Partiamo dal 29 marzo, quando La7 pubblica questo intervento, titolato Mutui agevolati per musulmani: Appendino scatena la polemica
Mutui su misura, senza interessi. Strumenti sharia compliant che rispettino le regole della finanza islamica. Il tutto in attesa che sbarchi presto in città la prima banca islamica d’Italia. Per il sindaco grillino di Torino, Chiara Appendino, è un questione di «inclusione sociale». Intervistata da Maria Latella su Sky, il primo cittadino ha ricordato che la «finanza islamica non è solo possibilità di raccogliere opportunità economiche, con finanziamenti in infrastrutture e aziende, ma è anche un tema di integrazione». L’attenzione è rivolta alle 50mila persone di religione musulmana che vivono a Torino e che tengono i soldi sotto il materasso perché in Italia non esistono sportelli islamici fedeli ai dettami religiosi. Gli stessi che impediscono loro di «comprare case», visto che i mutui sono vietati dal Corano insieme a qualsiasi strumento finanziario che comporti degli interessi passivi. Per questo motivo, il Comune studia delle alternative su misura, delle «possibilità di accedere al credito senza violare le prescrizioni del Corano permettendogli di acquistare una casa o di aprire una attività».
Tempo una settimana, ed ecco che le Echo Chambers intervengono nel modo che noi tutti conosciamo, deformando una ipotesi arcinota in scenari degni del film apocalittico-militaresco “Alba Rossa”, con le “bandiere a mezzaluna” al posto delle bandiere rosse e le orde di Indinniati al posto dell’allora giovanissimo Patrick Schwayze ed i suoi alleati
Torino, 3 apr – Nella terminologia anglosassone prendono il nome di strumenti “sharia compliant”, vale a dire in regola con i dettami della finanza islamica. E il sindaco di Torino Chiara Appendino ha deciso che possono essere uno strumento di “inclusione della società”.
La proposta nasce a seguito del forum sulla finanza islamica, che si è tenuto nel capoluogo piemontese non più tardi di un mese fa e al quale il primo cittadino ha dato il patrocinio ufficiale. Intervistata da La7, la Appendino spiega che “La finanza islamica non è solo possibilità di raccogliere opportunità economiche, con finanziamenti in infrastrutture e aziende, ma è anche un tema di integrazione”. Come? A Torino risiedono oltre 50mila immigrati musulmani, che non rientrano nei circuiti ufficiali della finanza perché non conformi ai loro dettami religiosi. Non accendono dunque prestiti, né mutui perché l’interesse è vietato dal Corano.
Ecco allora, secondo l’esponente pentastellata, la necessità di incentivare la loro partecipazione alla vita non solo sociale ma anche economica: il comune starebbe studiando forme alternative per dargli la “possibilità di accedere al credito senza violare le prescrizioni del Corano permettendogli di acquistare una casa o di aprire una attività”. Si parla già di un protocollo in via di definizione con il Tribunale per consentire ai fedeli islamici di pagare a rate le vendite all’incanto. E per quanto riguarda i mutui, ormai un miraggio per molti cittadini italiani? Poco importa, la priorità secondo la Appendino è offrire una corsia preferenziale agli stranieri, che potrebbe addirittura – se la logica non è un’opinione – arrivare al taglio degli interessi passivi. Una discriminazione a tutti gli effetti: quanto dovremo aspettare perché sopra la Mole arrivi a sventolare una bandiera con la mezzaluna?
Partiamo da un concetto: non si tratta di corsia preferenziale perché la c.d. finanza islamica taglia sia i commoda che gli incommoda.
Sostanzialmente una banca islamica è uno strumento che sacrifica sia i vantaggi che gli svantaggi di un intermediario bancario tradizionale.
Come ci ricorda il Sole 24 Ore
Nata negli anni Settanta del secolo scorso in Medio Oriente, la finanza islamica segue la Sharia, la legge islamica, che fissa in materia di finanza tre principi capitali: il divieto di chiedere interessi (riba), considerati una forma di usura; la condivisione dei rischi e dei profitti tra creditore e debitore e, infine, l’obbligo di appoggiare tutte le transazioni finanziarie su di un attivo reale, e ciò in teoria esclude il ricorso a prodotti derivati.
Secondo i precetti del Corano, il denaro non può quindi stare fermo e generare altro denaro. Per crescere deve essere investito in attività concrete e produttive (come ad esempio gli immobili).
Le banche islamiche si distinguono così in modo sostanziale dalle banche occidentali. Ad esempio, piuttosto che concedere un mutuo a una persona che vuole comprare una casa, riscuotendo in cambio un interesse sul prestito, la banca acquista direttamente la casa e poi la concede in affitto al cliente, che si impegnerà a versare la cifra corrispondente in più rate mensili, pagando una commissione sul servizio ottenuto. Quando avrà pagato tutte le rate, il cliente diventerà il proprietario della casa.
L’eventuale cliente di una banca Islamica non potrà quindi ottenere interessi sul capitale depositato: ciò sarebbe considerato una forma di usura, se non di furto o truffa in suo favore.
Si sottopone volontariamente quindi ad un regime finanziario dove la banca è un semplice “custode” e dove non esiste la possibilità di comprare prodotti derivati, fare investimenti immateriali o acquistare assicurazioni e simili.
Al massimo il cliente di una banca islamica potrà dare mandato all’intermediario di investire in suo nome e suo conto il capitale, assumendo quindi almeno parte, se non tutto, il rischio di impresa.
Un islamico non potrà mai ottenere un mutuo agevolato, perché non potrà mai ottenere un mutuo, punto e basta.
Al massimo potrà chiedere al suo intermediario bancario di comprare una abitazione, concedergliela in locazione e, a modo di leasing, riscattarla ratealmente quando avrà raggiunto la somma pattuita.
Non vediamo dove sia quindi la discriminazione dato che, a ben vedere, lo strumento “ordinario” in questo caso è più flessibile, meno caotico e più utlizzabile.
Semplicemente, la Appendino ha proposto che una fetta di popolazione che ha deciso per vari motivi di confinarsi in uno strumento economico meno pareto-ottimale possa comunque usarlo, facendo quindi girare del capitale in Italia.
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