“Esclusa dalla gita scolastica perché non ha frequentato l’ora di religione. Le mamme si ribellano”. http://www.huffingtonpost.it/2016/05/04/esclusa-gita-scolastica_n_9836664.html?ncid=fcbklnkithpmg00000001
Solo che andando a leggere l’articolo, cosa che, com’è noto, in pochi fanno, si scopre che la gita era stata organizzata dall’insegnate dell’ora di religione “a conclusione di un percorso formativo durato tutto l’anno e, quindi, non fruibile da chi ha scelto di non avvalersene”, come si legge su Il Giorno, che aveva titolato anche lui a vanvera
“Alunna esclusa dalla gita scolastica: non ha frequentato l’ora di religione” http://www.ilgiorno.it/sud-milano/alunna-gita-religione-1.2120990
Il caso quindi è ben diverso da come titolato, facendo quasi intendere che la ragazzina sia stata punita per non aver aderito all’insegnamento confessionale: la famiglia aveva scelto di non far partecipare la figlia al corso e la gita era parte integrante di questo, tutto coerente.
Il sostenere, come fa la madre, che «La destinazione della gita non è Lourdes» (sempre stando a Il Giorno), ma il Villaggio e Museo africano di Bergamo, dove magari l’insegnante avrebbe fatto l’apologia delle missioni, poco cambia: non si può pretendere di avere la botte piena e la moglie ubriaca o, come meglio dicono i francesi con la loro abituale superiore eleganza: avere il burro, i soldi del burro e il culo della casara.
Un fatto da stigmatizzare, però c’è, ma viene fatto passare in secondo piano negli articoli: durante la gita la scuola è rimasta chiusa. Ecco questo è molto meno accettabile: una scuola che si vuole laica avrebbe dovuto prevedere la gita fuori dall’orario scolastico o, al limite, garantire il regolare svolgimento delle lezioni per quegli alunni che non partecipavano al corso di religione, fossero stati anche uno solo.
Infatti è su in questo, e non nella esclusione dalla gita, si è fondata la ribellione delle mamme, come si evince dalla lettera che dodici di loro hanno inviato alla dirigente scolastica Marina De Marco e al Consiglio d’Istituto:
“Si può immaginare l’impatto psicologico sui ragazzi esclusi che si sentono emarginare. Come possiamo spiegare ai nostri figli che una scuola pubblica non riesce a pensare alle uscite, a maggior ragione quelle che occupano l’intera giornata, in un’ottica interdisciplinare e perché nel giorno della gita loro non troveranno gli altri professori in classe a svolgere regolarmente lezione? Come siamo lontani dall’idea di scuola inclusiva e pluralista!”
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