Il glifosato nella pasta provoca la SLA e il morbo di Alzheimer. Del glifosato nella paste se ne dicono tante dal 2016. Fa venire la SLA, l’Alzheimer, i tumori. Ma qual è la verità? Già in passato ne abbiamo parlato precisando che un solo studio, quello che ha scatenato la polemica, non era sufficiente senza altri riscontri. Come sottolineato, inoltre, la fonte dello studio era un articolo pubblicato sulla rivista Journal of Biological Physics and Chemistry. In campo scientifico a valutare la credibilità e l’autorità di uno studio è l’impact factor della rivista sulla quale viene pubblicato. Per questa specifica rivista il valore di questo criterio era basso, tra il lo 0,11 e lo 0,48. Cosa vuol dire? Che si tratta di uno studio che non va preso per oro colato e su cui non fare troppo affidamento. Nel 2017, però, sono emersi i cosiddetti Monsanto Papers; questi documenti sembrano aver provato “gravi ingerenze dell’azienda che commercializza l’erbicida sulla comunità scientifica e sugli organi di controllo”, come ha specificato Wired. Ma come si è evoluta la situazione negli anni successivi anche e soprattutto dal punto di vista scientifico?
Del glifosato siamo tornati a parlare quest’anno nell’ambito di una sentenza di un tribunale negli Stati Uniti, nonostante non ci sia stata nessuna scoperta scientifica determinante. Per l’Agenzia europea delle sostanze chimiche l’ultima valutazione ufficiale risale al 2017 e classifica il glifosato come sostanza non cancerogena per via del fatto che non ci sono abbastanza evidenze scientifiche in merito. Anche l’Autorità europea per la sicurezza nazionale si è detta d’accordo. L’erbicida più utilizzato al mondo non dovrebbe essere cancerogeno nemmeno per l’OMS e per la FAO, come dichiarato nel 2016. Negli Stati Uniti, per contro, la massima autorità in materia, l’Agenzia internazionale per la ricerca contro il cancro ha un’opinione diversa; il glifosato è probabilmente cancerogeno, seppur non ci sia una dimostrazione scientifica che aumenti l’incidenza dello sviluppo di tumori.
I risultati su uno degli ultimi studi sul glifosato, che risalgono a quest’anno, hanno evidenziato che l’assunzione della sostanza sarebbe correlata all’aumento dei casi di malattia del fegato grasso non alcolico. Secondo questo studio dell’università di San Diego ci sarebbe una correlazione tra l’esposizione al glifosato e la malattia del fegato grasso non alcolica, condizione di sofferenza epatica che predispone l’organismo a sviluppare la cirrosi. Lo studio, condotto su 93 persone, ha evidenziato come nelle urine dei pazienti con malattia del fegato grasso non alcolica ci fosse una presenza significativamente maggiore di glifosato rispetto a alla quantità rilevata nelle urine del gruppo di controllo. Il dato è emerso a prescindere da età, sesso, etnia, malattie contaminanti o altre condizioni come il sovrappeso. Per gli studiosi californiani è possibile, quindi, che ci sia un’associazione tra lo sviluppo della condizione epatica esaminata e l’esposizione all’agente chimico glifosato.
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