DISINFORMAZIONE Fermiamo lo psicopatico artista che uccide i gatti nei suoi spettacoli – bufale.net
Ci segnalano la seguente petizione:
L’artista” belga, Jan Fabre è ospite a Firenze dal 14 Aprile al 2 Ottobre. Il suo modo di fare arte è a dir poco macabro e scandaloso. Rappresenta la morte come fosse un grande spettacolo.
Una delle sue opere d’arte si chiama “il carnevale degli animali” e rappresenta gatti randagi morti sospesi e sostenuti da ganci.Per quanto noi ci sforziamo non riusciamo a trovare nulla di artistico in questo e non riusciamo a spiegarci come possano gli organizzatori della mostra, considerare Jan Fabre “uno degli artisti più innovativi e rilevanti del panorama contemporaneo”. A nostro avviso è uno psicopatico che usa gli animali per spettacoli senza senso.
Già in passato Jan Fabre è stato al centro delle polemiche nel mondo animalista. Nel 2012, ad Anversa, durante un suo spettacolo ha iniziato a lanciare gatti da un’altezza di 4 metri. Grande fu lo sdegno di tutti e venne aggredito da un gruppo di animalisti e successivamente denunciato. Sembrava che la storia fosse finita così visto che si era anche scusato. A quanto pare invece il suo intento è continuare a rappresentare quella che lui definisce la sua arte, usando animali indifesi per montare spettacoli raccapriccianti. Le sue scuse non era altro che un modo per spegnere subito la cosa.
Tutto questo deve essere assolutamente fermato e a tal proposito è stata creata una petizione che chiede la Rimozione delle statue di Jan Fabre da Firenze. Quella di Jan non può essere definita arte, è violenza sugli animali che va punita. Mancano cira 14000 firme per raggiungere il quorum della petizione, fino ad adesso ne sono state raccolte 36000. Vi chiediamo di firmare cliccando qui sotto sulla parola petizione.
In realtà questa petizione presenta due problemi: Jan Fabre non ha mai ucciso alcun gatto e l’installazione, così come descritta nel link, non prevede altro se non animali morti di cause naturali o non ascrivibili all’autore, e come tali certificate.
Ci spieghiamo ora meglio, andando per tappe. Il Carnevale degli Animali, ed esempio, si era già tenuto nel 2006, usando cani impagliati. Non uccisi da Fabre, e nemmeno come spettacolarizzazione della violenza sugli animali, anzi il suo contrario.
JAN FABRE: Nell’opera c’è una mia interpretazione. Gli occhi umani e la forma antropomorfica trasformano le teste di civetta in maschere. Mi riferisco dunque al carnevale, che è un tema che ricorre anche in un’altra opera esposta, ovvero l’istallazione con i cani che apre la mostra (Le carnaval des chiens de rue morts, NdR). In quest’opera anche i cani sono delle maschere. E’ un pezzo su ciò che il carnevale significa.
D: Che valore attribuisci al carnevale? Al giorno d’oggi l’idea stessa sembra non incarnare più il suo significato originario di rottura, inversione e sospensione dell’ordine quotidiano. Il carnevale è spesso un evento spettacolarizzato, svuotato del significato simbolico originario…
JF: Sì, certo. Ma per me il carnevale ha ancora valore nella sua forma simbolica. Poiché io nei miei lavori non mi riferisco al contemporaneo ma tento di tornare indietro e riportare nel presente valori e simboli che appartengono al pensiero medievale. Per me il carnevale è ancora una festa per celebrare la carne.D: Come può funzionare il pensiero medievale nel mondo contemporaneo?
JF: Credo che tutto il mio lavoro sia costruito intorno all’idea di restaurare i valori di un pensiero simbolico. Come dicevi tu stessa, nella società in cui viviamo tutto ha perso il suo valore, tutto è trasformato in eventi spettacolarizzati e la gente non pensa più ai contenuti reali. In Belgio, come in altri paesi, la gente vuole i cani ma poi li abbandona quando deve andare in vacanza. Nell’opera ho usato veri cani abbandonati per strada, che ho raccolto morti e fatto imbalsamare.D: Perché proprio il cane?
JF: Perché il cane randagio, come il cane abbandonato, è una metafora dell’artista. Come per il cane, la società vuole l’artista ma nello stesso tempo lo lascia in autostrada, lo emargina.
Sostanzialmente nel mondo simbolico dell’artista l’animale morto di stenti e randagio è metafora dell’artista: il borghese adotta un animale (come “adotta” un beniamino tra gli artisti promuovendolo e comprando la sua opera), lo ama egoisticamente finché gli è comodo (come continua a comprare e sostenere l’arte finché “è di moda) e, infine, lo abbandona lasciandolo morire per strada (come l’artista viene violentemente rigettato ed abbandonato al suo destino) e, infine, quando viene posto dinanzi alle conseguenze delle sue azioni, come ad esempio i corpi impagliati degli animali che ha abbandonato (ovvero le polemiche e la perdita delle arti causate dalle sue azioni), le rigetta violentemente prendendosela con chi gli ha comunicato il messaggio.
