DISINFORMAZIONE Profughi rifiutano volontariato: “Non siamo qui per lavorare” – bufale.net

Siamo tornati dalle parti di Voxnews, che decide ancora una volta di deliziarci con una notizia a base di volontariato e “profughi che rifiutano di lavorare”. 

L’uso del pulsante fact checking della testata ci suscita sempre una sensazione pari a quella di scoprire che i bottoni dei semafori non servono in realtà a niente: dato che anche in questo caso il pulsante semplicemente ricerca su Google il testo della news (peraltro sconfessando VoxNews, consentendo di identificare le “aggiunte” al testo originale che evidenzieremo in rosso)

Questi non fuggono dalla guerra, fuggono dal lavoro

Da due anni il Comune di San Michele Mondovì ospita, a spese dei contribuenti, diversi richiedenti asilo. Gestisce il business la cosiddetta Onlus ‘Nigella’.

I richiedenti asilo si sono rifiutati dal fare lavori di volontariato (in cambio del mantenimento che ricevono da oltre due anni) in quanto, per ‘lavorare’, vorrebbero essere pagati. Oltre la paghetta da profugo, ovviamente.

Il sindaco di San Michele Mondovì, Domenico Michelotti, amareggiato, ha inviato una lettera al Prefetto, Giovanni Russo, per denunciare la situazione: “Facevano tre ore (che impegno per 35 euro al giorno!) a settimana a testa e la gente ha cominciato ad accettarli. Poi hanno lentamente iniziato ad accorciare il servizio e ora non viene più nessuno”.

“Mi hanno fatto capire che secondo loro non era giusto lavorare perché in altri paesi limitrofi nessuno lo fa, mi hanno parlato di ‘money’, insomma, vogliono essere pagati – considerazioni che hanno amareggiato il sindaco -. Sono molto dispiaciuto perché non voglio mandare a casa nessuno, la mia intenzione era quella di farli integrare: è stato come ricevere uno schiaffo in faccia”. “Non siamo un paese razzista, abbiamo 22 etnie in un paese di duemila abitanti, la questione è un’altra” conclude Michelotti.

La questione è che non sei tanto furbo.

Il senatore della Lega, Giorgio Bergesio, riprendendo la notizia pubblicata da un settimanale monregalese, ha commentato su Facebook: “Quando leggo queste news mi vengono i brividi. Ecco perché questa non può considerarsi una vera e sana accoglienza. Questo è puro assistenzialismo a beneficio di chi non crede in un futuro integrato di lavoro, fatica quotidiana e di conseguenza di soddisfazioni come ognuno di noi vive”.

Devono tornare a casa loro. Perché gli italiani devono pagare 35 euro al giorno per ognuno di questi fancazzisti che, poi, si rifiutano anche di ‘lavorare’ 3 ore a settimane.

Una autentica non notizia basata su un centone di realtà, bufale ataviche e ardite ricostruzioni di Vox, con tanto di commentini piccati in testa e calce a quello che chiamano “articolo”.

Prima di parlare di profughi che rifiutano il volontariato, fermatevi un attimo e ripetete almeno cento volte assieme a noi:

i 35 euro al giorno ai profughi non esistono

Sono ormai anni che sbattiamo costantemente contro questa notizia, anni in cui il miracoloso quanto inesistente emolumento si espande e si comprime a seconda di chi lo racconta, assurgendo al rango di leggenda metropolitana.

Non ci ripeteremo oltre: chi ha voglia di cliccare sulla guida indicata nel precedente capoverso, lo faccia, certo che il link condurrà, effettivamente, ad una guida e non ad una ricerchina su Google del presente articolo.

Gli altri, non si lamentino del fatto che in questa sede gli ricorderemo come i favolosi 35 euro, moderno tesoro di Gol D. Roger non aspettano nessuno di voi oltre lo One Piece

I trentacinque euro degli Immigrati? Prendeteli pure se volete! Cercateli! Chissà se qualcuno di voi li troverà…

bensì sono un conticino della lavandaia di quanto l’Unione Europea invii quotidianamente agli Stati, come l’Italia, impegnati in operazioni di accoglienza per garantire servizi di lavanderia, pasti caldi e alloggio: sostanzialmente, cibo e alloggio.

Agli immigrati stessi, se tutto va come deve andare, arriva un pocket money di un paio di euro. E stop.

Archiviamo quindi le aggiunte di Vox come il solito testo indinniato ed indinniante per fomentare un po’ di viralità (richiesta neppure così sottilmente) a spese degli “immigrati che non hanno voglia di lavorare”.

Resta così il corpo centrale dell’articolo.

Amarezza, condivisibile, della comunità locale perché un’opera di volontariato è stata disertata.

Possiamo umanamente comprendere: il volontariato è sempre cosa giusta ed utile, ma attenzione, vi chiediamo di aprire assieme a noi un vocabolario.

