DISINFORMAZIONE Arsi vivi, decapitati, torturati, sgozzati… ma sono solo bimbi cristiani – Bufale.net
I nostri lettori ci segnalano un post pubblicato il 10 settembre 2015 dalla pagina Facebook “Hulk contro il governo ladro” con la seguente foto e testo:
Mi piacerebbe sapere dai tanti buonisti e sinistrorsi perché si stracciano le vesti per un bambino morto annegato e non per migliaia di bambini, donne e uomini “cristiani” sterminati dall’ISIS con metodi atroci. Questi non vi fanno pietà? Non scuotono le vostre coscienze comuniste e staliniste?
nessuno dice niente, la nuova Chiesa di Bergoglio tace, come pure i vari buonisti italioti..
Niente di male.. sono solo bimbi figli di cristiani!
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La foto dei bambini in gabbia
L’avevamo trattata in un articolo del 17 febbraio 2015 dal titolo “BUFALA PROVOCAZIONE Isis, una gabbia piena di bambini di Gouta pronti a essere bruciati“.
L’obiettivo della provocazione era far parlare della condizione dei bambini di Gouta, vicino a Damasco, una zona bersagliata dai bombardamenti dell’esercito siriano e dai gruppi estremisti Fronte al-Nuṣra e ISIS.
Ecco il video degli attivisti ideatori della bufala provocazione:
La foto in basso a sinistra
L’abbiamo trattata in due articoli. La prima volta vennero ritenuti palestinesi uccisi dai raid israeliani, la seconda volta, invece, cristiani.
La foto riportata è una delle tante riguardanti il massacro avvenuto il 2 maggio 2013 nelle località sunnite di Bayda e Baniyas in Siria ad opera delle truppe di Assad. L’attacco non aveva nulla a che fare con la religione, si suppone infatti che il motivo del massacro fosse una reazione ad un attacco subito in precedenza dalle forze ribelli siriane. Esistono diversi rapporti sull’accaduto, tra cui quelli pubblicati dal Syrian Network for Human Rights e l’Human Rights Watch. Al minuto 0:40 di questo video, il quale riprende i corpi del massacro a Baniyas, è presente la bambina con la maglia rossa e blu presente nella foto (quella dal basso verso l’alto in centro).
La foto in basso in centro
La foto venne scattata a Koyunören nel 1983 dal fotografo turco Mustafa Bozdemir e raffigura le vittime del terremoto turco avvenuto quell’anno. Ecco il testo che accompagna la pubblicazione della foto sul sito Worldpressphoto.org:
Koyunoren, Turkey Kezban Özer finds her five children who were buried alive after a magnitude-7.1 earthquake struck her village. The earthquake occurred at 5 a.m., when she and her husband were milking the cows and their children were sleeping. The earthquake destroyed 147 villages in the region and killed 1,336 people.
Questa foto venne erroneamente usata in varie occasioni per raccontare il massacro di Sabra e Chatila (o Shatila), avvenuto in Palestina tra il 16 e il 18 settembre 1982 ad opera delle Falangi libanesi e dell’Esercito del Libano del Sud con la complicità dell’esercito israeliano. Le vittime furono palestinesi e sciiti libanesi. In questo caso tra i colpevoli c’erano gruppi cristiani: le Falangi libanesi sono un movimento cristiano-maronita.
Il motivo non fu religioso, bensì una vendetta in seguito all’uccisione del giovane presidente libanese Bashir Gemayel in un attentato organizzato dai servizi Isegreti siriani con l’aiuto dei palestinesi avvenuto al quartier generale della Falange nella zona cristiana di Beirut.
Ecco come introduce un video documentario sull’accaduto il sito Raistoria.rai.it:
Periferia di Beirut. Uomini delle le milizie cristiano-falangiste entrano nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila per vendicare l’ assassinio del loro neoeletto presidente Bashir Gemayel. E inizia un massacro della popolazione palestinese che durerà due giorni. Con gli israeliani, installati a 200 metri da Shatila, a creare una cinta intorno ai campi e a fornire i mezzi necessari all’operazione. Il bilancio, secondo stime difficilmente verificabili, sarà di circa 3.000 vittime. Una grande manifestazione di protesta in Israele porta alla creazione di una commissione d’inchiesta che attribuisce ad Ariel Sharon la responsabilità del massacro, costringendolo a dimettersi da ministro della Difesa. Il 16 dicembre dello stesso anno, l’Assemblea generale delle Nazioni Uniti, nel condannare nel modo più assoluto il massacro, conclude “che il massacro è stato un atto di genocidio’’.
La commissione di inchiesta israeliana Khan giudicò il Ministro della Difesa dello Stato di Israele, Ariel Sharon, responsabile dell’accaduto.
La foto in basso a destra
Questa è una delle foto più discusse e controverse. Alcuni sostenevano che fosse un bambino di Gaza, ma la foto venne diffusa nell’aprile del 2014 da un account Twitter siriano che sosteneva di essere vicino al gruppo Free Syrian Army. Non vi è alcuna certezza in merito, sia in Siria che all’estero ancora si dubita della veridicità della foto: da una parte sostengono che sia vera, dall’altra che sia una foto diffusa per screditare il gruppo Free Syrian Army.
Nel tweet il seguente testo:
Our youngest hostage from among the hostile sects of Kessab
Secondo il tweet la foto sarebbe stata scattata a Kesab, un villaggio del governatorato siriano di Latakia ai confini con la Turchia. La maggior parte della popolazione del governatorato è di religione alawita e comprende anche minoranze cristiano-armene. La popolazione di Kesab era per il circa 70% di origine armena, e questo avvalerebbe la possibilità che si tratti di un bambino cristiano.
Già nel 2013 ci fu un’avanzata da parte delle forze nemiche del governo siriano, dove vennero uccisi numerosi alawiti. Poco tempo prima della pubblicazione di quel tweet era iniziata la battaglia di Kesab, conclusasi il 15 giugno 2014 con la vittoria delle forze governative siriane.
Conclusioni
Google Images o altri servizi di ricerca non sono fonti sicure di informazione, perché in fin dei conti i motori di ricerca non fanno altro che prendere le informazioni fornite dagli stessi siti che le pubblicano. Come nel caso della foto in basso al centro, molti siti l’hanno utilizzata per raccontare il massacro dei profughi palestinesi, ma in realtà l’origine è un altra. Basta che un sito identifichi una foto per un fatto in particolare che prima o poi il motore di ricerca lo collegherà di conseguenza.
Nessuno mette in dubbio i massacri e le barbarie compiute nel mondo, che siano essere dettate da credi religiosi o da fattori politici. Se si vuole raccontare un episodio o parlare di un determinato argomento si deve, per amor di verità, riportare fotografie strettamente collegate al caso trattato. Sfruttare certe foto e decontestualizzare la loro veridicità, falsandone la storia e soprattutto per fare propaganda politica, è irrispettoso nei confronti delle vittime ritratte. Vittime con una propria storia e che meritano dignità.
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