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DISINFORMAZIONE Il Referendum non poteva essere accorpato ad altre elezioni? – Bufale.net

Giovedì 17 marzo 2016, sia via Facebook che attraverso il proprio sito, il Partito Democratico ha dichiarato apertamente che il Referendum del 17 aprile “è inutile“:

Questo referendum è inutile. Non riguarda le energie rinnovabili, non blocca le trivelle (che in Italia sono già bloccate entro le 12 miglia, normativa più dura di tutta Europa), non tocca il nostro patrimonio culturale e ambientale.
Come hanno spiegato i promotori (alcune regioni) si tratta solo di dare un segnale politico. Perché nel merito il quesito riguarda la durata delle concessioni delle trivelle già in essere.Nient’altro.

Non c’è nessuna nuova trivella, ma solo tante bugie – http://goo.gl/CRQHF7

L’articolo linkato nel post Facebook è quello del 17 marzo 2016 intitolato “Trivelle, Guerini e Serracchiani: Referendum inutile, in Italia sono già bloccate“. Lo riporto di seguito:

Questo referendum è inutile. Non riguarda le energie rinnovabili, non blocca le trivelle (che in Italia sono già bloccate entro le 12 miglia, normativa più dura di tutta Europa), non tocca il nostro patrimonio culturale e ambientale.

“Scrivere questi articoli richiede tempo :), chiediamo un like o una condivisione se la prima parte ti è sembrata utile per leggere il restante :).

Ci sono alcune piattaforme che estraggono gas. Ci sono già. Vi lavorano migliaia di italiani. Finché c’è gas, ovviamente è giusto estrarre gas. Sarebbe autolesionista bloccarle dopo avere costruito gli impianti. Licenziare migliaia di italiani e rinunciare a un po’ di energia disponibile, Made in Italy. Col risultato che dovremmo acquistare energia nei paesi arabi o in Russia, a un prezzo maggiore.

Il referendum voluto dalle regioni costerà 300 milioni agli italiani. La legge prevede che non possa essere accorpato ad altre elezioni. Pensiamo che, nello specifico, i soldi per questo referendum potevano andare ad asili nido, a scuole, alla sicurezza, all’ambiente. E di questo parleremo durante la direzione di lunedì, ratificando la decisione presa come vicesegretari. Se il referendum passerà l’Italia dovrà licenziare migliaia di persone e comprare all’estero più gas e più petrolio. Ecco perché la segreteria pensa che questo referendum sia inutile. Chi vuole dare un segnale politico, fa politica: non spende 300 milioni del contribuente. Ma non raccontiamo che è un referendum contro le nuove trivellazioni, non raccontiamo che è un referendum che salva il nostro mare (anche perché a quel punto le aziende non smonteranno le trivelle che resteranno per sempre nel mare, anche se non operative).

Non c’è nessuna nuova trivella, ma solo tante bugie. La serietà prima di tutto. Ma lunedì parleremo anche di questo e vedremo chi ha i numeri – a norma di Statuto – per utilizzare il simbolo del PD”. Così Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, vicesegretari del PD, in una dichiarazione congiunta.

Nel comunicato ci sono delle problematiche, a partire dal fatto che un partito politico di governo definisca un Referendum “inutile”, un’affermazione dannosa per quel che riguarda la partecipazione democratica dei cittadini, i quali dovrebbero invece esercitare il loro diritto di voto correttamente informati e consapevoli.

Come hanno spiegato i promotori (alcune regioni) si tratta solo di dare un segnale politico. Perché nel merito il quesito riguarda la durata delle concessioni delle trivelle già in essere. Nient’altro.

Nel comunicato del PD viene sostenuta la tesi che la legge preveda che non si possa accorpare il Referendum ad altre elezioni. Questo non è affatto corretto, un accorpamento si poteva fare e lo dimostra la storia (ne avevo parlato nella guida utile del Referendum “Trivelle” del 6 marzo 2016). Devo fare un passo indietro nel tempo, ossia all’anno 2009 quando i referendum abrogativi vennero accorpati assieme alle elezioni amministrative (precisamente in corrispondenza ai ballottaggi). Affinché potesse avvenire l’accorpamento venne fatta una legge ad hoc, la n.40 del 28 aprile 2009. All’epoca era in carica il Governo Berlusconi IV.

