DISINFORMAZIONE E PRECISAZIONI Trump non tassa i capi d’abbigliamento importati dalla Cina per proteggere l’attività della figlia Ivanka
Iniziamo subito dalla verità: il Presidente Trump non ha deciso di esentare i capi d’abbigliamento importati dalla Cina solo perché la figlia Ivanka gestisce un marchio di vestiti. In realtà, l’importazione di capi d’abbigliamento dalla Cina non sarà tassata, ma stavolta c’entrano ben poco le ragioni nepotistiche.
Nel momento in cui l’amministrazione del Presidente Trump ha annunciato di aver provveduto all’imposizione di dazi su più di 1300 prodotti importanti dalla Cina proprio nei primi giorni di aprile, sono state tante le persone interessante a scoprire quali articoli, in realtà, erano stati risparmiati dalla misura restrittiva.
Ebbene, una possibile spiegazione di tale decisione è arrivata da diversi punti vendita, che sostengono come Trump avrebbe scelto tale opzione per favorire l’azienda della figlia Ivanka. In realtà, però, quest’ultimo fatto sembra non avere una connessione così significativa. Infatti, i funzionari americani hanno sfruttato algoritmi per cercare quei prodotti che hanno beneficiato dell’importazione diretta di prodotti dalla Cina, eliminando quelli che avrebbe potuto recare disturbo all’economia a stelle e strisce. L’elenco di tali prodotti che verranno tassati, quindi, punta al più basso impatto sui consumatori. Di conseguenza, la scelta di escludere vestiti e giocattoli è comprensibile. Inoltre, sempre l’ufficio del rappresentante commerciale degli Stati Uniti, ha spiegato come sono stati scelti i 1300 prodotti su cui verranno applicate le imposte.
Chi si schiera apertamente contro l’amministrazione Trump non ha esitato nemmeno un secondo ad affermare come la scelta di escludere i capi d’abbigliamento dalla lista dei prodotti tassati, derivi da motivazioni semplicemente nepotistiche. In realtà, la spiegazione offerta dal Rappresentate dal Commercio degli Stati Uniti è più che esaustiva e non fa una grinza. Tra l’altro, imporre delle tariffe sui capi d’abbigliamento che arrivano dalla Cina avrebbe potuto gravare in modo pericoloso sui consumatori americani. Due anni fa, ad esempio, il 35% del totale delle importazioni riguardanti capi d’abbigliamento negli Stati arrivava proprio dalla Cina.
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