Ci segnalano i nostri contatti il seguente articolo, relativo ad una non meglio precisata “pensione da profugo” che, già leggendo l’articolo, si rileva essere la diversa pensione di invalidità, infarcita peraltro di “dubbi” di questo tenore:
Con la sentenza firmata anche da Mattarella, la Consulta stabilisce che anche gli immigrati senza la carta di soggiorno hanno non solo diritto alla pensione ma anche alle indennità accessorie. La vicenda apre ora una voragine. Quanti sono, infatti, gli stranieri senza carta di soggiorno, ma legalmente presenti in Italia, che nei prossimi mesi faranno domanda all’Inps per godere della pensione di invalidità? Non solo. C’è, infatti, un atro problemino: non è necessario che sia stata contratta o diagnosticata in Italia. Quanto costerà questo scherzetto alle casse dell’istituto di previdenza? La sentenza potrebbe incidere pesantemente sui conti già traballanti dell’istituto pubblico.
Questo capoverso contiene infatti da un lato un errore, dall’altro un’affermazione del tutto irrilevante e artatamente esibita per fomentare uno scandalo inesistente.
Le vere ragioni della sentenza 27 febbraio 2015, n.22 della Corte Costituzionale (organo collegiale ricordiamo, e già questo basti per rendere apodittico ed infondato ogni riferimento al Presidente della Repubblica) sono infatti correttamente esplicate nel testo della stessa, liberamente reperibile in diverse banche dati (tra cui quella dell’ASGI).
La sentenza risulta essere massimata (il “riassunto” a titolo di studio ed elaborazione giurisprudenziale) così:
E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 80, comma 19, L. 388/00 nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti della pensione di cui all’art. 8 L. 66/62 (pensione del cd cieco civile ventesemista) e dell’indennità di cui all’art. 3, comma 1, L. 508/88 (indennità di accompagnamento del cd cieco civile ventesemista). Stante infatti la natura di detti benefici – intrinsecamente connessi alla necessità di assicurare a ciascuna persona, nella più ampia e compatibile misura , condizioni minime di vita e di salute – non può essere giustificata, nella dimensione costituzionale della convivenza solidale, una condizione ostativa, inevitabilmente discriminatoria, che subordini la fruizione di detti benefici al possesso della carta di soggiorno.
Si tratta pertanto, come citato dalla stessa parte motiva del dispositivo, di esigenze ben specifiche. Riporta la sentenza infatti:
specifiche provvidenze di carattere assistenziale – inerenti alla sfera di protezione di situazioni di inabilità gravi e insuscettibili di efficace salvaguardia al di fuori degli interventi che la Repubblica prevede in adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà (art. 2 Cost.) – verrebbero fatte dipendere, nel caso degli stranieri extracomunitari, da requisiti di carattere meramente “temporale”, del tutto incompatibili con l’indifferibilità e la pregnanza dei relativi bisogni: i quali requisiti ineluttabilmente finirebbero per innestare nel tessuto normativo condizioni incoerenti e incompatibili con la natura stessa delle provvidenze, generando effetti irragionevolmente pregiudizievoli rispetto al valore fondamentale di ciascuna persona.
Siamo di fronte non già a “pensioni da profugo”, ma a casi limite, come il caso del cieco completo.
Comprenderete bene come il dubbio se l’individuo di cui trattasi fosse cieco al momento della partenza, dell’arrivo, prima o dopo è una questione del tutto irrilevante: siamo di fronte ad una patologia gravemente invalidante che, senza il ricorso agli inderogabili doveri di solidarietà di cui all’articolo 2 Costituzione, condannerebbe un soggetto con la sola colpa di essere “clandestino” letteralmente a lasciarsi morire.
Un cieco privo di assistenza e strumenti (nonché della possibilità di procurarsene) ed abbandonato alla sua condizione è infatti incapace di far fronte alle minime esigenze della vita: ed a prescindere dal dibattito ancora in corso sul c.d. “Reato di clandestinità” la sanzione per lo stesso non può essere l’abbandono in una condizione di disagio potenzialmente esiziale!
Ricordiamo inoltre che nella parte motiva, tra le fonti normative esaminate dalla Corte Costituzionale, oltre alla Costituzione stessa compare anche l’articolo 14 della Convenzione Europea per i Diritti del’Uomo, fonte sovranazionale cui siamo tenuti al rispetto non solo eticamente, ma giuridicamente parlando.
Nello specifico:
Art. 2 Cost.:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3 Cost.:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 10 Cost. (Commi 1 e 2) L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Art. 32 Cost. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Art. 38 Cost. Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L’assistenza privata è libera.
Art. 117 comma 1 Cost.: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Art 14 CEDU: Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione.
Dalle norme poste alla base del decisum della corte ne consegue che:
Non si tratta dunque di “pensioni per gli immigrati”, ma di quanto ritenuto dalla Corte indispensabile per non condannare un non vedente, se non a morte certa, quantomeno ad un’esistenza di miseria, mendicità e malattia, priva di dignità umana.
E, francamente, non lo scrivente non vede motivi di doglianza: né dal punto di vista giuridico, né umano.
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