Sì, ne ha parlato L’Espresso e con questo approfondimento vogliamo rendere grazie a Giandomenico Crapis, autore del pezzo, per questa illuminazione che ora riproponiamo ai nostri lettori. C’è poco da sorprendersi sull’odio, visto che lo stesso ha mosso guerre, ha tagliuzzato popoli, ha sterminato famiglie e ha più volte spostato l’asse della storia. L’odio social-e, tuttavia, ha un antenato di cui probabilmente le nuove generazioni – per loro fortuna – sono all’oscuro. Il nostro servizio, oltre a operare nel fact checking e nel debunking, si presume indirizzato anche verso la divulgazione della non-ostilità della comunicazione.
Gli amici di Spazio70 hanno dedicato diversi articoli al baracchino, che non è la pietanziera che gli operai portavano con sé per tenere protetto il pasto da consumarsi durante la pausa pranzo. Il baracchino era una ricetrasmittente, chiamata simpaticamente radiotelefono che nei primi anni ’70 metteva in comunicazione tanti utenti che si collegavano alla rete cittadina che viaggiava sulla frequenza 27 MhZ e così, tra loro, comunicavano anche degli argomenti più leggeri. Inevitabile, per noi internauti, definire il mondo dei baracchini CB (Citizen’s Band) a quello dei social network. I canali, infatti, somigliavano tanto alle odierne stanze e alle chat.
Seppur non ci fosse la possibilità di intervenire contro utenti disturbatori esisteva comunque un decalogo. Sì, perché anche allora esistevano i troll – detti Querremmatori (da QRM: disturbo secondo il decalogo) utenti che ripetutamente gridavano “break al canale!” (la formula usata per richiedere l’accesso) e intervenivano solamente per creare scompiglio, imponendosi con la prepotenza. A quel punto gli utenti più esperti, con determinati dispositivi (barre mobili, in termine tecnico) passavano all’incontro verticale, ovvero riuscivano ad individuare i disturbatori e ad incontrarli. Scrive Spazio70:
Spesso il risultato è sorprendente. Dietro voci minacciose e imponenti si celano timidi ragazzini impauriti. Dietro goliardiche esternazioni infantili si scoprono stimati professionisti e padri di famiglia. Proprio come nelle chat del nuovo millennio ma con maggiori possibilità di annullare le distanze. Quasi sempre questi incontri si risolvono con una stretta di mano e un caffè al bar. Qualche volta ci scappa pure la minaccia e nei casi più turbolenti si può finire con la scazzottata.
Appurato che già nei tempi del baracchino CB esistevano dei GocceDiLuna ante litteram, o antenati di Q dal lezzo nazionalista, con Radio Parolaccia l’Italia rovesciò il suo ventre aprendo i microfoni verso personaggi capaci di odiare senza vergogna, e di comunicarlo con forza.
Nel 1986 Radio Radicale, visti i bilanci, annunciò la chiusura. I costi di gestione erano diventati insostenibili e per questo l’emittente decise di sospendere le trasmissioni per protesta e di mettere a disposizione trenta segreterie telefoniche per raccogliere i messaggi degli ascoltatori a una sola condizione: non si doveva superare il minuto di durata. L’indomani questi messaggi sarebbero stati mandati in onda. Se da una parte arrivarono le opinioni sulle trasmissioni, dall’altra arrivò l’odio nella sua forma più deliberata.
Chi segue La Zanzara ricorda l’intermezzo del tassista che lamenta l’indignazione dei clienti che, mentre ascolta il format di Giuseppe Cruciani e David Parenzo, gli chiedono: “Ma che è, Radio Parolaccia?”. Ecco, nacque tutto quel 10 luglio 1986. Le segreterie di Radio Radicale si ritrovarono con una tonnellata di voci di italiani che bestemmiavano, imprecavano contro i meridionali e gli extracomunitari, insultavano le donne e si lasciavano andare in vere e proprie dichiarazioni di violenza contro chiunque.
Sono messaggi che di radicale possiedono solo le incredibili modalità espressive, messaggi d’amore, di tifo sportivo, invettive e insulti di vario genere, inni al fascismo o perfino al nazismo, ingiurie contro neg*i, ebrei, fro*i, meridionali terroni, nordisti polentoni. Poi c’è chi canta, chi registra una filastrocca, chi bestemmia, chi finge un orgasmo, chi manda affanc**o, chi parla a capocchia, chi invoca i forni crematori, chi protesta per quelle stesse telefonate, chi si fa pubblicità, chi soffre per un amore perduto e chi s’offre per un amore mercenario.
Per questo il 14 agosto 1986 un decreto di sequestro tentò di bloccare il fenomeno in quanto quegli ascoltatori commettevano il reato di vilipendio e apologia del fascismo. Il canale YouTube di Radio Radicale ripropone alcuni frammenti.
L’iniziativa fu ripetuta nel 1991 e nel 1993, con gli stessi risultati. Dapprima attraverso i baracchini CB e in secondo luogo sulle segreterie di Radio Radicale, l’odio e l’ossessione di trollare e disturbare il prossimo specie se appartenente a determinate categorie invise all’odiatore è una realtà tutt’altro che nuova.
La libertà e l’arroganza con le quali gli hater di oggi infettano/infestano la rete, semplicemente, oggi sono sotto i nostri occhi. Un tempo, senza un apparecchio radio né un telefono sempre a disposizione, questa fotografia dell’Italia ci sarebbe scivolata addosso. Probabilmente.
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