Ci è stato segnalato un articolo del sito La Stella del 12 Settembre 2015 che riprende, con un titolo allarmistico, un avvenimento che ha lasciato sorpresi alcuni studiosi: una voragine che si è aperta in un ghiacciaio in una regione delle alpi svizzere. Vediamo di fare un pó di chiarezza in merito.
Il sito fa un copia-incolla di un articolo del sito Scienze Notizie dell’11 Settembre 2015 che si rifà ad un articolo del sito Le Nouvelliste del 9 Settembre 2015. Abbastanza vicini temporalmente, ma non abbastanza da giustificare quel “…poche ore fa…” con cui iniziano entrambi. Inoltre da segnalare come nell’articolo de La Stella la profondità della voragine sia di una centinaia di metri, mentre nell’articolo del sito Scienze Notizie riporti come profondità “non meno di una decina di metri“.
Ad ogni modo, il sito francese riprende quanto è stato raccontato da Gérard Stampfli, geologo che si è recato sul posto a seguito di una segnalazione avvenuta da alcuni escursionisti che erano in zona, a Ferpècle. Arrivato sul posto ha scattato le foto e ha formulato l’ipotesi che con l’eccezionale ondata di caldo di questa estate abbia allargato una corrente che scorreva al di sotto dello stesso, provocando l’indebolimento della struttura sottostante e il crollo ripreso dalla fotocamera. Non essendo Gerald un glaciologo (si, esiste questa professione), ha contattato un collega del settore che ha confermato questa ipotesi. L’articolo conclude con Gérard che sostiene che la voragine verrà tappata durante l’inverno.
Sicuramente il tema del riscaldamento globale è diventato scottante negli ultimi anni. In particolar modo l’estate di quest’anno, che ha effettivamente registrato livelli record che non venivano registrati da tempo. 136 anni fa ci fu un innalzamento simile. Per questa estate hanno contribuito due fattori particolari, come spiegato in questo articolo della CNN: a causare l’innalzamento della media di temperature tra giugno e agosto 2015 di 0.85°C è stata la combinazione tra due fenomeni importanti in meteorologia e oceanografia, ovvero El Niño e i Blob del Pacifico.
El Niño è un fenomeno che vede la combinazione dei fattori atmosferici e oceanici che si ripete con una frequenza statistica tra i 3 e i 7 anni circa. Di norma, le correnti soprastanti al tratto di Oceano Pacifico, le Correnti di Walker, tendono a circolare dalle coste occidentali del continente sudamericano verso le coste orientali dell’Australia, per poi salire e seguire il percorso inverso. Così facendo, attua un fenomeno a livello oceanico denominato Upwelling, ovvero la risalita delle acque più profonde verso la superficie, con conseguente spostamento in direzione Ovest. Così facendo, le acque si scaldano e migrano verso occidente, verso l’Australia. Tuttavia, nell’anno de El Niño, le Correnti di Walker effettuano il circolo opposto, dovuto all’oscillazione delle pressioni che generano le correnti. Così facendo, i venti di questa cella spostano le acque superficiali, più calde, dalle coste Australiane in direzione delle coste Occidentali del Sud America. Il calore delle acque viene poi rilasciato in atmosfera, con conseguenze anche nell’entroterra sudamericano. Quest’anno, però, il calore è stato prevalentemente trattenuto in atmosfera, complici i gas serra.
Il Blob è una enorme massa d’acqua calda dell’Oceano Pacifico, sulle coste nord americane. E’ stata individuata per la prima volta nel 2013. Le sue origini sarebbe la riduzione del tasso di scambio termico delle acque che ha portato nel lungo periodo alla formazione di questi “ristagni”, complice l’instaurarsi di una condizione di alta pressione denominata Ridiculously Resilient Ridge (Cresta Ridicolmente Elastica).
Insomma, il tutto è avvenuto per cause (s)fortuite e non c’è reale motivo per cui gettarsi in inutili allarmismi (per giunta con titoli da click bait).
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