Come vedete, il messaggio è del tutto diverso da quello descritto nell’opera.
Non ci pronunciamo però sull’esecuzione: non sta a noi decidere se sia arte valida o meno, non essendo critici d’arte o altro. Possiamo ricordare il caso simile dell’artista Katinka Simonse, che, come ricordammo nel 2015, esibiva animali impagliati e regalò dei pulcini dopo aver minacciato di uccidere quelli che non fosse riuscita a dare via… salvo poi soggiungere che è esattamente quello che, a suo dire, avviene nell’industria della carne e dare i pulcini ad un anonimo perché se ne prendesse cura e, relativamente agli animali impagliati, dichiarare più volte che, a suo dire, è esattamente quello che succede nell’industria della pelletteria e con le sue provocazioni voleva invitare la gente a diventare animalista.
Per quanto riguarda il rapporto di Fabre coi felini, invece l’odierna mostra avrebbe dovuto (come vedremo), basarsi su gatti impagliati, ma per lo stesso motivo della precedente:
Fabre lavora con cani e gatti impagliati, come nell’opera “Il reclamo dei gatti randagi morti”: un’istallazione del 2007 composta da nove gatti appesi a ganci da macelleria. Il numero nove è dovuto al fatto che nei paesi nordici si dice che il gatto abbia nove vite. Lo spazio è allestito con una scenografia composta da uno sfondo nero, inframmezzato da lastre di vetro e piattini di latte. Il gatto è l’animale sacro per gli egizi, che nel medioevo era considerato incarnazione del demonio, legato al femminile e alla stregoneria, quindi perseguitato. L’opera è quindi un omaggio ai perseguitati e agli abbandonati, come gli artisti, voluti dalla società e poi emarginati dalla stessa.
Ancora una volta, esibendo i corpi senza vita di gatti impagliati l’autore voleva equiparare l’artista al felino, animale ammantato di mistero, amato e benvoluto fino al suo abbandono.
Per quanto riguarda il lancio di gatti il riferimento è ad una installazione del 2005 dove, effettivamente, l’artista basandosi sul “fattoide” dei gatti che “cadono sempre in piedi” lanciò dei gatti sulla scalinata di Anversa, compiendo clamorosi errori che portarono alcuni felini a cadere malamente.
In tale occasione proferì le seguenti scuse:
Fabre ha voluto scusarsi pubblicamente, ma ha assicurato che tutti i felini presenti durante lo spettacolo non hanno subito ferite o lesioni: «Mi dispiace tanto che i gatti siano caduti male – ha dichiarato l’artista al canale televisivo olandese VRT – Mi scuso con gli animalisti. Non era mia intenzione fare del male ai felini. Comunque tutti i gatti stanno bene». Più tardi l’artista che ha dichiarato di aver subito un vero e proprio linciaggio mediatico (gli sarebbero arrivate almeno 20.000 email di insulti) se l’è presa con alcuni presenti che avrebbero strumentalizzato l’esperienza artistica
Già nel 2014 una raccolta di firme riuscì a bloccare le parti dell’esposizione di Jan Fabre relative agli animali, e questa volta si sta cercando di ripetere la cosa.
Ma ricordiamo come in quel caso il resto dell’opera dell’artista fu comunque esibito, sia pur senza animali, e a tutt’oggi il repertorio dello stesso si regge anche su opere alternative.
Nella notte tra il 22 e il 23 aprile Fabre sarà protagonista di un’altra performance insolita. Striscerà simulando il movimento di un verme sotto i grandi capolavori di piazza della Signoria: dalla fontana del Nettuno alle sculture ospitate nella Loggia dei Lanzi. Il 14 maggio nell’antica fortezza medicea del Forte di Belvedere sarà inaugurata la grande mostra retrospettiva che lo vedrà protagonista: “Spiritual Guards”.
Al riguardo di Spirital Guards abbiamo inoltre una nuova dichiarazione dell’artista:
Un riferimento costante delle sue opere sono gli animali morti, cani, gatti, gufi scarabei, e anche a Firenze gli animalisti si sono mobilitati contro di lei.“Lo ripeto: non ho mai né ucciso né fatto del male a un solo animale per la mia arte. Gli animali mi stanno profondamente a cuore. Quelli che utilizzo, come lo scoiattolo esposto a Palazzo Vecchio, sono certificati come morti per cause che non c’entrano niente col loro utilizzo nell’arte. In Belgio, gli animalisti mi hanno fatto molte cause ma le hanno perse tutte”.Lei è protagonista di una performance in piazza Signoria, in cui si trasforma in “verme” per strisciare sul selciato e toccare le varie opere antiche, e la sua tartaruga. Che cosa significa?“È una metafora, il verme è un tema presente da tempo nella mia arte, ed è un modo per dire che l’artista, come il verme che viene tratto fuori dalla terra, poi deve tornare alla terra, alla società, per portarci la bellezza, cioè la sua salvezza”.
Pessimo gusto?
Non sta a noi dirlo.
Da quello che leggiamo, non siamo di fronte però ad un sadico assassino di animali, anzi.
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