Da alcuni giorni circola questo articolo dal sito Multiplayer.it:
Apple è decisamente preoccupata di una legge che sta per essere calendarizzata al senato italiano e che le renderebbe impossibile vendere i suoi apparecchi di punta, iPhone e iPad, sul nostro mercato. Stiamo parlando del disegno di legge 2484, conosciuto come anti-Apple, che vede come primo firmatario Stefano Quintarelli del gruppo di maggioranza Civici e Innovatori (ex-Scelta Civica). A preoccupare è particolare l’articolo quattro, che dice (per il disegno di legge completo, cliccate qui):
Art. 4.
(Libero accesso a software,
contenuti e servizi)
1. Gli utenti hanno il diritto di reperire in linea, in formato idoneo alla piattaforma tecnologica desiderata, e di utilizzare a condizioni eque e non discriminatorie software, proprietario o a sorgente aperta, contenuti e servizi leciti di loro scelta. Gli utenti hanno il diritto di disinstallare software e di rimuovere contenuti che non siano di loro interesse dai propri dispositivi, salvo che tali software siano previsti come obbligatori da norme imperative o siano essenziali per l’operatività o per la sicurezza del dispositivo, delle reti pubbliche di comunicazioni alle quali si connette o dei dati gestiti dal dispositivo. È comunque vietata ogni disinstallazione effettuata al solo fine di consentire al dispositivo di funzionare in violazione di norme imperative.2. I diritti di cui al comma 1 non possono essere in alcun modo limitati o vincolati all’acquisto o all’utilizzo di alcuni software, contenuti o servizi, salvo che gli stessi non rientrino nei casi previsti dal medesimo comma 1, da parte dei gestori delle piattaforme mediante strumenti contrattuali, tecnologici, economici o di esperienza utente.
In pratica, se la legge passasse, in Italia sarebbe vietata la vendita di apparecchi che non consentono agli utenti di scegliere quale tipo di software installare, se proprietario od open source. Com’è risaputo, i sistemi di Apple sono chiusi e permettono di installare software open source solo con pratiche considerate illegali come il jailbreak, che oltretutto invalida la garanzia.
In realtà le probabilità che la legge sia approvata sembrano essere molto limitate, visto che la maggioranza del PD, in particolare l’ala renziana, si è già dichiarata contraria, nonostante alcuni la considerino giusta, come Sergio Boccadutri che però non la vede applicabile a una sola nazione: “Il fine della legge può apparire giusto, ma se applicata solo in Italia può produrre una distorsione di mercato enorme e incomprensibile. Sarebbe più corretto attendere la definizione di regole precise europee, perché i servizi digitali non hanno confini nazionali. Altrimenti, è come se avessimo deciso da soli di annullare il roaming soltanto in Italia”.
Rimane il fatto che sia già stata votata alla Camera dei Deputati e che, dopo essere apparentemente finita su un binario morto, è invece pronta per la calendarizzazione al senato.
L’articolo prende spunto dal Corriere della Sera che aveva lanciato la notizia.
Dopo alcune ricerche eseguite è possibile rendersi conto che le cose non stanno proprio così.
L’Onorevole Stefano Quintarelli ha sì presentato il disegno di legge citato sopra, ma ciò non ha nulla a che fare con l’impedire la vendita di dispositivi che utilizzino software proprietario nativamente.
La spiegazione è molto semplice. Questo disegno di legge permette di avere una maggiore tutela nel caso in cui una casa produttrice di dispositivi o software, attraverso inganno o frode, renda inutilizzabile il suo prodotto (o utilizzabile in parte) e quindi arrechi un danno al consumatore.
In questo caso, il consumatore stesso ha il diritto di segnalare l’anomalia presso l’autorità e seguire un percorso più semplice ed economico.
Qui di seguito, l’articolo del sito Hardware Upgrade, con intervista all’Onorevole Quintarelli:
Qualche giorno fa aveva generato forte scalpore la notizia di una proposta di legge, già passata alla Camera e in calendarizzazione al Senato, dell’Onorevole Stefano Quintarelli sulle “Disposizioni in materia dei servizi della rete internet per la tutela della concorrenza e della libertà di accesso degli utenti”. In questo caso, l’articolo 4 del decreto legge, dichiara come “Gli utenti hanno il diritto di […] utilizzare a condizioni eque e non discriminatorie software, proprietario o a sorgente aperta, contenuti e servizi leciti di loro scelta”. Non solo perché si dice anche che gli stessi utenti abbiano “[…] il diritto di disinstallare software e di rimuovere contenuti che non siano di loro interesse dai propri dispositivi”. Ma va letto in congiunzione con l’articolo 6, cosa che non ha fatto nessuno.
Questo aveva da subito creato un forte allarmismo, soprattutto creato dalla fonte della notizia, con la preoccupazione di un vero e proprio bando degli iPhone e degli iPad con sistema operativo iOS che sappiamo essere quanto mai “chiuso” nei confronti degli utenti e ben poco compatibile con altri sistemi informatici. In questo caso però l’interpretazione e la comprensione del testo di legge sono state poco corrette e per riuscire ad avere una più completa ma soprattutto trasparente visione circa gli obiettivi e il reale significato della stessa abbiamo contattato l’On. Stefano Quintarelli, fautore del decreto legge, che ringraziamo in anticipo per la disponibilità accordataci.
