Poche ore, e Facebook è stata scossa dalla notizia dell’“infermiera spagnola positiva 24 ore dopo aver ricevuto il vaccino”.
Quel genere di notizia che se fosse vera, non avrebbe comunque alcuna implicazione.
Ma per gli antivaccinisti e i negazionisti COVID19 che, come abbiamo visto più volte, preferiscono cercare ossessivamente di darsi ragione più che cercare un’obiettiva indagine dei fenomeni, è stata una amara sorpresa.
Amara perché sono passati dall’additare i vaccinati come untori, in base alla riesumazione di una loro vecchia bufala, precedente la pandemia e mai del tutto spenta nonostante numerose smentite.
Il problema nasce tutto da una errata traduzione di El Pais, dal titolo “Una enfermera que vacunó contra la covid-19 en una residencia de Lleida da positivo por coronavirus”
Traducibile come
“Un’infermiera che ha vaccinato contro COVID19 in una residenza per anziani di Leida è risultata positiva al Coronavirus”
Nel senso, ovviamente di
“Un’infermiera che ha preso parte all’equipe di vaccinazione”
Cosa precisata nel resto dell’articolo, che precisa come a seguito del V-Day europeo, il 28 Dicembre sono iniziate le vaccinazioni di massa nelle residenze per anziani.
E una delle infermiere incaricate di portare a termine le vaccinazioni è risultata positiva al COVID19.
Il che non significa che sia stata vaccinata o che sia colpa del vaccino: il problema è che una donna, asintomatica o paucisintomatica abbastanza da non avvedersi dei sintomi, nell’intervallo tra un tampone e l’altro è venuta a contatto proprio coi pazienti fragili da vaccinare.
Nella sfortuna va tenuto conto di una serie di fattori evidenziati dalla testata: tutto il personale medico-sanitario era fornito dei necessari mezzi di protezione individuale, che, come abbiamo scoperto in questi mesi di pandemia, servono limitatamente a difendersi dal contagio ma in buona parte a non diffondere lo stesso.
Ad ogni buon conto, il resto del personale della struttura e gli anziani venuti a contatto con l’infermiera saranno sottoposti a tampone rapido e all’esito tampone di controllo e il programma di vaccinazione potrà proseguire.
Il problema è che alcune testate, e Fanpage ha ammesso l’errore, hanno inizialmente tradotto quel “l’infermiera che ha vaccinato” con “l’infermiera che è stata vaccinata”, scombinando quindi l’analisi logica del periodo e ribaltandone del tutto il senso.
Ma anche così la storia dell’infermiera spagnola positiva 24 ore dopo aver ricevuto il vaccino non avrebbe alcun senso logico.
Un vaccino è un vaccino, non una pozione magica o il curaferite di un Gioco di Ruolo Fantasy.
Come ricorda il Dottor Galli, una prima immunizzazione compare giorni dopo l’assunzione della prima dose, ma l’immunizzazione completa appare solo giorni dopo la seconda dose.
Ammettendo che un’infermiera abbia contratto il COVID19 24 ore dopo il vaccino questo non implicherebbe averlo contratto dal vaccino.
Vaccino a mRNA che ricordiamo non contiene il virus, ma l’equivalente della testa mozzata dello stesso esibita su una picca agli anticorpi per renderlo riconoscibile.
E anche per i vaccini tradizionali, essi contengono ricordiamo virus inattivati o fortemente debilitati, incapaci di infettare chicchessia.
Tampoco in 24 ore: risibile e prova di malafede da chi l’ha diffusa come presunta prova della pericolosità dei vaccini sarebbe pensare che un vaccino possa cagionare sintomi della malattia in un tempo inferiore alla malattia stessa.
Innanzitutto, abbiamo appurato che per somministrare i vaccini serve personale in grado di somministrarli che non finisca a combattere con la malattia nei giorni in cui ci serve attivo e in ospedale.
Si è quindi confermato che il personale sanitario dovrebbe avere priorità sulla distribuzione dei vaccini, per lo stesso motivo per cui un Vigile del Fuoco ha la necessità e il dovere di recarsi sul luogo dell’incendio con una tuta antifiamma ed un’autobotte.
Inoltre riapre potenzialmente il tavolo di discussione, già aperto da FNOMCeO in prossimità del V-Day, che almeno per il personale sanitario la vaccinazione potrebbe essere considerata sia un diritto che un dovere deontologico:
Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), parlando con l’agenzia Dire, ha dichiarato: «Vaccinarsi per gli operatori sanitari, specie per coloro che sono più esposti al rischio di contrarre il virus, non è solo un interesse per la salute personale, ma anche un dovere deontologico per non diventare veicolo d’infezione»
La storia ci insegna tre cose:
E questo è quanto possiamo dire sulla vicenda, chiudendola.
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