I derivati climatici o weather derivatives, sono strumenti utilizzati dalle società per tutelarsi da rischi legati al clima, poiché il valore del derivato dipende da un indice che misura un aspetto ad esso legato come la temperatura media in un mese, la quantità di piogge caduta, etc… Per capire al meglio il funzionamento di questi strumenti facciamo un esempio.
Immaginiamo di produrre e vendere acqua minerale. Naturalmente le temperature alte favoriscono il nostro business e fanno aumentare i ricavi; al contrario le temperature basse li riducono. Per tutelarci da questo rischio potremmo sottoscrivere un contratto secondo il quale per ogni grado inferiore alla media stagionale ci viene pagata una somma di denaro; allo stesso tempo per ogni grado di temperatura superiore alla media siamo noi a pagare una somma di denaro. Così facendo il rischio di basse temperature è stato eliminato. In realtà, questo semplice esempio fa riferimento ad un fatto realmente accaduto. Infatti, nell’agosto del 2003, Banca Popolare di Sondrio e Fonte Tavina S.p.A. (società produttrice di acqua minerale) stipularono un contratto simile a quello sopra descritto.
Questi strumenti, che appaiono simili ad una semplice assicurazione, sono in realtà molto diversi. La differenza più grande è nel tipo di evento che assicurano. Le assicurazioni coprono eventi catastrofici e improbabili; viceversa questi derivati coprono eventi a basso rischio che influenzano i ricavi di una società (basse temperature).
Il mercato dei weather derivatives è un mercato destinato a crescere. Società come Enel vi fanno ricorso per proteggersi da fattori meteorologici che condizionano la produzione ed il consumo di energia. A questo punto è doveroso chiedersi: possono questi contratti salvaguardare la redditività di tutte le aziende che sono esposte a rischi climatici?
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