento che il debitore puo’, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.»
Rendendo così tale avviso uno dei requisiti imprescindibili dell’atto di precetto, al pari dell’indicazione delle parti, della notifica del titolo esecutivo e di ogni altro elemento necessario sotto pena di nullità.
Non può essere quindi definito nascosto qualcosa sotto gli occhi di ogni debitore, e che il creditore è costretto per legge a spiegargli.
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