Innanzitutto abbiamo chiesto a Quintarelli su cosa realmente verte la proposta di legge, visto il fraintendimento che vi è stato nei scorsi giorni.
“In un mondo che prima prevedeva solo le norme antitrust per poter sanzionare eventuali abusi ad un certo punto si è pensato che le norme antitrust non fossero adeguate per sanzionare eventuali comportamenti discriminatori che i gestori delle reti avessero nei confronti di chi dalle reti dipende. Da qui si è innescato il concetto della Net Neutrality con delle sanzioni diverse dall’antitrust con dei percorsi di valutazione diversi da quelli dell’antitrust con questo fine. Quindi prima c’era l’antitrust e poi è entrato un meccanismo diverso. Ora la stessa cosa la propongo per i device, quindi un percorso diverso rispetto all’antitrust per andare a sanzionare eventuali discriminazioni. L’obiettivo della proposta di legge è quello di offrire un percorso semplice di sanzione nel caso discriminazioni che non siano giustificate rispetto a questioni tecniche ad esempio. Cioè discriminazioni dolose che causino un danno al consumatore. Se tali discriminazioni dolose si verificassero si può [con la nuova legge in proposta] seguire un percorso diverso da quello antitrust; più semplice, breve ed economico. Altrimenti bisogna seguire un percorso antitrust che tipicamente va a finire a Bruxelles e dura 10 anni e costa milioni di euro. Quindi chiunque gestisca una piattaforma Apple, Nintendo, Microsoft ecc. possono continuare a fare quello che fanno oggi senza problemi, però nel caso venga effettuata una discriminazione dolosa che porti un danno ai consumatori, possono essere sanzionate economicamente, ovvero ricevere una multa. Ricordo che già oggi i più costosi e lunghi procedimenti antitrust possono arrivare ad imporre sanzioni anche assai più drastiche, come ad esempio cessioni di parte di azienda, scorpori, cessioni di pratiche commerciali, ecc.”.
In questo caso dunque non vi è assolutamente alcuna volontà di bandire iPhone o altri prodotti Apple o magari di altri produttori come inizialmente l’articolo del Corriere aveva paventato. E’ palese però che se un produttore di software come anche di dispositivi, impedisca dolosamente l’utilizzo di un determinato software o un servizio o un’applicazione per la quale il consumatore aveva acquistato il prodotto e dunque subisca un danno rispetto alle promesse di vendita, allora i consumatori potrebbero segnalare l’evento all’Autorità che aprirebbe un’istruttoria al cui esito potrebbe decidere di applicare una sanzione economica (peraltro appellabile al TAR).
Qualcuno ha ritenuto che non si dovrebbe intervenire con una norma nazionale quando è già presente un regolamento dell’Unione Europea. Abbiamo dunque chiesto direttamente all’On. Quintarelli cosa pensa di queste affermazioni.
“Il regolamento europeo riguarda solo la parte di rete. Il considerando 7 prevede esplicitamente il fatto che ci possano essere degli interventi interiori nazionali. La sentenza della Corte di Giustizia europea dice che intervenire localmente è vietato se si cela l’origine europea di una norma ma in più il regolamento europeo non è dotato di un apparato sanzionatorio per cui ci sono le regole ma non ci sono le multe. Con la mia proposta di legge si introducono le multe. Legittimo che un’azienda ritenga che sia meglio che non ci siano multe nel caso di suoi comportamenti sbagliati. Chiaramente un’azienda fa il suo interesse. Io penso che debba esserci anche la sanzione”.
L’On. Quintarelli ha voluto poi ribadire il fatto che la notizia, apparsa per prima sul Corriere della Sera, sia stata poco corretta:
“E’ una grande “fake news”. Hanno detto delle cose sbagliate e false sul fatto del passaggio in sordina alla Camera e sul fatto che gli iPhone saranno inutilizzabili se non con il jailbreak. E’ tutto falso. Io ho chiesto una rettifica al Corriere nella giornata di sabato che ad oggi non è ancora uscita”.
Dunque la preoccupazione sul “bando” per gli iPhone o a qualsiasi altro smartphone è assolutamente scongiurato. Anzi non è mai esistito. Quello che invece si vuole fare con la nuova proposta di legge dell’On. Quintarelli è di accorciare i tempi per possibili sanzioni in caso di discriminazioni e soprattutto introdurre queste sanzioni, che al momento possono avvenire solo in casi eccezionali. Insomma il consumatore, se il decreto legge passasse, non avrebbe altro che qualche tutela in più nei confronti delle grandi aziende tecnologiche.
In conclusione, qualora questa legge dovesse entrare in vigore, sarà semplicemente una protezione in più per i consumatori e renderà più veloci le pratiche di sanzione a tutte le aziende produttrici di software, che – secondo il testo – praticano azioni discriminatorie a danno dei consumatori stessi. Una sorta di agevolazione in più all’Antitrust. Nessun iPhone o iPad sarà illegale.
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