Davvero un tribunale avrebbe ordinato ad una Asl di somministrare una cura di cui ancora ad oggi non esistono documentazioni scientifiche che dimostrino la sua efficacia contro il cancro? Ha solamente imposto che ad una paziente, e solo nel suo caso specifico, le vengano somministrate le cure a titolo gratuito. “In soldoni”, nessuno vietava alla donna di sottoporsi alla terapia, purché pagasse.
Purtroppo alcuni utenti online hanno capito diversamente:
Questa sentenza non ha alcun valore scientifico per definire il metodo Di Bella valido.
Il 12 ottobre 2015 il sito LaFucina.it, un sito già ampiamente criticato, pubblica un articolo dal titolo “Il Tribunale ordina all’Asl le cure “Di Bella”“, articolo copia incollato da un altro sito, Ilgazzettinobr.it. Ne riportiamo il testo:
Una speranza per i malati di tumori che vogliono (Articolo completo su Nuovo Quotidiano di Puglia) utilizzare il metodo “Di Bella” è stata offerta dal Tribunale di Brindisi che ha accolto il ricorso di una paziente ammalata di “mieloma multiplo IgAk sintomatico” ed ha ordinato all’Asl di Brindisi di somministrare le cure prescritte dal medico curante della paziente.
Nessuna “speranza”. Non vi è un divieto al volersi sottoporre alle cure previste dal metodo “Di Bella”, infatti la signora stava le stava già seguendo (come leggeremo nel seguito dell’articolo riportato qui sotto). Come dicevamo in precedenza: purché si paghi. Questa sentenza non cambia nulla a riguardo.
Continua l’articolo:
La signora, che ha 79 anni, è stata assistita legalmente dall’avvocato Antonio Passaro di Mesagne. Il Metodo Di Bella non è alternativo, nell’accezione comune del termine, dei metodi tradizionali ma rappresenta l’integrazione funzionale e la razionale convergenza delle conoscenze medico-scientifiche definitivamente acquisite, e delle emergenti evidenze scientifiche, in una clinica affrancata da inquinamenti politico-finanziari. Il tumore, secondo il metodo, è una deviazione dalla vita normale, per cui occorre riportare le reazioni deviate verso la norma, attraverso il potenziamento di tutti quei mezzi che la Fisiologia considera essenziali per la vita. Il metodo “Di Bella” persegue questo obiettivo attraverso innovative formulazioni. Nel gennaio scorso all’anziana donna, che è di Mesagne, gli è stato diagnosticato, presso la “Casa sollievo della sofferenza” di San Giovanni Rotondo, una grave forma di neoplasia cui sono seguiti, nel febbraio 2015, tre cicli di chemioterapia che, secondo gli esami cui si è sottoposta a donna, non hanno ottenuto risultati apprezzabili. Anzi vi sono stati degli effetti collaterali piuttosto gravi che hanno compromesso la qualità della vita della paziente. Dolori e febbre che sono terminati nel marzo scorso quando la signora ha iniziato la terapia prevista dal metodo “Di Bella”. Un miglioramento che è stato attestato clinicamente con gli esami e le analisi cui l’ammalata si è sottoposta. “Il market tumorale è ritornato nel range della normalità – ha spiegato l’avvocato Passaro – con dolore e qualità della vita migliorati. Il trattamento va continuato per sei mesi altrimenti i risultati conseguiti saranno stati vani”. Adesso servono altri mesi di cura che l’ammalata non può più permettersi. La signora per acquistare le cure, infatti, ha speso tutti i suoi risparmi, circa 11 mila euro, e non riesce a fare altro con la pensione. D’altronde deve pur vivere. Ed è a questo punto che il Tribunale di Brindisi, ufficio del Lavoro, ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Passaro per conto della sua assistita. Il giudice Domenico Toti, nella sua ordinanza, ha scritto: “La situazione clinica della signora è indicativa, se non di una regressione della malattia, la situazione anatomica risulta, infatti, sostanzialmente stabilizzata, quantomeno di un obiettivo miglioramento delle condizioni generali, non potendo essere trascurata la notevole riduzione dei fattori di crescita tumorale come si evince non solo dalla documentazione sanitaria ma anche dalla certificazione medica che evidenzia un miglioramento della qualità della vita della paziente, tanto da giustificare, ad avviso dello scrivente, l’emissione di un provvedimento di urgenza”. Per tali Motivi il giudice ha ordinato all’Asl di Brindisi di “somministrare gratuitamente alla paziente i farmaci del multi trattamento “Di Bella” per la durata di 12 mesi“.
Insomma, ci troviamo davanti al caso di una signora che ha pagato di tasca propria (tutti i suoi risparmi) i trattamenti del metodo Di Bella, che non sono coperti dal Servizio sanitario nazionale, e che ora si ritrova nell’incapacità di continuare a pagarsele. A questo punto, attraverso il suo avvocato, si è rivolta al Giudice del lavoro (“il Tribunale di Brindisi, ufficio del Lavoro“).
Perché è importante capire di che tipo di giudice si tratta? Per le sue competenze:
Il Giudice non ha fatto altro che seguire l’articolo 32 della Costituzione italiana in merito alle cure gratuite agli indigenti:
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Ripetiamo che si tratta di un singolo caso, e non basta per rendere valida la terapia.
Nella pagina successiva viene spiegato il perché tale metodo non è scientificamente riconosciuto.
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