Consiglio medico sanitario … si informano tutti di non andare nei negozi cinesi, non sono discriminatorio
Ci segnalano i nostri contatti l’ennesima catena di S. Antonio contro i negozi cinesi
Consiglio medico sanitario…… Si informano i vari amici, parenti, colleghi e conoscenti, che in questo momento così drammatico e problematico a causa del diffondersi del coronavirus in Cina ( nella città di Wuhan, grande e popolosa città della Cina e importante scalo merci e passaggio di affari commerciali internazionali), sarebbe consigliabile non andare nei negozi cinesi per un breve medio periodo, finché questo virus non sarà circoscritto e sconfinato; il perché è giustificabile in quanto molte persone e commercianti cinesi che lavorano in Italia, hanno contatti continui con la catena di distribuzione nei loro ingrossi, dove tanti imprenditori cinesi vengono o sono passati per Wuhan per ovvi motivi di business nell’ultimo periodo. Speranzosi di non essere discriminatori, ma bensì d’ausilio alla popolazione, lanciamo questo appello solo a scopo protettivo della salute nazionale, non per fini commerciali.
Grazie. Fate girare se siete d’accordo
A parte che solo chi ha redatto questa Catena potrebbe spiegarci cosa significa esattamente sconfinare un virus, siamo di fronte all’ennesimo caso di allarmismo in funzione sinofoba.
L’ennesimo caso di Yellow Peril, diffidenza immotivata se non aperta ostilità verso gli orientali, malamente camuffata da “buone pratiche”. Pratiche che, come vedremo, di buono non hanno niente.
Partiamo da un concetto base della diffusione dei virus: i virus sono particelle subcellulari che hanno bisogno di un organismo dove riprodursi.
Abbiamo già dibattuto in una passata analisi sul contagio “intraspecie” del Coronavirus, e sui sospetti che sia passato dal pipistrello all’uomo. Ma troviamo assai inverosimile l’idea di contrarre il Coronavirus entrando in un negozio “tutto a un euro” gestito da orientali.
La spiegazione che però fornisce la catena è ancora più paradossale:
quanto molte persone e commercianti cinesi che lavorano in Italia, hanno contatti continui con la catena di distribuzione nei loro ingrossi, dove tanti imprenditori cinesi vengono o sono passati per Wuhan per ovvi motivi di business nell’ultimo periodo
Sostanzialmente, non sappiamo se chi ha scritto questo testo sia disinformato o in malafede, ma dubitiamo che ogni esercente cinese si rechi quotidianamente in aereo a Wuhan per riempire i container di merce e, probabilmente con l’aiuto del Signor Spock, Sulu e l’Equipaggio dell’astronave Enterprise, riportare le merci in Italia.
Siamo nel XXImo secolo, l’esercente che ha bisogno di fare degli ordini usa gli stessi computer e cellulari che voi usate per descriverlo come un untore e, ove voglia acquistare merci da grossisti, se le fa spedire.
E qui torniamo al punto primo dell’esposizione: un virus può sopravvivere in un corpo umano, in un corpo animale, ma non in un frullatore o un pupazzo di plastica che di vivente hanno poco.
Certo, viviamo in una società globalizzata dove il gioco dei sei gradi di separazione da Kevin Bacon, che prevede che tutti conoscano qualcuno che conosce qualcuno che ha fatto cose, rende possibile ad ognuno di noi essere amico di amico di qualcuno che progetta di andare a Wuhan.
Ma per questo ci sono già cautele e buone pratiche. E i consigli dei medici, che non possono essere sostituiti dal primo che passa su Internet.
Cosa avrete ottenuto con questa bufala?
Echeggiando i tempi oscuri in cui negli anni dell’Olocausto si riesumavano le arcaiche bufale del “Giudeo che avvelena i pozzi”, avrete contribuito a dipingere un intera etnia come degli untori, cagionato allarmismo e paura nelle persone e danneggiato famiglie di onesti lavoratori senza alcuna remora e senza alcuna necessità.
Cautela sì, allarmismo mai.
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