“Di ventotto ce ne è uno”: perché esiste il Febbraio bisestile
Trenta giorni ha Novembre, con April, Giugno e Settembre: di ventotto ce ne è uno, tutti gli altri ne han trentuno, recita una filastrocca che insegniamo ai nostri bambini per imparare i mesi dell’anno.
Tranne ovviamente quando si parla del Febbraio bisestile, che di giorni ha 29, una volta ogni quattro anni (e per gli anni “secolari” se divisibili per 400). Cosa che ha una spiegazione del tutto logica: esiste un anno “civile” e un anno “astronomico”.
Esiste una differenza tra convenzioni e realtà. Dove le convenzioni sono quello che creiamo per semplificarci la vita.
“Di ventotto ce ne è uno”: perché esiste il Febbraio bisestile
Un anno è il tempo in cui la Terra compie una rivoluzione completa intorno al Sole. Se volessimo quindi essere pignoli non faremmo durare un anno 365 giorni, bensì 365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 9,54 secondi.
Enfasi sui 9,54 secondi, cosa che renderebbe i nostri calendari qualcosa di complesso e tenere traccia del tempo trascorso un’impresa da matematico.
Per questo abbiamo un “anno civile” di 365 giorni, punto. Facili da contare, facili da archiviare, non c’è bisogno di dedicarsi al mistero delle circa sei ore sparite.
Già Giulio Cesare nel 46 avanti Cristo si rese conto però che vi era un errore nel Calendario Numano, il calendario precedente valido a Roma, da 355 giorni che si diceva derivato da Numa Pompilio che a sua volta aveva corretto il calendario usato da Romolo. Un problema che rendeva, ad esempio, distorte le date di solstizi ed equinozi (dato che c’era un errore progressivo nelle date).
Si rivolse ad un tale Sosigene di Alessandria per farsi fare un calendario riveduto e corretto e calcolare l’errore accumulato, precedentemente risolto con l’introduzione arbitraria di un mese addizionale, il “Mercedonio”.
Nacque il calendario Giuliano, declinato ora in 365 giorni come il nostro e con un anno bisestile ogni quattro anni, dove si aggiungeva un giorno nel sesto giorno prima di marzo, posizionato dopo il 24 febbraio.
Anche così, e complice qualche altro erroretto, si andò a finire con un calendario che avrebbe perso colpi ogni 128 anni circa.
Nel Medioevo dapprima si spostò il “giorno bisesto” il 29 febbraio, quindi dopo il 28, e poi Papa Gregorio corresse quel piccolo errore di “quasi dieci minuti” introducendo l’anno bisestile negli anni divisibili per quattro e non in quelli divisibili per cento, a meno che non siano divisibili per 400, cosa che ha reso 2000 bisestile ma non il 1900 per esempio.
Nel febbraio del 1582 si decise che da ottobre dello stesso anno sarebbero stati cancellati dieci giorni per correggere quell’errore originario, passando così dal 4 al 15 Ottobre.
Altri problemi risolti derivarono dal cercare di convincere le popolazioni rurali e devote che i Santi erano perfettamente in grado di funzionare anche con un nuovo calendario, e quindi non avrebbero cessato di fare miracoli e intercedere coi fedeli confondendosi coi nuovi giorni.
Ai tempi nostri si registrano come conseguenze permanenti lo scollamento liturgico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa e come nel 2016 l’Arabia Saudita sia passata dal calendario islamico a quello gregoriano, scontando i giorni di differenza sui lavoratori.
Foto di Copertina: Anno bisestile con calendario di legno di sofyabolotinaphotos per Canva
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