Siamo subissati di bufale sul codice della strada, e tutte quante hanno origine dall’uso dei test salivari per la marijuana e sostanze simili. È giusto porsi domande sul test, ma ci tocca ricordare preliminarmente il punto centrale della questione.
Quello che abbiamo già affrontato: nessuno “andrà in galera per un Brufen” o perderà la patente per un Brufen o una Tachipirina e le interazioni tra farmaci e guida di mezzi leggeri e pesanti, esattamente come era in passato potrete discuterle col vostro medico curante, ad esempio evitando di mettersi alla guida dopo aver assunto farmaci i cui effetti noti comprendono sonnolenza e riflessi rallentato (un sonnellino e un brodo caldo sono ottimi per ritemprare le forze a casa, molto meno se state guidando in superstrada).
Inoltre, fonti ministeriali ex pluris confermano che “I controlli tossicologici, infatti, non risulteranno positivi assumendo farmaci generici da banco”.
Solo per completezza, ricorderemo che eventuali falsi positivi potevano anche verificarsi in passato, con un emblematico caso del 2011 di una sanzione impugnata col conducente che aveva addotto di aver usato colluttori a base alcolica a ridosso del test (ovviamente, con prescrizione medica di tre sciacqui al giorno): c’entra ben poco quindi il vigente CdS.
Passiamo ora al piatto forte.
In primo luogo conosciamo i test usati da Carabinieri e Polizia, che negli ultimi anni (dal 2023, prima dunque dell’appuntamento col 2025 e prima del vigente Codice della Strada) hanno rispettivamente acquistato scorte di DrugWipe S, test monouso per la rilevazione di cannabis, oppiacei, cocaina, ketamina, benzodiazepine e anfetamine/metanfetamine (compresi MDMA/ecstasy), mentre la Polizia ha acquistato gli analizzatori portatili SoToxa di Abbot, tarati sulle medesime sostanze.
I due test presentano a giudicare dal materiale un cutoff, ovvero una sensibilità diversa, con SoToxa che si attiva a 25 nanogrammi per millilitro di THC e DrugWipe a 10 nanogrammi, cosa che potrebbe portare in futuro alla necessià di armonizzare i diversi corpi con uno stesso test.
In ogni caso, nonostante SoToxa ipoteticamente, come l’etilometro, potrebbe già da solo indicare la presenza di THC in modo indipendente, entrambi fino ad ora sono stati considerati, e verosimilmente saranno, considerati test di primo livello.
Vale a dire che l’agente procederà con l’invio di campioni di saliva a un laboratorio per confermare l’assunzione ed evitare falsi positivi.
Al riguardo abbiamo il resconto degli studi dell’Università di Bergamo, che consentono un grosso “dipende”.
Per quanto riguarda hashish e marijuana, i tempi di permanenza della cannabis nella saliva oscillano – mediamente – tra le sei e le quattordici ore, ci ricorda “La Legge per Tutti”, ma l’Università di Bergamo dichiara che
“In base alla nostra esperienza, possiamo affermare che il dato positivo è dovuto sia al recente uso ma anche alla quantità consumata e riferita dal paziente, i tempi di permanenza delle SS nella saliva per la cocaina ed oppiacei è stata anche di 96 h e per i casi di Thc si è riscontrato anche dopo 48 h dal consumo.”
Ci sarebbe dunque una marcata differenza tra un consumatore occasionale di marijuana che si sia concesso “uno spinello una volta tanto” e un consumatore abituale della sostanza, questo ovviamente parlando del consumatore per uso ricreativo.
Per i pazienti che ricorrono a terapie a base di THC si è parlato all’inizio di “valutazioni caso per caso” in base allo stato di salute del singolo e alle terapie somministrate, *come già avviene oggi*, dato confermato da ASAPS (Associazione Amici e Sostenitori della Polizia Stradale) che aggiunge come La differenza sostanziale rispetto al passato è che ora le Forze dell’Ordine avranno strumenti di controllo indipendenti dallo stato di alterazione.
Attualmente però è in corso di apertura un tavolo tecnico allo scopo di “individuare in via interpretativa le ipotesi di non sanzionabilità, debitamente certificate dal medico curante, per i pazienti soggetti ad un trattamento farmacologico che — per il principio attivo, la posologia, la durata temporale e le condizioni psicofisiche generali del paziente — è idoneo a non pregiudicarne, comunque, l’idoneità alla guida.”
Un certificato medico quindi eviterebbe che il consumatore di THC per uso medico venga equiparato al consumatore per uso ricreativo, con la sicurezza e l’affidabilità del guidatore comunuque tutelata e sancita da un controllo medico costante.
Questo anche alla luce di una diffida delle associazioni dei pazienti, il primo tavolo tecnico aperto dopo due anni che si spera faccia luce anche sull’ultimo nodo rimasto.
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