Nella corsa alla vaccinazione abbiamo un nuovo concorrente, il Corbevax. Parliamo di un prodotto dei ricercatori del Texas Children’s Hospital e del centro di ricerca privato Baylor College of Medicine, al momento approvato in India.
Corbevax usa la stessa tecnologia proteica, definita quindi “vecchio stile” del Novavax, il famoso “vaccino per i novax”. Nel senso, naturalmente, di essere per natura incline a vincere la resistenza di chi ha accettato senza ulteriore discernimento tutte le fake news più spaventose basate sull’mRNA (compresa quella degli “alieni di grafene”).
Il Corbevax, come Novavax, è ottenuto coltivando frammenti purificati della proteina spike su un “medium” di coltivazione, in questo caso dei lieviti. Lo scopo è evidente: impiantare una linea produttiva dovrebbe essere più facile ovunque nel mondo, e il fatto che vaccini proteici esistano da 40 anni e oltre dovrebbe vincere le ultime resistenze novax.
Del vantaggio primario ne abbiamo parlato: Corbevax si presenta come un vaccino senza brevetti.
Condizione essenziale ma non sufficiente se separata dalla relativa facilità di impianto di un processo produttivo collaudato e alla portata di ogni nazione.
Il problema fondamentale coi preparati a mRNA è che non basta liberalizzarne i brevetti, ma come abbiamo visto bisogna impiantare particolari e raffinatissimi processi produttivi.
Di fatto sarebbe come chiedere a Elon Mask di rilasciare i progetti della Crew Dragon e pretedere di costruire la propria navicella spaziale nel garage dello zio Metalmeccanico: mentre con Corbevax rilasciare i progetti equivale a rilasciare i dati di processi produttivi e macchinari che il garage dello zio Metalmeccanico può produrre.
Naturalmente, stiamo comunque parlando di livelli da industria farmaceutica: non aspettatevi che un ragazzino col piccolo chimico possa produrre Corbevax in casa, ma i produttori di vaccini in giro per il mondo potranno usare l’attrezzatura, le strutture e il personale che hanno già per i vaccini proteici per lavorarci.
Come dichiarano i ricercatori si sta già facendo in India, Botswana, Indonesia e Bangladesh.
Avere un vaccino efficace all’80% verso Delta e probabilmente con la medesima efficacia degli altri contro Omicron significa non lasciare indietro una buona fetta del mondo.
Il che è il vero problema dell’attuale campagna vaccinale: il poter mettere in sicurezza le nazioni ricche del mondo, ma abbandonare i poveri al loro destino, facendone spesso terreno di conquista e incubazione per il virus.
Anche qui ci sono però problemi legati alla diffusione: ci racconta proprio Maria E. Bottazzi, ricercatrice legata a Corbevax di origine italiana il problema di trovare partner per la produzione e diffusione del Corbevax.
Anche Vittorio Agnoletto (No Profit for Pandemic) denuncia un certa freddezza verso il progetto che potrebbe inficiarne l’obiettivo.
In ogni caso, speriamo per il meglio: che i dati di efficacia confermino una buona efficacia anche verso Omicron, attuale variante prevalente, e che la produzione del Corbevax consenta di ridurre il divario anche sanitario tra Primo e Terzo Mondo.
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