I mendicanti del web, in tempi di crisi, abbandonano il livore xenofobo rivolto ai migranti e si frappongono tra sentenze e concessioni di grazia, anche quando si tratta di Tribunali – ben più esperti di un articolista di una testata di disinformazione – e di Presidenti della Repubblica. Il caso di Massimo Carlotto è ora materia di dibattito dal momento in cui gli è stata affidata la conduzione di Real Criminal Minds su Rai4.
Dai nostri lettori apprendiamo che la pagina Facebook di taglio nazionalista La Fenice ha pubblicato un post l’11 maggio 2018:
Il titolo è lo stesso (debuggato per non apparire troppo scandaloso) usato da Voxnews in un articolo pubblicato nello stesso 11 maggio:
UCCISE RAGAZZA CON 59 COLTELLATE, RAI LO ASSUME PER CONDURRE PROGRAMMA SUI SERIAL KILLER PERCHÉ DI SINISTRA
Quelli di Lotta Continua hanno fatto tutti carriera. Figli compresi. Tutti più o meno graziati, a partire dal loro capo.
L’ultimo caso è delirante. Nel 1976 fu condannato per la brutale uccisione di una ragazza di 24 anni. La poverina venne trovata nel suo appartamento a Padova con 59 coltellate.
Ora la Rai lo assume per condurre il programma Real criminal minds, andrà in onda su Rai 4 e prenderà il via il prossimo 18 maggio.
Lui è Massimo Carlotto, ex militante di Lotta Continua, e presenterà i 24 episodi con una breve introduzione personale per raccontare la vita dell’omicida che ha ispirato la puntata. del resto chi, meglio di lui? Per la famiglia di Margherita Magello, la ragazza uccisa, si tratta di un affronto, un vero e proprio schiaffo alla memoria della 24enne. L’ennesimo, il primo lo ricevettero quando venne graziato per amicizie politiche.
L’allora militante di Lotta Continua si diede alla latitanza. Come tutti i criminali rossi si rifugiò in Francia e poi in centroamerica. Carlotto venne arrestato in Messico, ma la procedura di estradizione richiese 3 anni.
Quando finalmente giunse in Italia, venne condannato a 18 anni di carcere. Non ci restò molto: dopo appena 6 anni di carcere, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, nel 1993, lo graziò perché le sue condizioni di salute erano incompatibili con il carcere. Inutile l’opposizione dei parenti della vittima, che del resto non erano mica membri di Lotta Continua.
Margherita Magello moriva intorno alle 18 a Padova, in via Faggin, il 20 gennaio 1976. Il suo corpo, seminudo e orribilmente martoriato da decine di coltellate, si trovava nello sgabuzzino. In quel momento l’allora 18enne Massimo Carlotto passava di lì mentre era intento a svolgere un’indagine sullo spaccio di droga nel quartiere, e veniva attirato da alcune grida. Carlotto conosceva sia la ragazza che l’edificio, in quanto un piano sopra l’appartamento della Magello abitava sua sorella.
Carlotto – militante di Lotta Continua e già noto alle forze dell’Ordine – trova la porta di casa Magello aperta ed entra nell’appartamento. Lì trova Margherita agonizzante e si china su di lei, che poco dopo muore. Il ragazzo, spaventato, fugge. Ai Carabinieri di Padova racconta del rinvenimento e si presenta come testimone, ma viene arrestato. Passerà 2 anni e 4 mesi in carcere in attesa di giudizio. I suoi vestiti erano macchiati di sangue, ma la quantità di sangue era troppo esigua per essere sugli abiti dell’assassino. Ancora, all’interno dell’appartamento era stata rinvenuta l’impronta di una scarpa che non apparteneva a Carlotto. Tra le unghie della vittima, inoltra, era stato rinvenuto un capello che non venne mai analizzato.
Su Repubblica del 31 gennaio 1989 leggiamo:
Prima prova: i guanti di Carlotto: li indossava quando entrò in casa Magello; avevano delle macchie che investigatori e giudici pensarono immediatamente fossero tracce di sangue. Non venne eseguita alcuna perizia. Più tardi, la perizia fu ordinata in sede di istanza di revisione: i professori Rossi e Viterbo scoprirono indubitabilmente che non si trattava di sangue, men che meno umano. Seconda prova: sul piede destro della vittima venne rilevata una parziale impronta di suola di scarpe, evidentemente dell’ assassino: ma sono i segni lasciati da una suola di gomma con disegni in rilievo; e invece Carlotto aveva Clarks con suole di gomma liscia. Queste le prove.
Su di lui gravarono 10 processi e 50 perizie, e si crearono diversi movimenti di sostegno e numerose raccolte di firme per chiedere la sua scarcerazione, per quanto Voxnews giochi sull’indignazione politicamente schierata chiudendo facilmente la questione come un fatto di sinistra.
L’intero iter giudiziario noto come “Il caso Carlotto” è disponibile a questo indirizzo.
In sostanza, come sostenevano 40 deputati che presentarono istanza al Ministro di Grazia e Giustizia per un’interrogazione parlamentare su «un caso mai basato su prove concrete» (era il 21 ottobre 1992) e come ritenne il Presidente della Repubblica, il 7 marzo 1993 Massimo Carlotto ottenne la grazia. Il titolo di Voxnews e di una testata ufficiale (Il Giornale) indicano con sicurezza Carlotto come l’assassino di Margherita Magello, quando non è mai stato possibile provare la sua responsabilità.
Parliamo di disinformazione e acchiappaclick, dunque, perché dopo un’odissea giudiziaria come quella del Caso Carlotto, servirsi di certi titoli per spostare la verità dall’opinione pubblica è una semplice manovra per attirare i lettori.
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