In contraddizione al comunicato del Partito Democratico posso citare le dichiarazioni del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, il quale aveva rilasciato informazioni diverse. A sollevare la questione fu il deputato SEL Arturo Scotto presentando un’interrogazione a risposta immediata in assemblea il 2 febbraio 2016. La risposta di Alfano arrivò il 3 febbraio:

Premetto che la legge n. 352 del 1970, che disciplina l’istituto referendario, non contiene espresse previsioni sulla possibilità o meno di abbinamento del referendum abrogativo con le consultazioni elettorali amministrative. Va anche considerato che la norma sull’election day contiene elementi in questo senso, in quanto ha considerato a parte l’esigenza di accorpamento dei referendum, distinguendoli dalle altre forme di espressione della volontà popolare.
Ciò detto, la celebrazione contestuale di consultazioni referendarie e delle elezioni amministrative incontra anche difficoltà di natura tecnica e non superabili in via amministrativa. Mi riferisco, in particolare, alla diversa composizione degli uffici elettorali, alla ripartizione degli oneri e all’ordine di successione delle operazioni di scrutinio. Per quanto riguarda il primo aspetto, le norme prevedono proprio che l’ufficio di sezione sia composto da quattro scrutatori per le consultazioni amministrative, mentre per quelle referendari ne sono previsti tre. Per ciò che concerne il secondo aspetto, occorre rilevare che alle spese per le amministrative concorrono pro quota, insieme allo Stato, anche gli stessi comuni interessati al voto. In questo caso mancherebbe un criterio legislativo per la distribuzione del peso finanziario della consultazione referendaria, che, ovviamente avendo carattere nazionale, finirebbe per coinvolgere una platea più ampia di amministrazioni locali rispetto a quelle che andranno a rinnovare i loro organi elettivi nella prossima finestra elettorale.
Relativamente al terzo aspetto va osservato come, in caso di contemporaneo svolgimento di più consultazioni elettorali, è sempre la legge a determinare l’ordine di scrutinio e ciò per l’evidente ragione a cui sono sottese esigenze di garanzia e trasparenza di definire in maniera dettagliata tutte le diverse operazioni, escludendo ogni discrezionalità.
L’assenza di disposizioni specifiche sull’accorpamento tra referendum ed elezioni amministrative renderebbe inevitabile, pertanto, un intervento di carattere legislativo, non avendo né il Governo né il Ministro dell’interno alcun potere decisionale per disporre autonomamente e con strumenti amministrativi l’abbinamento delle due diverse consultazioni. In effetti, nel 2009, per consentire lo svolgimento contestuale del secondo turno di ballottaggio delle elezioni amministrative e i referendum abrogativi in materia elettorale, fu necessario ricorrere ad una legge ad hoc, la n. 40, emanata nell’aprile di quell’anno.

Visto che il Governo non era intenzionato ad avviare alcun intervento di carattere legislativo per accorpare le consultazioni, il deputato SEL Scotto presentò l’11 febbraio una proposta di legge che avesse lo stesso scopo di quella fatta nel 2009, ma già il 10 febbraio il Governo decise di calendarizzare il Referendum al 17 aprile:

IDROCARBURI, REFERENDUM IL 17 APRILE 2016

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto per l’indizione del referendum popolare relativo all’abrogazione della previsione che le attività di coltivazione di idrocarburi relative a provvedimenti concessori già rilasciati in zone di mare entro dodici miglia marine hanno durata pari alla vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. La consultazione si terrà il 17 aprile 2016.

Quella del Partito Democratico è una palese contraddizione, infatti in un precedente referendum si dichiarò contrario ad un no ad un “election day” proprio perché sarebbe stato uno spreco di denaro. Il 4 marzo 2011 fu lo stesso Dario Franceschini a dirlo in questo video:

Ecco il testo dell’intervento:

Dire di no all’election day significa buttare dalla finestra almeno 300 milioni di euro in un momento in cui le imprese e le famiglie italiane sono in grande difficoltà e unicamente per impedire che il referendum sul legittimo impedimento raggiunga il quorum per la validità.

Si poteva fare, non è stato fatto e si è preferito fare diversamente.

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