Ci segnalano i nostri contatti l’attacco a Dante di una rivista tedesca.
Siamo abituati al dissing nell’arte contemporanea. Dove per dissing si intende la sfida rap tra cantanti che fanno a brandelli le loro rispettive carriere in gare di insulti a metà tra l’opera d’arte e la scherma a insulti di Monkey Island.
Ma al dissing postumo tra accademici che si scontrano su Dante Alighieri nel giorno a lui dedicato, il #Dantedì, beh, questo no.
Eppure in tempi in cui l’elevata litigiosità social tracima anche nel mondo reale, fa notizia nel #Dantedì l’attacco a Dante di una rivista tedesca.
In un probabile tentativo dell’esercizio letterario del “dibattito”, arte già affrontata su Bufale.net che consiste nel prendere una posizione scomoda e controversa e autonominarsi “avvocato del Diavolo” per proporla nel momento in cui più difficile risulta porla, ecco che il fondatore Frankfurter Rundschau, il traduttore Arno Widmann porta il suo attacco a Dante.
La sua teoria? Dante non è il “Padre della Lingua Italiana”, titolo che per lui spetta ai Trovatori Provenzali, col Francese prima vera lingua artistica degli Italiani. La “donna dello schermo” apparteneva alla tradizione provenzale, come anche la letteratura precedente di molte religioni aveva personaggi che andavano nei regni ultraterreni, come Maometto.
Nel resto del testo Dante viene sostanzialmente descritto come un egocentrico che ha sognato raggiungere Virgilio, si è sostituito a Dio nell’amministrare punizioni, castighi e premi, ha ignorato la sua famiglia dove i Luterani l’avrebbero glorificata e non è degno delle lodi tributate da poeti come Elliot.
Eppure aveva anche dei difetti, potremmo osare dire citando un meme molto famoso.
Il ministro della Cultura Dario Franceschini ha voluto replicare alle parole del quotidiano tedesco con un tweet, proprio citando Dante: «Non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
Non abbiamo le ambizioni letterarie del Frankfurter Rundschau, ma il meme di replica ci sembra piuttosto adatto.
La lingua della poesia era il Provenzale?
Proviamo a vederla da un altro punto di vista: “Dante Padre della Lingua Italiana” significa “Dante Padre della Lingua Italiana”, non “Padre della Produzione Artistica del momento”.
Quindi sì, questa accusa tende a mancare il punto, e anche di molto. Nessuno ha mai negato l’enorme debito di Dante con la cultura provenzale, ma l’importanza irrinunciabile della Commedia è dimostrata dal peso attribuito al poema dantesco nella compilazione del primo Vocabolario degli Accademici della Crusca. Poiché il numero di citazioni della Commedia supera di gran lunga quello di qualsiasi altra opera e poiché è evidente che l’influenza di un vocabolario sullo sviluppo storico di una lingua è senz’altro superiore a quello di ciascuna singola opera, ne risulta dimostrata la centralità del poema per la coscienza linguistica e letteraria italiana.
E sarebbe bastato un giretto su Wikipedia per appurarlo, se non lo studio del citato testo.
Dante Alighieri ha sostanzialmente usato la Divina Commedia per togliersi sassolini dalle scarpe? Ovviamente l’ha fatto, lo sappiamo tutti.
La Divina Commedia è precisamente la prima “Revenge Fic” della storia, quel genere letterario di cui Wattpad e Fanfiction.net sono pieni in cui il ragazzino o la ragazzina di turno fa morire male quelli che gli stavano sul sedere.
Anche qui, abbiamo scoperto sostanzialmente l’acqua calda, e nondimeno il fatto che la componente autobiografica nella Divina Commedia sia preponderante lo rende una raffigurazione dei suoi tempi.
Per finire, ovviamente Dante non è stato il primo ad immaginare un viaggio ultraterreno. Oltre al citato “viaggio di Maometto” abbiamo avuto “la navigazione di san Brandano”, la “Visione di Tnugdalo”, il “Purgatorio di San Patrizio” e, per tutto il Medioevo siamo stati sommersi di Santi e Poeti convinti di poter terrorizzare o emozionare l’uditorio con le descrizioni dei terrori Infernali e dei premi Paradisiaci.
Ci sono stati anche i Cavalieri dello Zodiaco all’altro mondo, possiamo ancora parlare di plagio?
Sostanzialmente esprimiamo dubbi sul dissing, e proponiamo di proseguire le celebrazioni.
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