I gestori e i lavoratori delle discoteche sono infuriati e con questo articolo cercheremo di spiegare perché, a nostro avviso, hanno ragione da vendere, e siamo consapevoli di andare contro il “senso comune” dell’opinione pubblica, ma alcuni video che girano sui social rientrano nel fact-checking di ciò che ci è stato segnalato o in una “prima analisi di fact-checking” che va compresa.
Al momento in cui scriviamo non c’è ancora una data certa per la riapertura dei loro locali. Il Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2021 si è concluso con l’ennesimo nulla di fatto e ha prodotto l’ennesimo rinvio, e sono trapelate voci relative alla possibilità di erogare dei ristori che possano compensare le perdite subite dal settore. Forse la variante Delta sta (giustamente) impensierendo il Governo, il CTS e la popolazione intera. Quando però si sente dire che le discoteche (all’aperto) devono rimanere chiuse perché “vi ricordate la scorsa estate cosa è successo ?” (se concordate con questa affermazione vi chiediamo la cortesia di leggere tutto l’articolo prima di esprimere un giudizio), vengono più o meno colpevolmente a galla alcune lacune nella conoscenza di ciò che è l’attuale definizione di “Movida”, ma procediamo con ordine: già prima del Covid, le discoteche erano diventate una “porzione” di Movida, da anni non erano più il luogo “sacro” dove i giovani si riversano ogni sabato notte e, diciamolo, forse anche per colpa loro. In tempi di Covid, chi pensa che tenerle chiuse equivalga a mettere al sicuro la popolazione giovane dalla circolazione del virus, probabilmente si sbaglia di grosso. Va capito se si sbaglia perché ha una visione obsoleta del mondo della notte, ignorando che gli anni ’90 sono passati da un pezzo, oppure se sa di sbagliare ma ha bisogno di un capro espiatorio. In entrambi i casi sarebbe grave.
Stando alle indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico, le discoteche potranno riaprire (non si sa ancora quando) solo con Green pass, solo all’aperto e con la capienza ridotta del 50%. Potrebbero essere davvero tra i luoghi in assoluto più sicuri al mondo, ma c’è qualche criticità che non va trascurata: i più giovani non sono ancora tutti vaccinati, non perché siano novax, ma perché stanno aspettando il loro turno. Se poi dovesse essere rivisitata la modalità di rilascio del Green Pass (l’ipotesi è quella di rilasciarla dopo la seconda dose e non più dopo 15 giorni dalla prima), la percentuale di giovani in possesso dello stesso si abbasserebbe ulteriormente. Ci sono i tamponi rapidi, ma logisticamente potrebbero essere una complicazione: il pass conseguito col vaccino sarebbe indubbiamente molto più pratico ma, appunto, ce l’hanno ancora in pochi.
Ma ciò che sta facendo più infuriare gli operatori del settore è quanto di fatto sta accadendo su tutto il territorio nazionale: una miriade di situazioni nelle quali, di fatto, si balla senza dover esibire un bel nulla, talvolta perfino al chiuso, senza mascherina e senza alcun controllo. Instagram pullula di storie che lo documentano. Dal suo profilo Facebook, Maurizio Pasca, presidente del SILB (Associazione Italiana Imprese di Intrattenimento da Ballo e di Spettacolo), quasi quotidianamente pubblica video e immagini che documentano la movida selvaggia e incontrollata. Ecco alcuni dei suoi post di denuncia, dal contenuto inequivocabile. Vi proponiamo qualche post, giudicate voi:
A nostro avviso, il problema non è l’approccio verso la gestione della pandemia, che è bene rimanga prudenziale fino a quando non vi sarà la ragionevole certezza di poterci tornare a divertire in piena sicurezza, ma ci sono degli aspetti controversi che non possono essere ignorati, e che talvolta sfociano in vera e propria ipocrisia, producendo situazioni oggettivamente ingiuste, per non dire irrazionali. Inoltre, si corre il rischio di far passare più di un messaggio sbagliato: il primo è che in Italia venga premiato chi non rispetta le regole. Il secondo è di fatto un disincentivo alla vaccinazione. C’è il concreto rischio che i più giovani si convincano che il Green Pass alla fine non serva a nulla e che quindi dicano: “chi me lo fa fare?”.
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