Curare la dislessia coi videogiochi? Questo è il contenuto di un video che ci è stato sottoposto, ma facciamo un discorso più ampio: la mente non è un muscolo, ma può essere allenata. Questo è corretto.
La dislessia è un disturbo che impatta la capacità di riconoscere le lettere, i segni dell’ortografia, le regole di conversione da grafemi a suono e la costruzione di singoli suoni in parole, in maniera automatica.
La riabilitazione è possibile, e riguarda software specifici e con metodi di tipo sub-lessicale che mirano ad automatizzare il rapporto tra sillabe e corrispondenze fonologiche: questo è indubbio.
Cosa c’entrano i videogiochi? C’entrano dal fatto che continuare ad allenare la mente aiuta.
Sappiamo già come alcune testate per l’educazione e l’intrattenimento del fanciullo, vedasi ad esempio Topolino, usano particolari font ad alta leggibilità per aiutare i discenti dislessici.
Un font a maggiore spaziatura e con caratteri riconoscibili aiuta la mente, come un leggero ma costante allenamento riabilita i muscoli. E per “riabilitare la mente”?
A parità di condizioni il dislessico farà sempre maggiore fatica nel leggere, e dovrà imprimersi una concentrazione maggiore. Ben venga dunque qualsiasi strumento che la concentrazione la alleni.
Ma costringere un bambino a specifici esercizi è il modo migliore per farglieli odiare: bisogna trovare qualcosa che piaccia a tutti e stimoli l’attenzione.
Secondo un recentissimo studio condotto da Bertoni e colleghi (Bertoni et al., 2024), questo qualcosa possono essere i videogiochi di azione.
Il motivo è evidente: per primeggiare in un gioco di azione devi mantenere la concentrazione per un periodo almeno lungo quanto la partita, focalizzandoti su quello che accade sullo schermo, sulle strategie e sulla lettura delle informazioni fornite a video.
Praticamente un videogame di azione prende una serie di esercizi di lettura, ascolto, reazione agli stimoli e te li trasforma, ad esempio, nelle avventure dei personaggi di Assassin’s Creed e nelle loro missioni ad alta adrenalina per sconfiggere nemici e fuggire dagli ostacoli.
Il ragazzino non lo sa, pensa a divertirsi, ma sta prendendo parte degli esercizi che il medico gli raccomanda di fare e ne sta facendo almeno parte quando è convinto di starsi svagando.
E questo in fondo va bene.
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