La recente frana al confine tra Francia e Italia ha riportato il termine stesso “frana” sulle cronache. Un termine in cui, in tempo di eventi climatici estremi, bisognerà abituarsi.
Ma partiamo con ordine: cos’è una frana, come è fatta e cosa può causarla
Secondo l’Enciclopedia Treccani una frana è un distacco dai versanti montuosi o in genere dai terreni in pendio, con conseguente discesa in basso, di masse spesso ingenti di materiali rocciosi.
In realtà ci sono diversi tipi di frana, e categorizzarli tutti diventa difficile e, per il lettore medio, odioso: ricorderemo dunque i principali. Le frane di crollo ad esempio, dove il distacco di una parete di roccia genera una reazione a catena su pareti ripide e scoscese, impattando su altra roccia e creando un effetto a rimbalzo. O le frane di scivolamento, dove vegetazione, alberi e terra “si staccano” dagli strati più profondi del terreno che non riescono a resistere scivolando rapidamente verso il basso. O le frane di colamento, dove terreni argillosi, fangosi e impregnati d’acqua scivolano giù a causa della viscosità, o gli smottamenti, frane superficiali derivate da alluvioni o eventi avversi.
Ad esempio la frana al confine con la Francia ha sia i caratteri del crollo che gli elementi visti nel colamento di un terreno impregnato dell’acqua di un clima impazzito tra l’alluvione e la siccità.
Tratti in comune a tutte le frane sono una potenza distruttiva elevata: immaginate un monte intero vi cada sulla testa e la comprenderete.
Solitamente una frana è composta da una nicchia di distacco, l’area da cui il crollo ha avuto origine, un alveo o pendio, la porzione del profilo montuoso che è stata coinvolta dalla caduta ed un accumulo, la zona dove si deposita il materiale crollato.
Per quanto le più note riguardino monti, è possibile che franino anche scogli o territori sottomarini
Un’infinità di fattori: uno di questi è il cambiamento climatico, che come visto col crollo sulla Marmolada, altera drasticamente le condizioni di luoghi in perfetta stabilità togliendo quei requisiti. I ghiacciai si ritirano, le piogge cadono incessanti o la siccità arde i terreni, e quindi i pendii diventano chiazze umide e tracimanti, o terre riarse dove la vegetazione non riesce a sorreggere la terra stessa, oppure picchi nevosi diventano lande irregolari di neve e ghiaccio pronta a cadere.
Ma anche la deforestazione: rimuovendo gli alberi e le loro radici si rimuove un’impalcatura naturale che dà solidità ai pendii.
Come indicato dai Vigili del Fuoco, possiamo distinguere tra “fattori predisponenti”, ossia fattori che creano situazioni favorevoli alla sua generazione, come la natura e la struttura del suolo, la pendenza dei versanti o l’inclinazione degli strati, e “fattori determinanti”, ossia fattori che danno il via al movimento franoso, quali le piogge, le infiltrazioni d’acqua nel terreno, i terremoti e simili.
C’è un’unica soluzione: prendersi cura dell’ambiente. Vigilare sugli effetti del mutamento climatico sui pendii, provvedere a rimboschire versanti disboscati, evitare di costruire indebolendo i versanti e ricordarci che non abbiamo un pianeta di riserva.
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