In questo caso, il vocabolario Treccani

volontariato s. m. [der. di volontario, sul modello del fr. volontariat]. – 1. L’arruolarsi e il prestare servizio, come volontario, nelle forze armate di uno stato o in una formazione militare o paramilitare: una brigata formata con forze provenienti dal volontariato. In partic., v. ordinario, prima dell’abolizione dell’obbligo di leva, arruolamento volontario in speciali categorie tecniche, contratto prima della normale chiamata con particolari condizioni (età non inferiore a 16 anni, assenso dei genitori o di chi ne faceva le veci, stato civile di celibe, buona condotta, eventuale maggiore durata della ferma, ecc.). Il servizio stesso prestato come volontario in forze e formazioni armate: dopo due anni di volontariato chiese di essere mandato in congedo. 2. Prestazione volontaria di lavoro, gratuita o semigratuita, fatta al fine di acquisire la pratica necessaria allo svolgimento di un’attività professionale o di un lavoro, e il relativo titolo di riconoscimento. In particolare, l’attività e il servizio che si prestava come assistente volontario presso università e istituti di istruzione universitaria (fino al 1975), o presso gli ospedali. 3. Prestazione volontaria e gratuita della propria opera, e dei mezzi di cui si dispone, a favore di categorie di persone che hanno gravi necessità e assoluto e urgente bisogno di aiuto e di assistenza, esplicata per far fronte a emergenze occasionali oppure come servizio continuo (come attività individuale o di gruppi e associazioni): l’importanza del v. nella Croce Rossa; l’apporto insostituibile del v. nell’assistenza ai disabili; i primi aiuti ai terremotati (o ai profughi, ai feriti dell’esplosione, ecc.) sono venuti dal volontariato.

Sottolineate le parole che noi stessi abbiamo sottolineato: prestazione gratuita.

Abbiamo appurato che i trentacinque euro non esistono.

Abbiamo appurato che ci sono un certo numero di richiedenti asilo che hanno prestato una certa attività di volontariato e poi, con rammarico degli interessati, hanno deciso di interrompere tali prestazioni per cercare una attività a titolo oneroso: insomma, per cercarsi un lavoro pagato.

Immaginate ora la seguente situazione: avete per un qualsiasi motivo, diritto ad una piccola provvidenza.

La provvidenza è lì data per uno specifico motivo. Decidete di fare volontariato presso un ente.

Vi viene detto noi vi diamo una provvidenza, voi dovete lavorare con noi.

No, la prestazione di lavoro è diversa dal volontariato.

ll volontariato, come visto, è quel fenomeno per cui gratuitamente un soggetto decide di elargire la sua opera per una giusta causa.

Il lavoro, invece, è un contratto sinallagmatico a prestazioni corrispettive: parolone per dire che è un do ut des nel quale io mi impegno a lavorare per te per avere una controparte in cambio.

Non solo quindi gli “immigrati che non hanno voglia di lavorare” in questo caso non esistono, ma anzi, si parla di immigrati che hanno smesso un’attività di volontariato richiedendo di poter invece effettuare un’attività retribuita: quindi, tecnicamente, lavoro.

Non solo i trentacinque euro non esistono, ma se fosse come VoxNews (e, precisiamo, nessun altro interprete della vicenda ha inferito), arriveremmo all’assurdo che gli immigrati “che non hanno voglia di lavorare” dovrebbero guadagnarsi i trentacinque euro dati dall’Europa lavorando per Enti Italiani.

Il precedente paragona diventa diverso: immaginate che la provvidenza cui avete diritto non derivi dal luogo dove vi trovate.

Esempio ancora più spicciolo: siete a casa di Caio (l’Italia). Vostra madre (l’Europa) vi manda dei soldi mensilmente del denaro che, in massima parte, Caio dovrà usare per darvi un piatto caldo ogni giorno ed un cambio di biancheria, in minima parte vi resterà in casa.

Sempronio, occhiuto amico di Caio, comincia a dire ai quattro venti che voi dovete lavorare per Caio, che siete dei parassiti nutriti dalla benevolenza di Caio e che è nel diritto di Caio obbligarvi a lavorare per ottenere quel piatto caldo.

Sempronio è, indubbiamente nel torto, anzi, se si facesse come dice lui esporrebbe Caio a rimostranze di vostra madre, che potrebbe decidere, ad esempio, di richiedere tutti i soldi indietro ed in un colpo solo (le sanzioni).

Diverso è, come dichiarato nella notizia, se Caio ci dicesse di dedicare il nostro tempo al volontariato come mezzo di conoscenza della collettività e per introdursi in essa: ciò è ammesso, e spetta a noi accettare o negarci una simile opportunità.

Ma come VoxNews ha aertatamente ricostruito la vicenda, peraltro aggiungendo una foto pluririclata da altri articoli, questo no, non va bene.

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