Ci segnalano i nostri contatti una buona notizia sulla lotta al Coronavirus, relativa a 2 nuovi studi su emalupab e sarilumab
Notizia andrebbe comunque precisata per evitare che, come spesso accade, l’ignoranza e la malafede del prossimo, unita ad un forte effetto Dunning-Kruger, decostruiscano una buona notizia in una fonte di rischio.
Ci ribadisce ADNKronos che
Ora – come si rileva dalla sintesi degli studi in corso pubblicata dall’Aifa – è ufficiale: altri due farmaci saranno studiati contro il Covid-19. Si tratta di emapalumab, anticorpo monoclonale umano ricombinante anti-interferone gamma prodotto da Sobi, che sarà sperimentato per verificarne l’efficacia nella riduzione dell’iperinfiammazione e delle difficoltà respiratorie nei pazienti con infezione da Sars-CoV-2, e di sarilumab, anticorpo monoclonale contro il recettore dell’interleuchina-6 di Sanofi/Regeneron. Sono quindi ora 5 i trial in corso su potenziali terapie contro il nuovo coronavirus: due studi sull’antivirale remdesivir, uno sull’anticorpo tocilizumab e i due nuovi lavori partiti in queste ore.
Il che è corretto. Si stanno sperimentando nuovi farmaci (emalupab e sarilumab) da usare nelle terapie contro il Coronavirus. Ma va specificato che si tratta di farmaci host directed, come il tocilizumab, che agiscono non sul SARS-CoV-2 (il “coronavirus”) ma sul corpo umano.
Non si tratta quindi di farmaci che curano il Coronavirus, ma farmaci che danno un aiuto essenziale nelle terapie ospedaliere
Quando si dice che un farmaco nibisce la formazione della Interleuchina ed il rilascio di Chitochine, o quando si dice che inbisce l’iperinfiammazione, non stiamo dicendo parolacce o invocando antiche divinità Lovecraftiane.
Ricorreremo ad esempi tratti da Esplorando il Corpo Umano: uno dei problemi dati dal fatto che il COVID19 non ha precedenti nella storia umana è il fatto che la risposta immunitaria del corpo non ha precedenti.
In Esplorando il Corpo Umano ricorderete che ogni aspetto del Sistema Immunitario ha un suo avatar: un esercito di poliziotti, nonché agenti sulle loro navicelle spaziali che lanciano dei futuristici robot pronti all’assalto degli ostili patogeni.
Sostanzialmente, il fatto che nessuno di questi personaggi al momento abbia la più pallida idea di come sia fatto SARS-CoV-2, può provocare l’eccessiva attivazione del nostro sistema immunitario contro il tessuto polmonare, detto in termini assai semplici.
I robottini vanno ovunque e spaccano ogni cosa, cellule del corpo umano comprese perché fisicamente non sanno ancora come fare.
Del resto, se nella serie animata la risposta immunitaria veniva rappresentata dal Colonnello Pierre, una versione adulta del ragazzino delle sequenze nel “mondo di fuori” al comando di una flotta di astronauti come lui, con navicelle piene di quei simpatici robottini, va anche ricordato come veniva descritta l’azione stessa.
Col Colonnello Pierre che, programmati nella sua navicella gli anticorpi (i simpatici robottini), volava con la sua flotta sui patogeni scagliando gli stessi all’assalto del nemico.
Ma in questo caso il sistema immunitario non ha mai visto il Coronavirus, quindi potremmo ipotizzare che il Colonnello Pierre non abbia tutti gli elementi necessari da inserire nel computer di bordo. Gli anticorpi pertanto vengono programmati in modo inesatto e non hanno la capacità completa di distinguere amico e nemico.
Aggrediscono quindi SARS-CoV-2 ma, come in una rissa da bar, colpiscono anche duramente tutto quello che si trova intorno.
I farmaci citati piccola flotta dal “legittimo comandante”, ovvero il Colonnello, ordinando al sistema immunitario di darsi una calmata e rallentare la sua azione.
Cosa apparentemente controproducente: ci si aspetta che il sistema immunitario distrugga un patogeno nel modo più rapido, brutale ed efficiente. Ma se nel farlo si aggiunge una fonte di stress ad un organismo indebolito, e si ostacola la respirazione di chi ha fame di ossigeno, si ottiene l’effetto opposto.
Sarebbe come fermare una rapina in un bar dando fuoco allo stesso bar, o fermare uno scippo ferendo gravemente ladro e anziana.
Che gli ospedali hanno un’arma in più per la gestione del paziente in rianimazione, che potrà limitare le crisi respiratorie e incamminarsi verso la guarigione. Ma che noi, utenti a casa, non dovremmo scatenare “corse al farmaco miracoloso”, ma solo fidarci dei medici che lavorano per noi.
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